Il web come luogo di incontro e di radicalizzazione di un terrorismo islamico che si sta facendo sempre più “molecolare”, cioè composto da cellule chiuse e autonome se non da “lupi solitari”. L’inchiesta di Milano che oggi ha portato all’arresto di due presunti terroristi conferma lo scenario descritto in un articolo a firma Roberto Di Legami, primo dirigente del Servizio polizia postale e pubblicato qualche mese fa sulla rivista Poliziamoderna.
Il jihad “è mutato drasticamente e, attualmente, ha assunto una nuova forma, meno regionale e gerarchizzata, meno organizzata, ma molto più pericolosa, capace di colpire ovunque e in ogni momento. Il mondo virtuale – scrive Di Legami- ha semplificato questa rivoluzione, permettendo agli jihadisti di divulgare oltre i confini del Medio Oriente il proprio credo”. Non solo “la Rete è fonte illimitata di informazioni e di istruzioni utili per la costruzione e l’utilizzo di armi e ordigni anche non convenzionali”; ma nelle strategie dei gruppi riconducibili al fondamentalismo islamico c’è ormai “la piena consapevolezza” che per assicurare la divulgazione delle proprie ideologie e il reclutamento dei militanti occorre “una costante presenza attiva nello spazio cibernetico”. Un salto di qualità comunicativa messo in atto soprattutto dall’ IS, che proprio per questo si avvale di propri siti web per la divulgazione di video riguardanti operazioni jihadiste oppure contenenti dichiarazioni politiche e “fatwa” (pareri e indicazioni) religiose”.
Completa il quadro “la messa on line di pubblicazioni periodiche, di interviste e di messaggi da parte di scrittori vicini al mondo jihadista sull’utilizzo dei moderni strumenti di comunicazione elettronica ai fini del jihad: interventi che diventano ben presto oggetto di discussione nei forum, nei blog, sui social network e su altri canali di comunicazione”.