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"La douleur", Marguerite Duras dalla Resistenza allo smarrimento dopo la guerra

Da giovedì il film tratto dal romanzo della scrittrice con Mélanie Thierry e Benoît Magimel in corsa per l'Oscar: dalla lotta antinazista al dopo-Liberazione. Parigi autentica protagonista

"La douleur", Marguerite Duras dalla Resistenza allo smarrimento dopo la guerra
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16 Gennaio 2019 - 12.40


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Francesca Fradelloni
Una Marguerite Duras tra una Francia occupata dai nazisti e poi liberata e il disordine dei sentimenti. La douleur, il film tratto dal romanzo della Duras diretto da Emmanuel Finkiel con Mélanie Thierry, Benoît Magimel, Benjamin Biolay, racconta di un mondo in guerra e l’amore, della ricerca dell’amato e di un viaggio nell’io, della convivenza con l’attesa e della paura del ritorno.
“Ho ritrovato questo diario tra due quaderni e non ricordo di averlo scritto” racconta la Duras/Thierry nei primi minuti del film. “Riconosco la mia scrittura, ma non mi vedo nell’atto di scriverlo. Mi sono trovata davanti a pagine fitte, davanti a una scrittura minuta straordinariamente regolare e calma, davanti a un disordine formidabile del pensiero e del sentimento”. Quasi in uno stato di trance, che poi sarà caos quando si dovrà misurare con l’amore di chi non c’è e che forse non si ama più.

Relazioni pericolose nella Francia occupata dai nazisti
La pellicola, candidata per la Francia agli Oscar 2019, sarà in sala da domani 17 gennaio distribuito da Valmyn e Wanted. Osannato dalla stampa francese, La douleur è un viaggio di una donna nella Francia del 1944 occupata dai nazisti. Un viaggio lacerante, tra pentimenti, sensi di colpa e atrocità del secolo scorso.
Marguerite, una giovane scrittrice di talento, è un attivo membro della Resistenza insieme a suo marito, Robert Antelme. Quando Robert viene deportato dalla Gestapo, Marguerite intraprende una lotta disperata per salvarlo. Instaura una pericolosa relazione con Rabier, uno dei collaboratori locali del Governo di Vichy, e rischia la vita pur di liberare Robert, facendo imprevedibili incontri in tutta Parigi, come in una sorta di gioco al gatto e al topo. Lui vuole veramente aiutarla? O sta solo cercando di cavarle informazioni sul movimento clandestino anti-nazista? La fine della guerra e il ritorno dei deportati dai campi di concentramento segnano per lei un periodo straziante e danno inizio a una lunga attesa, nel caos generato dalla liberazione di Parigi.

Parigi e il tempo, due protagonisti
La storia ruota tutta intorno a una giovane donna di 32 anni che cammina per le vie di Parigi, per poi rinchiudersi nel suo appartamento in attesa di un marito.
La protagonista passa dall’essere una ribelle combattente in una città occupata dai nazisti all’essere la personificazione della disperazione nelle poche settimane di festeggiamenti che seguono la Liberazione.
Ma a voler essere precisi ci sono altri due protagonisti: Parigi e il tempo. Parigi rappresenta il collaborazionismo con i nazisti, la resistenza e la paura. Con le sue strade festanti e la sua falsa apparenza di vittoria. Apparenza tra vittime per cui la guerra non può finire e non finirà mai. Che si aggrappano alle ombre, mentre gli altri ballano in strada. E poi c’è il tempo. Assassino. I mesi passano. I campi vengono liberati. A Parigi arriva la primavera. Eppure Robert non è a casa. Più il tempo passa, più la certezza della sua morte sembra ineludibile.
Scritto nel 1944 ma poi pubblicato nel 1985, La douleur (in Italia pubblicato da Feltrinelli col titolo Il dolore) è un romanzo autobiografico. Marguerite Duras descrive il periodo difficile che trascorse nell’attesa del ritorno del suo amato marito Robert Antelme, membro della Resistenza francese.

Emmanuel Finkiel: “Una commozione indicibile”
“Lessi per la prima volta La douleur a 20 anni. Ritornando a questa storia 30 anni più tardi per farne un adattamento cinematografico, ho provato la stessa indicibile commozione che provai alla prima lettura”, ricorda il regista.
Non c’è nessun altro che ha scritto così straordinariamente dell’attesa dolorosa, appunto. Il libro si chiude con una straziante presa di coscienza: che una donna sopravvissuta solo nell’attesa del ritorno del proprio marito, scopre di non desiderarlo più una volta che lui arriva a casa. C’è la crudele presa di coscienza che Robert muore due volte, in un campo di concentramento e di nuovo tornando a casa da una moglie che non lo ama più.
L’indagine si vive tutta sul vero significato di dolore. Un mix di tanti sentimenti contraddittori e inquietanti: “un tremendo disordine delle facoltà mentali”. La sofferenza come sostituto del vero amore. Forse è questo il senso peccaminoso della parola douleur: una bugia che Marguerite racconta a se stessa, una forma di malafede identificata soltanto molti anni più tardi. La sofferenza per l’assenza del dolore e sofferenza del non soffrire abbastanza. Forse.

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