Milano è la capitale italiana della radiofonia, non me ne vorranno i lettori romani ma storicamente i networks radiofonici, soprattutto quelli privati, nascono e vivono a Milano (Radio Deejay, RTL, Montecarlo, Virgin Radio, etc…) accanto alla storica sede RAI disegnata da Gio Ponti. Forse anche in virtù di questa sua storia, la città ha ospitato una maratona di eventi radiofonici davvero imperdibile tra venerdì 13 e martedì 17 marzo 2015. Nel weekend infatti si è svolta la prima edizione di Radiocity- Festival delle Radio l’adattamento alla “scatola sonora” di un format di festival che Milano ha sperimentato negli ultimi anni in altri ambiti, come il festival dei libri (Bookcity) e quello del pianoforte (Pianocity). Promosso dal Comune di Milano con la Direzione di un conduttore esperto ed innovatore come Filippo Solibello, il festival ha convogliato i principali networks all’interno della Fabbrica del Vapore, un’area ex industriale riconvertita dall’amministrazione comunale a luogo di creatività. Siamo a due passi dal centro della città e molto vicini sia al Centro di Produzione RAI che ai nuovi grattacieli milanesi. Radio Italia, Radio Deejay, Radio2 e Radio Popolare hanno trasmesso dai loro tracks posizionati nel grande spiazzo all’ingresso della Fabbrica (nota di colore… il camioncino verde di Radiopopolare modello camper parcheggiato tra i giganti imponenti delle altre emittenti). L’intento dichiarato degli organizzatori era quello di rendere la radio visibile al pubblico, affermare il suo potere di aggregare pubblico dal vivo e di essere quindi “evento live”.
Per tre giorni ogni forma della radio ha attraversato la Fabbrica del Vapore: il FRU, ovvero le decine di webradio universitarie con un loro festival dentro il festival, Immaginaria la radio degli adolescenti, l’assemblea delle radio della salute mentale coordinata da RadioPopolare e Massimo Cirri e poi incontri sulla radio del passato, del presente e del futuro: Renzo Arbore con Teresa Mannino, panel sull’economia alla radio, workshop radiofonici per i bambini etc…
Per noi operatori della radio è stata l’occasione di confrontarci con i colleghi delle altre emittenti e l’incontro ha generato scambi di conduttori tra i vari canali (un pezzo di Caterpillar in onda da Deejay e viceversa), di vederci in faccia e incontrare chi fa la radio fuori dai grandi networks.
Per essere una prima edizione il festival è sicuramente riuscito e ci sono tutte le potenzialità per andare avanti nei prossimi anni.
Tuttavia il weekend è stato solo un benvenuto all’evento successivo, ovvero i RadioDays Europe, la grande assemblea dei radiofonici di tutto il mondo che si è svolta a FieraMilanoCity da domenica 15 a martedì 17. Si tratta della più importante conferenza mondiale sulla radio giunta alla sua sesta edizione e per la prima volta in Italia: 1300 delegati da 60 paesi, oltre 100 relatori e 50 incontri dedicati ai vari aspetti della radiofonia contemporanea.
Ad aprire i RadiodaysEurope la direttrice della più grande radio al mondo, la BBC: Helen Boaden ha tenuto un seguitissimo speech sulle principali trasformazioni degli ultimi anni insistendo molto sull’importanza di offrire uno storytelling di qualità andando così incontro al “bisogno umano di ascoltare e narrare storie”. I numeri straordinari dell’ascolto della BBC e la qualità dei prodotto e del management aziendale hanno da una parte motivato e dall’altra leggermente depresso i radiofonici italiani abituati a dover far fronte a risorse finanziarie ben più ristrette.
Numerosi panels hanno affrontato le sfide della radio multipiattaforma, ovvero come modulare i contenuti audio con la fruizione sempre più diffusa tra gli ascoltatori di contenuti video e crossmediali. Come combinare queste diverse piattaforme? Le strategie per attrarre i pubblici più giovani sono un altro degli argomenti più discussi in questa due giorni, operatori delle radio turche, tedesche, belghe e francesi hanno raccontato come lavorano per conoscere le abitudini di fruizione mediatica dei giovani attraverso focus group e ricerche qualitative.
Personalmente mi ha molto interessato il panel tenuto da Anna Sale, giornalista della radio pubblica di New York, NPR e producer di uno dei programmi in podcast (non trasmesso in onda) più ascoltato in questo momento negli USA: Death, Sex and Money, una sorta di storytelling dedicato a storie ed argomenti legati all’intimità. Oltre al racconto dei contenuti del podcast, Anna Sale ha spiegato come il podcast si presta a una narrazione che non potrebbe andare in onda perchè necessita di un ascolto attento e di un rapporto di fiducia tra l’ascoltatore e il producer. Quindi ormai non è più una la radio, ma sono tante: web, podcast, fm…a ognuno il suo linguaggio. Ci vediamo con i Radiodays a Parigi nel marzo 2016!