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Bignardi e il fallimento Rai impegnata solo a spartire le nomine

Di fronte ad eventi così rilevanti è calata una cortina di silenzio anche su un direttore generale legato a doppio filo all’ex premier

Bignardi e il fallimento Rai impegnata solo a spartire le nomine
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Nuccio Fava Modifica articolo

26 Luglio 2017 - 12.17


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Sulla Libia non ci facciamo una bella figura. Anche se Macron sa giostrare con abilità la situazione. Ringrazia Gentiloni per il contributo dato sin qui dall’Italia, assicurando che saremo coinvolti nella trattativa.” Prima di tutto la Francia” però specie mentre scendono precipitosamente i consensi di opinione pubblica al nuovo presidente, rispetto agli entusiasmi del momento dell’elezione. Il dato del consenso elettorale è una preoccupazione legittima, ma la smania speranzosa di recuperare in ogni modo hanno scopertamente rappresentato il filo conduttore di un dibattito alla Camera non proprio esemplare. Per la stessa materia in esame, i cambiamenti dei vitalizi e i nuovi trattamenti pensionistici dei parlamentari confusi e velleitari.

Materia delicata e oltremodo controversa agitata da sempre da una ininterrotta campagna dei 5stelle, non priva di ambiguità e demagogia. Quando la sacrosanta domanda di moralità e di trasparenza della politica vengono ridotte e strumentalizzate per ragioni propagandistiche in vista del voto, il risultato non può che essere che controproducente con un ulteriore abbassamento del livello di credibilità e di considerazione per tutta la politica. “Tanto sono al fondo tutti uguali, corrotti e mangia a sbafo nei comuni, al governo, nelle regioni e nelle aziende”è il giudizio sempre ripetuto in ogni dove, mentre fatti di corruzione dilagano quotidianamente mentre l’intero paese è assediato dal fuoco e dalla siccità sino al rischio di Roma a secco. Intanto anche Daria Bignardi lascia la direzione di Rai 3, marcando un fallimento della nuova Rai e della politica nel suo insieme , sulla pelle di milioni di spettatori.

Abbiamo più volte criticato i massimi vertici Rai squalificati anche da una vicenda minore ma emblematica: le spese per la pubblicità ad un modesto libro della presidente, attribuite con disinvoltura al bilancio aziendale. Con vantaggio esclusivo per la casa editrice e per la massima dirigente Rai che dovrebbe rappresentare per tutto il personale, a cominciare da giornalisti e dirigenti, un modello di buon governo, stile e sobrietà. C’erano già state le dimissioni del direttore generale Campo dall’Orto e del suo fiduciario incaricato di predisporre un progetto di riforma dell’offerta informativa della Rai con una diversa articolazione dei telegiornali nazionali e regionali, una valorizzazione funzionale del digitale. Anche dinnanzi ad eventi così rilevanti è calata una cortina di silenzio se non di omertà all’interno della Rai e dello stesso mondo politico. Il governo ha rabberciato in fretta e furia nuove nomine con il solito criterio spartitorio che potesse contare sulla complicità di tutti, avvallata dalla nomina più strabiliante, quella di un direttore generale legato a doppio filo all’ex premier.

E’ evidente che non può essere data a Gentiloni la responsabilità dei recenti misfatti che le dimissioni della Bignardi sanciscono in modo inequivocabile e che dovrebbero provocare l’inizio di una qualche risposta.

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