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Clint Eastwood e l'eroismo del cecchino americano

Steven Spielberg rinuncia a raccontare la storia del cecchino da record Chris Kyle, più vicina alle idee del 'vecchio' Clint, con il volto di Bradley Cooper

Clint Eastwood e l'eroismo del cecchino americano
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3 Gennaio 2015 - 10.17


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di Piero Cinelli

Avrebbe dovuto essere diretto da Steven Spielberg questo American Sniper, tratto dall’autobiografia del Navy Seal Chris Kyle, il cecchino da record dell’esercito degli Stati Uniti con 160 scalpi nel suo carniere, ma Spielberg ha gettato la spugna ed il progetto è stato offerto da Bradley Cooper, protagonista e produttore del film, a Clint Eastwood. Non è chiaro il motivo per cui Spielberg abbia rinunciato, anche se forse con un occhio alla filmografia di Spielberg si potrebbe intuire: il cecchino di Raqqua non è il soldato Ryan e la guerra in Iraq non è la guerra contro il nazismo. Mentre è chiaro il perché Clint Eastwood lo abbia generosamente sposato, mettendoci la faccia e il suo grande talento per farne un eroe moderno, un uomo che uccide per salvare la vita ai propri compagni, mettendo a rischio la propria e sprofondando nel buco nero della guerra. Un tema questo che attraversa la cinematografia americana ‘alta’ da Apocalypse Now a Il Cacciatore, a Platoon, etc. e che in modo molto diverso Clint Eastwood aveva toccato con il dittico sulla guerra nel pacifico.

Ma la storia di Kyle deve aver appassionato da subito il grande Clint Eastwood, perché incarna perfettamente pur nel suo delirio l’ideale di patria, dio e famiglia, e nella sua scomodità di mettere in scena un cecchino che ha assassinato 160 persone, donne e bambini compresi, gli offre l’ulteriore possibilità di farne un eroe di fronte alla real politik di mors tua vita mea. Certamente un film complesso e a suo modo straordinario, con la storia emblematica di un uomo timorato di Dio che ha ricevuto il dono di una mira strepitosa e che trova nell’esercito e nella sua missione di cecchino, angelo sterminatore dei nemici, il suo karma, lo stesso karma che lo condurrà all’incontro con la morte pochi anni dopo il suo rientro in patria per mano di un altro reduce impazzito. La guerra non lascia nessuno indenne, ci dice con grande forza Eastwood. Ma la guerra contro il terrorismo è necessaria. E non a caso in una scena del film vengono mostrate le immagini del crollo delle torri gemelle. “Non si può stare troppo vicini alle fiamme” dice ad un certo punto la moglie di Kyle che si rende conto della deriva psicologica del marito che non riesce a staccarsi dalla guerra. Ma se la deriva fisica e umana dei soldati americani viene affrontata con realismo e pietà, non altrettanto viene offerto ai nemici,donne e bambini compresi.

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