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Addio Valentino Zeichen: il poeta anti lirico

Il primo libro di versi Area di rigore, è del 1974, l'ultimo libro uscito, un romanzo, La sumera, del 2015.

Addio Valentino Zeichen: il poeta anti lirico
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5 Luglio 2016 - 16.04


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Addio poeta del paradosso e della libertà totale. Valentino Zeichen è morto oggi a Roma, nella clinica Santa Lucia, dove stava facendo la riabilitazione dopo l’ictus che lo aveva colpito. Di origini fiumane, profugo a Trieste, una vita passata a Roma.

Aveva 78 anni, era nato a Fiume nel 1938, sfollato a Roma nel dopoguerra e cresciuto in una stalla a villa Borghese, ha vissuto 40 anni in baracca. Da pochissimo tempo aveva ottenuto su interessamento di Luigi Manconi il vitalizio previsto dlla Legge Bacchelli, dopo l’ictus che l’aveva colpito. Il primo libro di versi Area di rigore, è del 1974, l’ultimo libro uscito, un romanzo, La sumera, del 2015.

Fece di uno stile anti lirico la sua firma, e al di fuori della poetica visse una vita senz’altro unica, così lo ha descritto sull?internazionale Giuseppe Rizzo: “Zeichen è l’ultimo degli irregolari del nostro tempo e come ogni irregolare la sua potenza è esserne testimone ed estraneo, facendo una cosa che solo le grandi voci sanno fare: cogliere le bizze del presente, smontarle nei dettagli che sfuggono alla maggioranza delle persone e intanto echeggiare storie volti e armonie di mille anni prima. È solo per questioni anagrafiche che è un poeta del novecento, per Giulio Ferroni è un libertino minimale sei-settecentesco, per Alberto Moravia un Marziale contemporaneo. Solo che invece di frustare e divertire la Roma di Tito e Domiziano ha attraversato e sferzato la Roma dei salotti borghesi e quella delle baracche: cosicché nella sua voce si toccano duemila anni di storia, traghettati e frullati nel nuovo millennio con leggerezza e intelligenza”.

Proprio ieri su Il Messaggero era uscita un’intervista al poeta che stava facendo grandi miglioramenti nela riabilitazione. Renato Minore ci raccontava un Zeichen che aveva voglia di reagire, che non si era arreso ancora una volta. Sulla terapia aveva detto “Ho predisposizione ad accettare regole e discipline perché sono radicate nel mio vissuto, fin dai tempi del collegio. L’ho sempre amata la disciplina, mi sono sottomesso. Non mi da gran fastidio”.

Aveva parlato di come stava vivendo questa esperienza di malattia e di dolore

“La vivo come un’appendice del neoromanticismo, perché dicevamo che saremmo morti a trentacinque anni o giù di lì. Non avevamo scelto i grandi della letteratura Musil, Proust, Bloch. Ma i piccoli, segnati da un destino individuale. Qualsiasi cosa fosse accaduta, pensavo che gli autori minori che non avevano il polso nell’establishment fossero più adatti a questo tipo di destino. I Chandler, i Soriano, i Roth rappresentavano bene questo dispositivo del romanticismo. Una letteratura randagia che mi ha segnato nel senso dell’appartenenza. Nel romanzo “La sumera” ho scritto, descritto, immaginato anche la mia morte, nella baracca, forse per avvelenamento causata dalla stufa».

Minore gli chiede se c’è poesia in quei giorni di dolore

“Vorrei scriverne una, ci sto pensando, legata all’esperienza della riabilitazione. Per nulla encomiastica e neppure ironica o dissacratoria. Versi che hanno molto a che fare con la mistica, con la fede che, attraverso i miracoli, riesce a riattaccare pezzi del corpo. Ma anche con la scienza, invisibile come la mistica, che ha la stessa vocazione a riattivare i pezzi sparsi” (…) vorrei concludere il mio nuovo romanzo…”.

C’è una poesia che senti più vicina al tuo stato di oggi?

“Senz’altro “A Evelina, mia madre”: c’è tutta la solitudine, essere lasciato solo, abbandonato perché colpito dalla malattia”.

A fine intervista il giornalista de Il Messaggero trova alcuni versi di Zeichen: L’occhio cade su alcuni versi di molti anni fa. A rileggerli mi sembrano in sintonia, e assai complici, con tutto ciò che Valentino mi ha detto durante la nostra conversazione: «Se la linea/della tua vita/nella mano/ti pare breve, allungala con la matita/e chissà? Che l’innesto/non riesca”.

Questa volta la matita forse non ha funzionato.

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