Le cattive nuove sono sempre dietro l’angolo, pronte a saltarti alla gola, subdole e improvvise. Oggi è scomparso un grande musicista, Amedeo Tommasi. Era nato a Trieste nel 1935, e con la precocità dei talentuosi aveva cominciato a studiare pianoforte classico a 6 anni. Si era nel pieno della guerra che devastava l’Italia, e dopo tre anni il piccolo Tommasi interruppe gli studi, ripresi dal 1946, a conflitto terminato. La prima svolta della sua vita avviene a diciotto anni, mentre frequenta l’Università di Bologna e, come tanti ragazzi negli anni Cinquanta, si appassiona al jazz. Personalità da leader, forma un trio (il classico pianoforte, basso e batteria) col quale si forma le ossa esibendosi in ambito locale. Il primo riconoscimento arriva nel 1959, quando partecipa ad un concorso indetto dalla Rai, “La coppa del jazz”, classificandosi terzo con il suo gruppo nella sezione di stile moderno. È il trampolino di lancio, il trio comincia a calcare i palcoscenici di tutta Italia, suonando con i migliori musicisti italiani dell’epoca.
Il 1961 è un momento che lascerà il segno nel giovane Amedeo, poiché quell’anno conobbe Chet Baker, che lo volle nella sua formazione, composta da ottimi musicisti europei (Giovanni Tommaso, Franco Mondini, René Thomas, Bobby Jaspar). È con questo gruppo che il trombettista statunitense incide uno dei capolavori, Chet is Back!
Dopo numerosi concerti e la formativa esperienza fatta con Baker, Tommasi prosegue l’attività musicale all’estero, esibendosi nei principali festival jazz europei, ma continua anche gli studi, laureandosi in Economia e Commercio. Si trasferisce a Roma, dove vivrà sino alla fine, e viene assunto come arrangiatore dalla RCA Italiana, che giudiziosamente rastrellava tutti i talenti musicali del periodo. È una grande opportunità di lavoro (il jazz, all’epoca, non sfamava), e una preziosa esperienza: Tommasi viene in contatto col composito mondo del pop italiano e collabora con numerosi arrangiatori e interpreti, ed è in quegli anni che conosce Ennio Morricone, col quale sarà legato da un lungo sodalizio. Tra le numerose tournée all’estero in cui accompagnava le star della canzone nostrana, si segnalano quella in Inghilterra col fenomeno mediatico dell’epoca, Rita Pavone, e il concerto all’Olympia di Parigi con Gianni Morandi, ma soprattutto la tournée europea con Mikīs Theodōrakīs, in particolare quel che viene ricordato dalle cronache come un memorabile il concerto alla Royal Albert Hall.
Sul finire degli anni Sessanta arriva un’altra svolta nell’attività di Tommasi, che comincia a comporre musica da film. Di lì a qualche anno si apre una decennale collaborazione con il regista Pupi Avati, Tommasi firma le colonne sonore di numerosi lavori del regista bolognese, tra cui varrà la pena citare almeno La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone, Tutti defunti… tranne i morti, l’indimenticato La casa dalle finestre che ridono, vero cult per gli appassionati. Il duo Avati-Tommasi si era ricostituito un paio di anni fa, con il film Il signor diavolo.
A partire dagli anni Settanta l’attività compositiva impegnava molto Tommasi, che scrisse numerose sigle di trasmissioni televisive, come quelle per le serie “Jazz Band” e “Cinema!!!”. Molto suggestiva la colonna sonora dei documentari “Italia in guerra”, curati da Massimo Sani, del 1983, che proprio in questi giorni Rai Storia sta ritrasmettendo, e che davvero vale una visione.
La collaborazione con Ennio Morricone è continuata negli anni, e ha avuto uno dei momenti più alti con la realizzazione della colonna sonora del film La leggenda del pianista sull’oceano di Giuseppe Tornatore: Tommasi ha composto 8 brani, tra cui due dei pezzi più incantevoli, Magic Waltz e Danny’s Blues, ed appare in un piccolo cameo nei panni di un accordatore di pianoforte.
L’altro grande amore di Amedeo Tommasi era l’insegnamento, cui, come sanno bene i suoi studenti, si dedicava con inesausta passione: è stato per anni docente di armonia jazz alla scuola di musica St. Louis di Roma, dove ha inaugurato un peculiare sistema di insegnamento basato sulla riarmonizzazione di famosi standard americani: erano lezioni molto affollate, con allievi provenienti da tutta la penisola. Ha anche insegnato ai corsi estivi di Siena Jazz insieme ai migliori jazzisti italiani, all’Accademia Chigiana di Siena, con lezioni destinate ai compositori classici, e ha tenuto stage in tutta Europa.
Per chi volesse vederlo e sentirlo parlare, Tommasi compare in un bel documentario di Claudio Costa, filmato nel 2010, Pupi Avati, ieri oggi domani, dedicato al regista che lo ha lanciato come compositore cinematografico.
Amedeo Tommasi è stato attivo sino agli ultimi giorni. Era persona estremamente disponibile, aperta al contatto e felice di insegnare la sua arte. Ciò lo aveva portato anche a servirsi dei nuovi mezzi di comunicazione: si poteva interloquire con lui sulla sua pagina di Facebook, dove non mancava di sottolineare la sua dedizione assoluta alla musica, l’unica cosa per cui era valsa la pena di dedicare un’intera vita. Vale la pena citare un suo post: “Ieri sera ho suonato 4 brani con i miei allievi: è stata un’esperienza piena di gioia. Ho visto il loro sorriso, e la soddisfazione di avere fatto la loro musica con serietà e cuore. Grazie ragazzi J”. O gli auguri che mandò a Pasqua: “Auguro buona Pasqua a tutti i miei amici. Accontentiamoci di quello che abbiamo, c’è chi sta peggio”.
Per chi volesse dargli un ultimo saluto, giovedì 15 aprile, alle 15, presso la Basilica Santa Maria in Montesanto (chiesa degli Artisti), in piazza del Popolo a Roma, si terrà la cerimonia funebre.
Ci mancherai, maestro. Mancherai a chi ti ha conosciuto e a quest’Italietta che fatica sempre più a partorire artisti e uomini della tua statura.