“È cattiveria e una tortura mandare in porti lontani le navi Ong che salvano migranti” | Giornale dello Spettacolo
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“È cattiveria e una tortura mandare in porti lontani le navi Ong che salvano migranti”

Il documentario “Un mare di porti lontani” di Marco Daffra raccoglie testimonianze sul prezioso lavoro di salvataggio delle ong nel Mediterraneo e contesta le attuali norme imposte alle organizzazioni

“È cattiveria e una tortura mandare in porti lontani le navi Ong che salvano migranti”
Un fotogramma dal documentario “Un mare di porti lontani” di Marco Daffra. Fonte: il regista
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Stefano Miliani Modifica articolo

11 Marzo 2024 - 17.57


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“Farci andare a Livorno sono quattro giorni in più in mare, una scelta che non si spiega se non con la malafede, è una vera cattiveria”. Parla un membro di Emergency, a bordo di una nave che ha salvato donne e uomini dal naufragio in mezzo al Mediterraneo: li ha salvati da morte certa e quella frase sintetizza limpidamente quando accade nel nostro mare e il senso del docufilm “Un mare di porti lontani” presentato dall’autore e regista Marco Daffra al cinema La Compagnia di Firenze grazie alla Fondazione Toscana Spettacolo. In meno di un’ora di narrazione precisa, con immagini nitide e testimonianze, il documentario attesta come la politica del governo Meloni per limitare i salvataggi in mare delle organizzazioni non governative sia, al di là delle opinioni politiche, “una cattiveria” e una scelta “cinica”.

Un fotogramma dal documentario “Un mare di porti lontani” di Marco Daffra. Fonte: il regista

Nel doc si susseguono interviste alle donne e agli uomini impegnati nelle navi mentre sono attraccate in porti come Livorno o Carrara, molto distanti dalle zone di salvataggio fra la Libia, la Tunisia, la Sicilia. Il sottotitolo del film è ancora più esplicito: “Omaggio di verità per chi tende le mani ai naufraghi del Mediterraneo”. Il risultato è un docufilm di profonda umanità e politicamente incisivo.

Un fotogramma dal documentario “Un mare di porti lontani” di Marco Daffra. Fonte: il regista

Autoprodotto dal regista fiorentino, al documentario hanno contribuito attraverso riprese al largo e video Emergency, Medici senza Frontiere, Mediterranea, Nadir della Resqship, Open Arms, Pilotes Volontaires, ResQ People Saving People. L’esito è inoppugnabile. I loro marinai e marinaie, la capitana spagnola, la responsabile del reparto macchine anch’essa spagnola, parlano davanti alla telecamera e questa frase riassume quanto registrano: “L’assegnazione di porti lontani è una cinica tortura”. Una tortura per chi viene salvato e deve restare altri giorni in mare.

Un fotogramma dal documentario “Un mare di porti lontani” di Marco Daffra. Fonte: il regista

Un pilota dei Pilotes Volontaires descrive perché quei volontari perlustrano dall’alto il mare cercando eventuali imbarcazioni in difficoltà da segnalare alle navi di soccorso più vicine. Per avvisare chi è in acqua e per un’altra ragione spiegata chiaramente: i migranti in pericolo hanno tutti il terrore di venire intercettati dalla Guardia costiera libica perché quando vengono riportati nei lager del paese nordafricano hanno davanti a sé maltrattamenti, torture, stupri, vessazioni. Per questo, spiegano i membri delle associazioni, è importante intervenire prima dell’arrivo dei libici.
Emblematica la testimonianza della nave Ionio ferma al porto di Trapani. Dice l’equipaggio: “La nave ha salvato 47 persone, poi 69. Le autorità italiane imponevano di restituire le 69 alla Guardia costiera libica che ha navi fornite da noi grazie all’accordo del ministro Minniti nel 2017. La Ionio ha avuto 10mila euro di multa e 20 giorni di fermo. Una spedizione costa 50mila euro”. Il risultato? Si impedisce scientemente di navigare in soccorso di altre persone in pericolo, bambini, donne, uomini.

Un fotogramma dal documentario “Un mare di porti lontani” di Marco Daffra. Fonte: il regista

“L’impegno di questi ‘salvatori di vite umane’ viene mistificato, a fini propagandistici, da false accuse di complicità con gli scafisti e cercando di addossare loro la responsabilità delle numerose morti in mare. Il divieto di effettuare più di un salvataggio alla volta e l’assegnazione di porti molto distanti si rivela, nei confronti dei migranti già molto provati, una tortura gratuita ed evitabile”, scrive Daffra in una nota definendo “più che meritevole il lavoro delle Ong, unico presidio di umanità nel cimitero liquido del Mediterraneo”.

“I migranti affogano, anche gli italiani sono stati migranti”, dice sconcertata una capitana di Open Arms, originaria della Galizia. Nell’umanità di questa frase, si condensa il senso di un film che mostra quanto manchi di umanità una politica che osteggi e ostacoli le ong, quanto manchi del senso di umanità verso uomini, donne e bambini che, non dimentichiamolo, un ministro del governo oggi in carica ebbe l’ardire di definire “carichi residuali” nemmeno fossero merce.

Pietro Bartolo nel documentario “Un mare di porti lontani” di Marco Daffra. Fonte: il regista

Tre interviste accompagnano le riprese: a Giuseppe Conte; a padre Bernardo Gianni, abate di San Miniato al Monte a Firenze, uomo di profonda umanità che si immerge nei drammi del presente; a Pietro Bartolo perché da medico a Lampedusa si è prodigato per anni nell’assistere donne, bambini e uomini scampati alla morte nel mare: “Ho visitato più di 17mila persone, gli sbarchi sono cominciati nel 1991, non sono un’emergenza”, è un fenomeno “strutturale – annota l’europarlamentare – I lampedusani non hanno protestato contro i migranti ma contro i governi”.

Un fotogramma dal documentario “Un mare di porti lontani” di Marco Daffra. Fonte: il regista

Il film è punteggiato da musiche appropriate di Samuele Luca Cecchi, la post produzione audio è di Giulio Belviso, contributo tecnico di Sirio Zabberoni. Per eventuali proiezioni consultate la pagina Facebook di Marco Daffra. La prossima sarà il 9 aprile alle 21 al cinema “La fiaba” in via delle Mimose 12 all’Isolotto a Firenze.

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