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Sorprende Massimo Zamboni con un nuovo album poetico e ispirato

Un disco che si lascia ascoltarea più riprese, sì, perché Massimo entra nella pelle piano piano e ogni sua canzone va assaporata.

Sorprende Massimo Zamboni con un nuovo album poetico e ispirato
Massimo Zamboni
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11 Aprile 2022 - 14.16


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di Giordano Casiraghi

A un certo punto Massimo Zamboni ha cominciato a far sentire la sua voce. E non si è più fermato. Colui che è stato per tanti anni la colonna sonora portante di gruppi come i CCCP e CSI, come chitarrista e compositore di musiche per la voce di Ferretti. Con La mia patria attuale (Universal) Zamboni  prosegue il suo viaggio che l’ha portato a numerose esibizioni in prima persona, a scrivere libri e diventare egli stesso «cantautore».

È lui stesso a spiegare questo nuovo progetto discografico: “Un album dedicato all’Italia in un momento in cui prevale la mancanza di fiducia e di affezione e il sentimento della speranza non è mai stato così flebile nella coscienza dei suoi cittadini”. Un disco che si lascia ascoltarea più riprese, sì, perché Massimo entra nella pelle piano piano e ogni sua canzone va assaporata.

Ed è egli stesso che continua a spiegare l’album: “Eppure, esiste un’Italia che sogna, lavora, si offre, studia, sorprende, ci prova. Soprattutto, che non ascolta l’urlo generale. Un’Italia di singoli che operano in microcosmi coraggiosi, parcellari, fatta di talenti spesso silenziosi di cui il Paese attuale non sente il bisogno, di istituzioni e associazioni che conservano nel loro patrimonio genetico l’idea della collettività e devono lottare giorno per giorno contro la sommersione, insistendo di voler esistere.

Ho immagini vivide del periodo di lavoro: i viaggi solitari verso lo studio su autostrade deserte causa covid, le autocertificazioni, la pizza mangiata su un cartone appoggiato alle ginocchia, un senso di straniamento imparagonabile ad altre sensazioni conosciute, l’impossibilità di provare assieme agli altri musicisti. Ma forse proprio in questo risiede lo spirito dell’album: nella solitudine di un viaggio lungo l’Italia, affollando quel vuoto con presenze a me care e uguali.”

Prodotto da Alessandro Stefana, storico chitarrista di Vinicio Capossela e qui in veste anche di polistrumentista (chitarre, bouzouki, pianoforte, mellotron, organo…), La mia Patria attuale arriva a più di dieci anni di distanza dall’ultimo progetto solista di Zamboni. Per l’occasione, il musicista e scrittore emiliano ha chiamato a raccolta alcune vecchie conoscenze come Gigi Cavalli Cocchi, Simone Beneventi, Cristiano Roversi e Erik Montanari, già al suo fianco in alcuni dei progetti musicali speciali di questi ultimi anni.

Anche se, in alcuni brani, riaffiorano echi di quelle band che con il nome di CCCP e CSI hanno segnato la storia del punk e del rock nel nostro Paese, con La mia Patria attuale Zamboni inaugura un nuovo percorso della propria carriera artistica, focalizzandosi su una dimensione più cantautorale, con testi di natura più letteraria e la voce come principale mezzo di espressione, avendo affidato le chitarre nelle sicure mani di Asso e di Montanari.

Predilezione della forma canzone, ridimensionamento delle chitarre, prevalenza di sonorità acustiche, percussioni vive al posto di ritmi elettronici e un necessario lessico di stretta inattualità. Perché La mia Patria attuale è una fotografia in tempo presente di un Paese incapace di distinguere la propria Storia dall’oblio e che ha lasciato la parola “Patria” alle narrazioni intossicate e incattivite della propaganda. Un paese sempre più schiacciato fra la cronaca nera e la cartolina, incapace di pensarsi al di là degli stereotipi.

Il disco si apre con Gli altri e il mare, una ballata giocata sugli arpeggi di chitarra acustica. Il primo singolo che ha anticipato l’album, Canto degli sciagurati, ha un cantato di Zamboni (e del “Coro degli sciagurati”) con le percussioni per una galoppata sonora che è invocazione agli Dei e chiamata all’insurrezione. Una ballata malinconica dal chiaro sapore folk, ma che si dichiara incapace di accettare il sentimento di una triste rassegnazione, è invece Ora ancora. Chitarre elettriche minimali aprono la traccia numero quattro, Italia chi amò, mentre Il nemico si muove con archi e chitarre elettriche dai riff dilatati.

Si passa a Tira ovunque unaria sconsolata, una ballad che prefigura un futuro di speranza. La sognante rock ballad Nove ore  dal punto di vista musicale Zamboni si avvicina a sonorità più dylaniane. La storia musicale prosegue con La mia Patria attuale, una canzone aperta dalle note del pianoforte che subito convoca gli atri strumenti a costruire un suono pieno, armonico, avvolgente. Come gli archi che avvolgono Fermamente collettivamente, una traccia che canta in forma poetica lo scollamento fra politica, collettività e realtà. Infine l’ultimo brano, Il modo emiliano di portare il pianto, quasi un’orazione funebre laica che trova nello sguardo dei bambini o degli anziani la chiave per definire la sostanziale immutabilità del mondo.

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