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'Una donna fantastica' affronta la difficile disamina tra genere e sesso

Del regista cileno Sebastian Lelio, Orso d'Argento. Marina, donna transessuale, perde il compagno Orlando e deve lottare duramente per far valere i suoi diritti

'Una donna fantastica' affronta la difficile disamina tra genere e sesso
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21 Settembre 2017 - 12.46


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Identità sessuale e libertà, ma anche e soprattutto sentimento: quello che lega Marina (Daniela Vega) al compagno di vita Orlando; un sentimento d’amore che però lei si vede negare una volta morto il partner, perché donna transessuale. Un incubo per chiunque, dover aggiungere al devastante lutto, lo scherno finale da parte dei familiari di lui.

E’ quello che accade alla protagonista di ‘Una donna fantastica’ del regista cileno Sebastian Lelio, Orso d’Argento per la miglior sceneggiatura alla 67/ma edizione del Festival di Berlino e in sala con Lucky Red dal 19 ottobre.

Marina è soltanto una giovane cameriera, e aspirante cantante, innamorata di Orlando (Francisco Reyes), 20 anni più grande e che ha lasciato la famiglia per lei.

Una brutta sera, dopo aver festeggiato il compleanno della donna, Orlando ha un improvviso malore e Marina lo porta immediatamente al pronto soccorso. Ma non c’è niente da fare, dopo poco l’uomo muore e Marina viene subito vista con sospetto dai medici e dalla famiglia di Orlando, che avviano delle indagini su di lei per vedere se è coinvolta nella morte dell’uomo.

Il fatto è che Marina è una donna trans e per la maggior parte della famiglia di Orlando, la sua identità sessuale è una vera e propria aberrazione, una imperdonabile perversione, e per questo viene ostacolata in ogni modo.

Le viene vietato di partecipare al funerale e rischia di essere cacciata dall’appartamento che divideva con Orlando e le vogliono persino togliere il loro amato cane. Ma Marina, che nella prima parte del film è molto femminile, a questo punto lotta come un guerriero per il diritto di essere se stessa. Ci ha messo tutta una vita per diventare la donna che è oggi e certo non ci vuole rinunciare adesso.

Il film, una produzione Cile / USA / Germania / Spagna pieno di forza e delicatezza, non può che ricordare un altro film del regista nato a Mendoza, Argentina, nel 1974, ovvero ‘Gloria’ portato dal regista solo quattro anni fa alla Berlinale dove ottenne il premio alla miglior attrice andato a Paulina Garca.

“Forse – spiega Sebastian Lelio – perché anche qui c’è l’esaltazione di un personaggio femminile poderoso. Forse perché entrambi i film cercano di far percepire al pubblico degli argomenti scottanti. Però questo nuovo film è, a modo suo, un altro pianeta, un’altra avventura. Un territorio cinematografico completamente distinto, mille miglia lontano dall’impressionismo agrodolce di Gloria”.

Comunque ci tiene a dire il regista: “a parte la protagonista, anche il film è a suo modo un trans-genere. È allo stesso tempo una commedia romantica, un thriller, una storia di fantasmi e un musical”.

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