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Le difficoltà di una critica senza critiche

Quali le parole da usare per non sembrare adulatori e leziosi, mentre in realtà semplicemente non si riesce a trovare un difetto rilevante?

Le difficoltà di una critica senza critiche
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7 Febbraio 2016 - 12.16


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di Francesca Mulas

Cosa si può dire quando un concerto è soddisfacente sotto tutti i punti di vista? Quali le parole da usare per non sembrare adulatori e leziosi, mentre in realtà semplicemente non si riesce a trovare un difetto rilevante? Perché l’esibizione sul podio del M° Giampaolo Bisanti e dell’Orchestra del Teatro Lirico di Cagliari, in scena venerdì 5 e sabato 6 febbraio, è stata realmente un vero piacere per i sensi. L’Ottava Sinfonia di Beethoven è stata eseguita con una logica stringente, senza concessioni a pensieri extramusicali ma rispettando pienamente la partitura e lo stile “prima maniera” scelto dal compositore; l’equilibrio è l’elemento che ha fatto da padrone, in un perfetto intreccio contrappuntistico fra le voci dell’orchestra. Ottoni, legni, archi parlavano e dialogavano fra di loro in un meccanismo perfetto (grazie anche all’attenzione del primo violino Gianmaria Melis, che ha portato i suoi ad essere protagonisti o tappeto sonoro in maniera efficace e versatile, versatilità frutto di un’intesa palpabile col direttore e di un approfondimento rigoroso sulla partitura). Ma, sarà la cantabilità melodica struggente, saranno le armonie che rimandano a mondi lontani, è stato Antonín Dvořák (nella seconda parte della serata) a conquistare il pubblico. Nella sua Ottava Sinfonia l’Orchestra ha dato il meglio di sé: il M° Bisanti coi suoi gesti aggraziati e sinuosi ha reso benissimo le ricchissime sfumature espressive, le dinamiche flessuose e in generale il carattere lirico e danzante del lavoro del compositore ceco, il tutto senza perdere la chiarezza.

Perfino i soliti difetti tipici dell’Orchestra cagliaritana sono stati, sia in Beethoven che in Dvořák, dissolti. Gli attacchi? Precisi, perfetti, senza sbavature fastidiose. La condotta dei blocchi orchestrali e dei fiati in particolare? Ottima, nessuna sezione sovrastava le altre, ognuna faceva la sua parte da solista quando era opportuno e si ritirava a fare da sostegno in altri momenti; gli ottoni non hanno sovrastato mai, in nessun momento delle due brani, ma hanno dato la giusta dose di grandezza e di sonorità quando richiesto. La forza espressiva coinvolgente, il suono pieno, rotondo e mai “urlato”, tutto perfetto: forse ripensandoci, si può esprimere una critica quindi, la più importante. Abbiamo assistito a serate entusiasmanti come questa, altre volte ad esecuzioni traballanti, altre volte, crudamente, ad esecuzioni francamente di livello mediocre. Il concerto di venerdì e sabato ha dimostrato come l’Orchestra cagliaritana non abbia in effetti una propria personalità, delle caratteristiche positive peculiari salde e fisse (ed è comprensibile, dopo anni allo sbando), ma che cambi radicalmente a seconda da chi viene diretta: e il M° Bisanti ha messo in luce tutto il suo potenziale. Sarebbe il caso, dopo tanto tempo, di rivedere sul podio un direttore stabile che sappia seguire l’orchestra in un percorso di crescita comune e che sappia sia correggere i difetti che valorizzare gli elementi di pregio in un percorso costante e coerente. Si spera che, con la nuova gestione Orazi- Meli, questo suggerimento venga preso in considerazione. E chissà, magari Giampaolo Bisanti, così amato dal pubblico e dagli stessi orchestrali, potrebbe essere la scelta vincente.

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