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Chmò, il cartone animato che divide l'Ucraina

Chi è Chmò? E’ il protagonista del cartone animato uscito in Ucraina che riassume in sé tutti i difetti dell’abitante del sud-est filo russo del Paese. [Maria Magarik]

Chmò, il cartone animato che divide l'Ucraina
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12 Novembre 2014 - 19.27


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di Maria Magarik

Il cartone, dal titolo “Casacca rivoltata” ( la casacca utilizzata in Russia un tempo dai prigionieri dei lager, poi da operai e contadini, calde e a basso costo) prende in giro i connazionali che non hanno rotto il legame con Mosca.

Chmò, che tradotto vuol dire “individuo privo di dilemmi morali”, è un poveraccio che trascorre le giornate bevendo vodka, maltrattando la moglie e i vicini di casa, e guardando la Tv russa. Soltanto la propaganda, elargita generosamente dalla Grande Madre Russia, smuove Chmò e gli indica la strada da seguire: sostenere a spada tratta i separatisti, andare alle elezioni, sostenere le ragioni delle autoproclamate repubbliche di Donietsk e Lugansk. Il cartone di Irene Karpa fa rabbia nel Donbass, dove, nonostante la tregua firmata a Minsk, si continua a combattere e a morire. La “ministra” della cultura della repubblica di Donietsk ha denunciato l’autrice di “Casacca rivoltata”, accusandola di tutti i peggiori mali possibili.

Irene Karpa viene attaccata su tutti i social network sia nelle regioni secessioniste che in Russia. Ormai siamo alla quinta puntata del cartone animato che non propone soltanto la vita di Chmò, ma racconta soprattutto la crisi vista da Kiev. Guardando al pesantissimo conflitto in Ucraina, la visione di “Casacca rivoltata” e’ fondamentale, profetica e profonda. A poco servono pagine e pagine dei giornali occidentali, dedicate al conflitto che ha diviso l’Occidente in filo-russi o filo-ucraini. Il cartone non lascia via di scampo al cafone Chmò, ma bacchetta anche l’ipocrisia della Realpolitik in tutta la vicenda ucraina. E proprio quelle puntate del cartone sono quelle più degne di nota. A parte i clichè stravecchi, categorici, inopportuni sui propri connazionali, degni di nota sono i siparietti di Putin, Obama, Merkel e Cameron. L’inopportunità di “Casacca rivoltata” e’ totale.

Prima di tutto perché la gente del Donbass vive sotto le bombe da sette mesi. Il conflitto aveva provocato già 4 mila vittime e circa un milione di profughi. Perché la tregua, siglata in Beilorussia, non funziona, e si vede. Il dramma del Donbass, rimasto sospeso tra Mosca e Kiev, galleggiante ancora nel passato sovietico, non e’ soltanto colpa del povero Chmò con i suoi innocenti sogni: un salame a 2 rubli e 20 kopeiki al chilo come al tempo dei Soviet. Non è tutto così semplice, anzi. Le responsabilità sono tante e appartengono a tutto il Paese, che rischia una pericolosa deriva.

I clichè, il disprezzo, la denigrazione dell’altro sono l’anticamera di eventi storici che l’Europa conosce a menadito. I due popoli che vivono insieme (non senza problemi) da secoli si denigrano a vicenda: “moscali” (così gli ucraini chiamano i russi), e “ukropy” così, con disprezzo, vengono indicati gli “ucraini”. Guardare oltre gli stereotipi é lo sforzo che devono fare cittadini semplici e intellighenzia: esisteranno nel Donbass medici, insegnanti, ingegneri, uomini e donne comuni che leggono e pensano!? O il cuore industriale del Donbass è fatto soltanto da tanti Chmò, senza una posizione civica, politica, etica? Si parla molto di valori europei in Ucraina, valori che non vengono assegnati, e non per la posizione geografica.

Non basta essere più ad Ovest per ritenersi detentori di queste tradizioni. Democrazia, libertà e diritti dell’individuo, e rispetto delle minoranze, sono obiettivi che il Paese vuole raggiungere. Non sarà facile. Portare questi obiettivi nel Donbass è necessario, occorre provarci. Nel frattempo, nelle regioni secessioniste tanti Chmò sopravvivono ai raid e guardano la Tv russa, spesso come unico punto di riferimento.

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