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Francesca Cima: sia normale fare film internazionali

L’analisi del mercato italiano, i festival, i nostri registi, l’uscita estiva dei film secondo Francesca Cima, presidente dell’Unione Produttori dell’Anica.

Francesca Cima: sia normale fare film internazionali
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12 Giugno 2015 - 15.03


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di Piero Cinelli*

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L’analisi del mercato italiano, i festival, i nostri registi, l’uscita estiva dei film secondo Francesca Cima, presidente dell’Unione Produttori dell’Anica.

Quali sono i numeri del cinema italiano?

Nel 2014 a fronte di un incremento di produzioni (e coproduzioni) italiane che ha toccato i 201 lungometraggi (contro i 167 del 2013 ed i 166 del 2012) le risorse complessive della produzione sono scese da 335 milioni del 2013 ai 323 milioni del 2014, con un abbassamento del costo medio (e quindi della qualità media dei film prodotti) sceso a 1,4 milioni di euro (in Francia è stato di 3,4 milioni). Di questi film 69 hanno un costo medio di 77mila euro, 43 un costo medio di 447mila euro e solo 25 titoli hanno avuto a disposizione un budget superiore ai tre milioni e mezzo di euro. Il tax credit si conferma come la principale fonte di finanziamento, con un apporto complessivo di 68 milioni. Quanto agli incassi e alle presenze in sala relative ai titoli italiani incluse le coproduzioni c’è un calo, dal 2013 al 2014 rispettivamente del 17% (da 189 a 157 milioni) e del 6% (da 30 a 26 mln.) a fronte di una quota di mercato abbastanza stabile rispetto agli anni precedenti: al 27% nel 2014 (ma cala nel primo trimestre 2015 al 25%). In questo quadro nuovi provvedimenti sono stati annunciati dal Ministro della Cultura Dario Franceschini, dalla revisione della categoria di interesse culturale, al censimento e il tax credit per le sale storiche; la destinazione di risorse per gli under 35 per aiutare i giovani talenti; i contributi percentuale sugli incassi che devono diventare un sostegno alle nuove produzioni; i meccanismi premiali per i film che escono nel periodo estivo, che partecipano ai festival, ed agli indipendenti.

I dati ci indicano una situazione complessa e con molti squilibri tra eccellenza e criticità. Cosa si può fare ed in particolare perché solo i film italiani che vanno a Cannes vengano distribuiti nel periodo estivo?

Diciamo che la buona notizia è che il cinema italiano è ben presente in tutte le manifestazioni internazionali, e questa cosa avviene adesso con continuità rispetto al passato. Il festival di Cannes che si svolge a maggio ha sempre posto un problema di criticità a causa di un sistema paese che nel periodo estivo chiude per ferie, in particolare nel settore della cultura. tre film che sono a Cannes hanno una forza mediatica che supera la resistenza delle abitudini estive, ma rendiamoci conto che da fine maggio vengono a mancare molti presupposti importanti per il lancio dei titoli italiani, come ad esempio le trasmissioni televisive in cui fare promozione. Comunque abbiamo fatto dei grandissimi passi in avanti: il Ministro Franceschini ha annunciato che saranno a breve pubblicati nuovi decreti che prevedono degli incentivi maggiori per i film italiani che escono d’estate.

Sorrentino con La Giovinezza, Garrone con Il racconto dei racconti, sembra che gli autori migliori vogliano dedicarsi alle produzioni internazionali con cast internazionale: cosa ne pensa?

È nell’ordine delle cose perché sono autori che hanno conquistato un riconoscimento internazionale. Personalmente non vedo il discorso della lingua come una discriminante. Sorrentino ha dimostrato con La grande bellezza che si può viaggiare ovunque anche con un film molto italiano. Ma non c’è nessuna forzatura sul fatto che questi due autori si misurino con il mercato internazionale perché loro sono già parte del mercato internazionale. Ma quello che voglio dire da Presidente dell’Unione Produttori è che tutto ciò nasce da un percorso lungo e complesso di crescita. Noi come rappresentanti del mondo del cinema dobbiamo lottare perché poter pensare di girare film internazionali, di frequentare i festival, di aprirsi alle coproduzioni, debba diventare una cosa normale e stabile.

Purtroppo la realtà non sembra corrispondere a questa sua ambiziosa e affascinante visione.
Veniamo da un ventennio in cui non c’era nessun tipo di strategia ed in cui non si credeva nel cinema e nell’audiovisivo come asse importante di questo paese. Oggi anche le istituzioni condividono l’idea ed il progetto che il cinema sia una ricchezza anche sul piano industriale e possa diventare un polo di sviluppo economico e occupazionale. Uno dei pochi che può svilupparsi visto che la cultura è la più autentica materia prima del nostro paese. Una delle notizie più belle degli ultimi anni, ammesso che passi questa riforma, è l’inserimento dell’educazione all’immagine nella scuola, perché il cinema dovrebbe essere insegnato sia come linguaggio che come storia del cinema. Dobbiamo fare sistema, e sentirci tutti parte di un progetto più grande.


*Questo articolo è stato pubblicato sul Giornale dello spettacolo [url”anno 70, n.3 del 2015″]http://giornaledellospettacolo.globalist.it/Detail_News_Display?ID=82217&typeb=0&Speciale-Cannes-sfoglia-il-Giornale-dello-Spettacolo[/url]

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