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Un’altra giovinezza: Michael Caine e Harvey Keitel coppia da Palma d’oro

Youth è un film nuovo e originale in cui Sorrentino sfrutta le possibilità offertegli dalla vittoria dell’Oscar per un racconto nuovo e differente. [Marco Spagnoli]

Un’altra giovinezza: Michael Caine e Harvey Keitel coppia da Palma d’oro
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20 Maggio 2015 - 15.31


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Marco Spagnoli

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(Cannes) “Youth – La Giovinezza” è un film nuovo ed originale in cui Paolo Sorrentino sfrutta le possibilità offertegli dalla vittoria dell’Oscar per un racconto nuovo e differente.

Accolto (pateticamente) alla proiezione stampa con applausi e fischi, che sarebbe come dire se ad inaugurare la Cappella Sistina fosse stato un derby Roma – Lazio, il film fonda la sua forza sul dialogo, dal sapore letterario, tra due amici entrambi, cinematograficamente meritevoli di vincere la Palma d’Oro e – sul piano del racconto – straordinariamente legati da un sentimento di compassione e di complicità in grado di durare una vita intera e oltre.
Visivamente emozionante, un’opera d’arte che si declina in ogni inquadratura, Youth è la prova delle possibilità di un cinema nuovo in mano ad un grande autore capace di raccontare ciò che vede e percepisce, andando oltre i canoni classici del genere e del cinema allmeno così come lo conosciamo.
L’ambiente claustrofobico di un albergo per ricchi situato sulle Alpi, diventa lo sfondo labirintico e rassicurante di una commedia esistenziale, sospesa tra sensualità e grottesco dove alter ego di star hollywoodiane, grandi direttori di orchestra, registi famosi e calciatori si incontrano in una sorta di Overlook Hotel postmoderno per raccontare una storia d’amore e di fantasmi che si presta a molte letture e che, in ogni caso, restituisce allo spettatore emozioni differenti.

Un film dalla narrazione estremamente peculiare, che chiede allo spettatore di lasciarsi prendere per mano e di perdersi, con molti momenti in cui il cinema di Sorrentino è al suo apice, toccando vette da capolavoro, ma – al tempo stesso – non dimenticando, in così tanta rarefazione, gli elementi più umani di un resoconto visivo ed emotivo senza precedenti nel cinema italiano dell’ultimo decennio.

Una film a suo modo “spettacolare”, in cui le emozioni sono le vere protagoniste e che conduce lo spettatore alla visione di uno spettacolo in cui la struttura della narrazione è data piu da immagini e sentimenti che dal racconto vero e proprio inteso come trama e come cose che succedono.
Una scelta nuova temperata da un senso dello humour affascinante che diverte e commuove al tempo stesso.

Diverso, nuovo, originale, insolito, Youth è un film che va visto non per essere giudicato, bensì per essere fatto proprio, in un ricco e sorprendente crescendo di informazioni e personaggi, che si confrontano sostanzialmente e non sterilmente con i grandi temi e tabù e dell’esistenza: sesso, morte, debolezza, perversione, lealtà e grandezza.

Un film sul futuro di tutti, raccontato attraverso il passato che sfrutta temi come cinema sul cinema, letteratura, arte e creazione sublimando la portata balistica dell’omaggio e diventando qualcosa di estremamente complesso e perfino – a tratti – innovativo che fa solo bene al cinema italiano.

Un’opera coraggiosa, senza compromessi, in cui le immagini dominano il racconto e in cui il cinema si affranca dalla componente letteraria, diventata oggetto del racconto televisivo come viene detto nel dialogo tra Jane Fonda e Harvey Keitel in cui la grande attrice del tempo che fu spiega come la TV non sia il futuro, bensì il presente.

Un film ‘forte’, in grado di presentarsi sulla scena internazionale con una produzione in lingua inglese interpretata da Michael Caine, Harvey Keitel, Rachel Weisz, Jane Fonda e Paul Dano al meglio della loro forma e delle loro interpretazioni. Un altro indizio, il terzo, dello stato di ottima salute del cinema italiano, che qui sulla Croisette dà prova di essere tornato tra le grandi cinematografie mondiali.

Youth non è un film facile e non e’ per tutti: è una sfida visiva emozionante e divertente, grottesca e sublime che non ha nulla a che vedere con il cinema precedente di Paolo Sorrentino proprio per la sua capacita’ di affrancarsi dal passato e guardare verso il futuro, in una dinamica di narrazione che obbliga lo spettatore a vederlo e a rivederlo per entrare in pieno in un mood insolito, fatto di realtà aumentata e volutamente sopra le righe nonostante l’apparente normalità, in cui a dominare la scena sono le emozioni e non il loro racconto.

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