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L’Anec chiede un ruolo più significativo nella riforma del cinema

Incontro a Roma nella sede nazionale dell’Agis per chiedere un'inversione di rotta che rilanci il ruolo centrale della sala.

L’Anec chiede un ruolo più significativo nella riforma del cinema
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5 Maggio 2016 - 15.45


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di Piero Cinelli

Alla vigilia della discussione in Senato del DDL su cinema e audiovisivo lo stato maggiore dell’Anec si è riunito ieri a Roma nella sede nazionale dell’Agis per chiedere una correzione di rotta, rispetto alla stesura attuale del decreto, che rilanci in modo più significativo il ruolo centrale della sala.

A tale scopo l’Anec ha già presentato a Governo e Parlamento alcune proposte emendative volte a potenziare le politiche di sostegno degli investimenti per la ristrutturazione delle sale esistenti e l’apertura di nuove strutture, il supporto alla programmazione attraverso crediti di imposta e interventi promozionali che sappiano attrarre nuovo pubblico. Per Luigi Cuciniello, Presidente nazionale Anec, l’incremento delle risorse messe in campo – si parla di 120 milioni di euro stanziati per le sale per il primo quinquennio – è un segnale molto positivo, ma va inquadrato in un contesto di ridefinizione della sala e del suo ruolo di presidio culturale, di aggregazione sociale e di insostituibile veicolazione del cinema italiano. E’ fondamentale da questo punto di vista che venga riconosciuto il percorso compiuto negli ultimi anni dall’esercizio e che soprattutto venga inquadrato nella gravità della sua attuale situazione economica che ha visto crollare la redditività gestionale delle imprese di esercizio di qualsiasi tipologia a causa della crisi economica, della gravosa tassazione sugli immobili, degli investimenti per la digitalizzazione forzata degli impianti di proiezione, che tra l’altro richiede un continuo aggiornamento, e della perdurante stagionalità dell’offerta. Quindi il nuovo DDL arriva in un momento molto delicato e non può non tenerne conto, anche alla luce della ripresa del cinema italiano.

Una valutazione moderatamente positiva anche da parte di Enrico Signorelli, presidente Anec Lombarda, che ha ribadito: “la centralità della sala deve essere il nostro mantra”, e la necessità di alcuni aggiustamenti. “Il successo dell’iniziativa dei “Cinema Days”, nonostante le difficoltà, ha confermato la vitalità del sistema sala. Adesso dobbiamo lavorare con il Ministero, magari studiando degli spot da passare nelle nostre sale e nei ns siti, per promuovere la “card giovani”. Per Luigi Grispello, Presidente Anec Campania, c’è il rischio concreto che il DDL sia già scritto, e non ci sia spazio per eventuasli emendamenti. Pertanto lo stesso stanziamento di 120 milioni, indirizzato tra l’altro a nuove aperture, potrebbe ridimensionarsi vista la scarsa redditività di queste imprese. Anche Simone Castagno, presidente Anec Piemonte, è critico sulla possibilità di poter creare nuove strutture con le cifre messe a disposizione, pertanto invita l’Associazione ad impegnarsi, con quelle risorse, a salvaguardare quelle esistenti.

Un concetto condiviso anche da Giulio Dilonardo, presidente Anec Puglia, che entra anche nel merito della normativa del cambio destinazione delle sale già chiuse: “dobbiamo preoccuparci delle sale che sono ancora aperte, non di quelle che sono state chiuse, che è quasi impossibile far tornare in vita.”

Più battagliero Giorgio Ferrero, presidente Anec Lazio, che invita l’Associazione a far sentire la propria voce perché la sala rappresenta lo zoccolo duro di un mercato dove l’arrivo di nuovi canali ha abbassato il valore dei film. Ferrero accenna anche alla ventilata apertura di una distribuzione cinematografica da parte del colosso televisivo Sky, che potrebbe inquinare ulteriormente il mercato. Fabrizio Larini, presidente Anec Toscana, rivendica il ruolo sociale rappresentato dall’esercizio che pertanto merita un’adeguata attenzione da parte delle istituzioni. Più polemico Domenico Dinoia, presidente Fice, che fa notare come nel decreto legislativo l’aggettivo ‘audiovisivo’ abbia preso il posto di ‘cinematografico’’, riducendo anche semanticamente il valore della sala cinematografica. Il Ministero, secondo Di Noia, avrebbe privilegiato le istanze dell’Anica rispetto a quelle dell’esercizio, marginalizzando un ruolo di sfruttamento primario del cinema italiano, che oltretutto viene prodotto con soldi pubblici.

Chiude l’incontro Paolo Protti, presidente di Schermi di Qualità: “Siamo all’interno di un settore che non ha le risorse per crescere, se i decreti attuativi ci tolgono anche le poche risorse per sopravvivere, vedi i contributi gestionali (europei, nazionali o regionali), allora si rischia di avere un saldo estremamente negativo.”

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