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Danny Boyle il visionario ci svela Steve Jobs

Ecco come il regista di Trainspotting e Millionaire e lo sceneggiatore Aaron Sorkin hanno approcciato la figura del ‘guru’ della Apple. In Italia dal 21 gennaio 2016.

Danny Boyle il visionario ci svela Steve Jobs
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14 Dicembre 2015 - 09.54


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di Marco Spagnoli*

“Il libro “Steve Jobs” è essenzialmente un pezzo di giornalismo in una forma più lunga scritto da un giornalista di prim’ordine. Il suo autore, Walter Isaacson, è l’ex capo della Cnn e l’ex caporedattore del Time. Walter aveva l’obbligo di essere oggettivo. Io ho il dovere di essere soggettivo, invece, perché faccio arte. Questa è la mia interpretazione di un uomo complicato e dei suoi rapporti marginali. Tutti quelli che hanno collaborato al film, a loro volta, hanno aggiunto le loro interpretazioni soggettive Danny Boyle, Michael Fassbender e dozzine di altre persone.”

Aaron Sorkin, sceneggiatore di un Oscar per The Social Network e autore di serie televisive di grandissima qualità come The West Wing e Newsroom, racconta così il suo approccio alla figura di Steve Jobs e al film diretto dal regista Danny Boyle ed interpretato da Michael Fassbender in uscita in Italia distribuito da Universal Pictures il prossimo 21 gennaio. Il biopic più atteso del 2016 arriva dopo la fredda accoglienza riservata a Jobs con Ashton Kutcher e al documentario Steve Jobs – The Man in the Machine diretto da Alex Gibney; un film impreziosito da un cast di grande qualità con un attore di appeal come Michael Fassbender e da una regia, come sempre, visionaria di Danny Boyle. Steve Jobs si svolge nei backstage pochi minuti prima dei lanci dei tre prodotti più rappresentativi nell’arco della carriera di Jobs – partendo con il Macintosh nel 1984 e finendo con la presentazione dell’iMac nel 1998 – portandoci, appunto, dietro le quinte della rivoluzione digitale, per tratteggiare un ritratto intimo dell’uomo geniale che è stato il suo epicentro. Michael Fassbender interpreta il fondatore della Apple, con l’attrice premio Oscar Kate Winslet nella parte di Joanna Hoffman, l’ex direttrice marketing della Macintosh. Steve Wozniak, co-fondatore della Apple, è interpretato da Seth Rogen, e Jeff Daniels veste i panni dell’ex CEO della Apple, John Sculley.

“Steve Jobs ha voluto essere fin dall’inizio un quadro, non una fotografia.” Continua Sorkin “L’unico evento che ha avuto luogo nello stesso ambiente in cui ha avuto luogo nella realtà è il lancio del Macintosh, nel quale non sono riusciti a far dire al Mac “Hello” ai suoi azionisti. Gli altri due lanci hanno sì avuto luogo, ma in ambienti diversi, e sono sicuro che si sono svolti in maniera molto differente da come li ho immaginati. Tutti gli avvenimenti che vorticano intorno a questi lanci sono la mia combinazione dei conflitti della vita di Steve che ho scelto di rappresentare, condensati in azioni di 40 minuti di tempo reale. Spero che l’impressione che resta sia quella di un uomo estremamente complicato e intensamente brillante – pieno di difetti, sì, ma che cionondimeno ha sognato in grande e ha spronato gli altri a fare grandi azioni.

Alla fine, spero che gli spettatori lo trovino anche umano, una persona che avrebbe probabilmente potuto essere più felice se non avesse creduto che la bontà e il genio fossero qualità binarie. “L’immagine che avevo di Steve Jobs era quella che vedevo durante il lancio dei suoi prodotti, fare questo film ha significato indagare cosa accadesse oltre quegli eventi. Jobs non è il mio eroe, sono molto più simile al suo amico Steve Wozniak e alla sua filosofia, ma credo abbia profondamente cambiato il nostro mondo. Nel bene e nel male. Sono le persone come Steve Jobs che governano il mondo, molto più che i politici ormai.”Boyle liquida con grande serenità le critiche di chi, come la moglie di Jobs, non volevamo che questo film fosse realizzato.

Quando gli chiediamo se pensa che i biopic su Steve Jobs si scontrino anche con la realtà dei fan della Apple che possono considerare negativamente qualsiasi critica al loro ‘guru’, il regista di Trainspotting e Millionaire insiste sul fatto che dall’altra parte, oggi, ci sono degli storytellers, ovvero dei narratori capaci di creare, per motivi legati al marketing, una vera e propria mitologia a fini di propaganda. “È importante parlare di questi personaggi e dobbiamo poterlo fare senza essere controllati, senza la necessità di santificarli.” Dice Boyle “I veri eroi, le persone che ammiro, sono coloro che offrono dei beni inestimabili liberamente e e gratuitamente, pensate a chi tiene in piedi Wikipedia. Era importante fare questo film per capire il suo genio. Quando avevo visto The Social Network, mi era davvero dispiaciuto non essere stato io il regista di quel film. Con Steve Jobs mi sono preso una rivincita perché credo che in un’era cinematografica fatta di sequel e remake sia importante dedicarsi a storie originali non tratte dai fumetti.”

Al di là del racconto, la regia di Boyle è estremamente visionaria. Le pareti delle stanze si animano e il racconto segue dimensioni differenti: “Non credo che il mio film sia un classico biopic, abbiamo corso dei rischi allontanandoci dalla forma usuale di racconto e alternando diversi formati. La prima parte è girata in 16 millimetri, la seconda in 35, la terza è tutta in digitale. Ci siamo messi alla prova con i ritmi e la qualità dell’immagine, sperando di riuscire a fare qualcosa di diverso andando oltre l’apparente costruzione teatrale. Per me è stato molto interessante lavorare uno script come questo dove pagine e pagine di dialoghi non avevano alcuna descrizione o riferimento visivo. Amo il teatro e ho lavorato su diverse messinscena, ma in questo caso volevo che il pubblico vivesse un’esperienza immersiva al limite dell’interattivo confrontandosi con un attore affascinante come Michael Fassbender.


*Questo articolo è stato pubblicato sul numero 7 dell’edizione cartacea del Giornale dello Spettacolo. Per leggerlo [url”CLICCA QUI”]http://goo.gl/xsgC7E[/url]

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