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Bob Dylan, artista geniale e accorto uomo d’affari

Ennesima riprova che genio e sregolatezza non sempre s’accompagnano: spesso, anzi, l’arte va di pari passo con l’accorta gestione del proprio talento.

Bob Dylan, artista geniale e accorto uomo d’affari
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8 Dicembre 2020 - 10.11


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La notizia è di quelle destinate a fare scalpore: Bob Dylan, il mitico songwriter autore di classici come “Blowing in the Wind” e “The Times They Are A-Changin’”, ha venduto alla Universal Music i diritti della sua opera omnia, costituita da oltre 600 brani, in quella che potrebbe essere la più cospicua acquisizione finora mai registrata nel settore musicale.
Sono ben lontani i tempi in cui al giovane e semisconosciuto menestrello di Duluth veniva proposto dalla Leeds Music Publishing un contratto che prevedeva un anticipo di cento dollari sulle royalties, da lui volentieri accettato e sottoscritto, per un totale di sette canzoni, tra cui “Song for Woody” e “Talkin’ New York”. Questo accadeva nel 1962: cinquantotto anni dopo, con una produzione sterminata e un premio Nobel alle spalle, l’unico assegnato ad un cantautore, il valore culturale ed economico delle composizioni dylaniane è enormemente cresciuto. E così l’Universal Music Publishing Group – una divisione della francese Vivendi – ha orgogliosamente annunciato il colpaccio, accaparrandosi l’intero catalogo del musicista statunitense, dalle prime creazioni fino all’ultimo lavoro, l’album “Rough and Rowdy Ways”, il 39° di una quasi sessantennale carriera, uscito quest’anno.
L’accordo è stato concluso direttamente con il settantanovenne Dylan, che deteneva in pratica tutti i diritti della sua opera, amministrata negli Stati Uniti tramite la Bob Dylan Music Company, con sede in un piccolo ufficio di New York. Non è dato conoscere il costo dell’operazione, ma fonti bene informate indicano una cifra intorno ai 300 milioni di dollari. I vertici della Universal Music si dicono onorati di essere riusciti ad assicurarsi il corpus musicale di uno dei più grandi songwriter di tutti i tempi: un privilegio e una responsabilità, come ha affermato l’amministratore delegato del gruppo, Jody Gerson, nel commentare la notizia. Del resto in questi ultimi anni non sono stati pochi gli artisti che hanno messo in vendita i loro diritti d’autore, così come molte sono state le case discografiche – e altrettanti gli investitori – che hanno raccolto somme astronomiche per stipulare tali accordi. Non più tardi di una settimana fa Stevie Nicks ha ceduto per circa 80 milioni di dollari una quota di maggioranza del proprio catalogo alla Primary Wave Music, società indipendente non certo di prima schiera. L’inglese Hipgnosis Songs Fund, rampante company che in due anni e mezzo si è messa in evidenza per la sua rapida ascesa sul mercato, ha recentemente rivelato di aver speso la bellezza di 670 milioni di dollari da marzo a settembre per acquisire i diritti di brani firmati da artisti come Blondie, Barry Manilow, Chrissie Hynde dei Pretenders e altri.
L’opera omnia di Bob Dylan è dunque una vera gallina dalle uova d’oro, e non solo per il valore artistico, avendo egli reinterpreto in una sintesi originale i generi folk, rock e pop, tanto da meritare il Nobel per la letteratura nel 2016 per aver saputo creare nuove espressioni poetiche all’interno della grande tradizione della canzone americana. Sono infatti innumerevoli le cover dei brani dylaniani, secondo alcuni calcoli più di 6000, il che significa proventi e royalties a non finire, ogniqualvolta uno di essi – e capita di continuo – viene trasmesso alla radio, usato in pubblicità o inserito in una colonna sonora.
L’accordo stipulato con Dylan comprende anche i diritti di pezzi scritti insieme con altri autori, ma non quelli che Bob comporrà d’ora in avanti, in modo da poter eventualmente scegliere in piena libertà altre case discografiche a cui far produrre i propri album: un margine d’azione che il musicista si è voluto riservare, anche per mettersi al riparo da condizionamenti di sorta.
Dylan si rivela così, oltre che artista straordinario, anche oculato uomo d’affari. Ennesima riprova che genio e sregolatezza non sempre s’accompagnano: spesso, anzi, l’arte va di pari passo con l’accorta gestione del proprio talento.

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