Ricominciamo da tre. Mia madre. Youth. La giovinezza. Il racconto dei racconti. Tre film italiani in concorso a Cannes 2015. Una bella notizia e una fonte non sorgiva di retorica. Una buona occasione per moderare trionfalismi generici o cinepatriottismi d’ordinanza. Una presenza così densa di autori italiani sulla Croisette non si verificava dal 1994 quando i film in concorso erano addirittura quattro: Caro Diario di Nanni Moretti, Una pura formalità di Giuseppe Tornatore, Le buttane di Aurelio Grimaldi e Barnabò delle montagne di Mario Brenta.
Il cinema italiano aveva calato il tris sulla Croisette anche nel 1987: La famiglia di Ettore Scola, Cronaca di una morte annunciata di Francesco Rosi, Oci ciornie di Nikita Michalkov. E ancora prima (per fermarci a decenni recenti) nel 1978: Ciao Maschio di Marco Ferreri, L’albero degli zoccoli di Ermanno Olmi e Ecce bombo di Nanni Moretti. Se ai tre titoli in concorso quest’anno aggiungiamo Louisiana di Roberto Minervini nella sezione “Un certain regard” e Mediterranea di Jonas Carpignano alla “Semaine de la critique” i motivi di soddisfazione e di riflessione si moltiplicano. Una prima considerazione da fare, sbolliti gli effetti collaterali dell’en plein delle tante previsioni fatte alla vigilia della conferenza stampa ufficiale della 68esima edizione del Festival di Cannes, è che i registi italiani godono di una salute migliore del sistema cinema che li esprime. Che, almeno a giudicare, dai dati del 2014 e della stagione 2015 si trova a fronteggiare un’implosione o una saturazione dell’unico genere di riferimento (la commedia), una disaffezione seria da parte degli spettatori, una linea narrativa monocromatica e monotonale, uno star system troppo circoscritto e ripetitivo, una convenzione, da affinare e perfezionare, del ritrovato cinema medio, un aumento dei film prodotti e un decremento degli investimenti, una preoccupante dissolvenza a nero delle coproduzioni.
Nanni Moretti, Paolo Sorrentino e Matteo Garrone sono figli della straordinaria tradizione del nostro cinema ma sono anche, con pochi altri autori italiani, capaci di storie e immagini “bigger than life” o più grandi dei mondi che siamo abituati a incontrare sui nostri schermi. Fa molto piacere vedere schierati insieme sul circuito di Cannes tre cineasti amati, apprezzati, coccolati da un Festival che adotta, “alleva” e accompagna nella loro evoluzione e nel loro viaggio dentro la galassia delle immagini una pattuglia di portatori sani di un’idea antica e moderna di Cinema. Tra un presente e un futuro dello sguardo. Per tutti e tre i registi è un ritorno laddove le giurie li hanno già premiati e questo non esclude la concreta possibilità di altri riconoscimenti e pergamene.
I giurati pilotati dai fratelli Coen potrebbero amare e apprezzare la riflessione poetica e malinconica, tra ricordi, sogni e fantasie, sulla fine della vita e sulla fatica, esistenziale e creativa, del mestiere del regista di Mia madre. O lasciarsi emozionare dalle confidenze e dalle meditazioni su vita e arte di Michael Caine e Harvey Keitel di Youth-La giovinezza. O lasciarsi abbagliare dalla fantasmagoria barocca, ispirata a “Lo cunto de li cunti” di Giambattista Basile animata, tra gli altri, da Salma Hayek, Vincent Cassel e Toby Jones, de Il racconto dei racconti. Tre fabbricanti di immagini che firmano, da sempre, ogni singolo fotogramma delle loro pellicole.
Tutta da scoprire sarà l’opera prima di Jonas Carpignano che ha già diretto alcuni pregevoli corti (la Semaine ha selezionato, quest’anno, anche il corto Varicella di Fulvio Risuleo). In Mediterranea, per il quale sono stati necessari quattro anni di ricerca per comporre il mosaico produttivo, il giovane regista segue due immigrati africani che arrivano in Italia.
È lecita anche una scommessa al buio. Una delle conferme di questo Festival sarà Louisiana di Roberto Minervini. Il regista di Low Tide e Stop the Pounding Heart continua a ragionare sulla soglia del set da dove si muove un ideale carrello di andata e ritorno verso il reale. Un cinema che racconta di donne e di uomini e della loro America senza più sogni. Antropologia e geografia da interstizi.
*Questo articolo è stato pubblicato sul Giornale dello spettacolo [url”anno 70, n.3 del 2015″]http://giornaledellospettacolo.globalist.it/Detail_News_Display?ID=82217&typeb=0&Speciale-Cannes-sfoglia-il-Giornale-dello-Spettacolo[/url]