Giunte alla 37a edizione le Giornate Professionali di Cinema sono da sempre la più importante manifestazione di promozione cinematografica rivolta al trade, in cui vengono presentati dai vari distributori i film che usciranno l’anno successivo. In questo caso la stagione cinematografica del 2015.
Concentrata in tre giorni scarsi, con varie anteprime di film, convegni, premiazioni, etc. che si intersecano tra loro, con uno sforzo non indifferente da parte dei produttori e distributori che devono preparare promo, clip, materiali vari e magari portare anche i talent. Perché in questa super-fiera del film, ad un calcolo approssimativo vengono presentati tra i 100 e i 200 titoli al giorno, ed in un mare di titoli così vasto è oggettivamente difficile orientarsi, anche perché molto spesso i titoli e le immagini si somigliano. A parte ovviamente i titoli più attesi che hanno già scavato una corsia preferenziale nella memoria.
Quindi anche agli spettatori viene richiesto uno sforzo non indifferente, in termini di attenzione. In genere la platea è composta da gente molto allenata, ma il rischio di confondersi è comunque molto elevato. In alcuni casi inevitabile di fronte a quattro, cinque titoli che si somigliano e con gli stessi attori, vedi (con tutto il rispetto) Bova, Angiolini, Genovese (Alessandro e Paolo), Scamarcio, Giallini oppure sul versante Usa Crowe, Hemsworth, Blanchett, per citarne solo alcuni. Per non scendere nei dettagli dei generi, dove l’action, lo sparatutto, gli inseguimenti su quattroruote, piuttosto che gli ammazzamenti più ingegnosi e più raccapriccianti si mescolano con una inevitabile sensazione di deja vu.
C’è chi prende appunti, chi si confronta con i vicini di poltrona, chi applaude, chi si abbandona inerte al bombardamento, chi entra ed esce nervosamente dalla sala. Certamente lo sguardo di un esercente è necessariamente diverso da quello di uno spettatore ‘normale’ come il sottoscritto, perché l’esercente deve riuscire a misurare, in una manciata di secondi, la potenzialità economica del film. Ma forse è proprio l’approccio troppo professionale a rischiare il collasso (mnemonico), perché è oggettivamente impossibile registrare tutto. Quindi, oltre ai titoli di cassetta (e per fortuna ne abbiamo visti tanti) a fine giornata rimangono ben impressi cinque, dieci titoli al massimo, quelli che hanno realmente qualcosa da dire oppure qualche immagine più forte, più intensa, che riesce a perforare il muro di stanchezza e di inerzia che il nostro cervello sviluppa in situazioni di ipersollecitazione visiva. Quelli che sono riusciti a sorprenderci anche in questo diluvio di immagini. Che ci comunicano qualcosa che riusciamo a malapena a decifrare, e forse, proprio per questo non possiamo e non vogliamo perdere.
Vogliamo azzardare qualche titolo? Paul Walker in Furious 7, la chimica tra Riccardo Scamarcio e Jasmine Trinca in Nessuno si salva da solo di Castellitto, i dinosauri di Jurassic World, la spiazzante simmetria di coppia di Margerita Buy e Sabrina Ferilli di Io e Lei di Maria Sole Tognazzi, la splendida, anche se un po’ debordante Cate Blanchett di Carol, Meryl Streep in versione strega, Star Wars VII Il risveglio della forza, il medioevo pasoliniano di Tale of tales di Garrone, il ballo in libreria di John Turturro di Mia madre di Nanni Moretti, l’addio di Russell Crowe alla figlia in Fathers and daugthers di Gabriele Muccino, la canzone di Lucio Dalla cantata da Gassman, Papaleo, Lo Cascio, il Nilo ricoperto di sangue di Exodus Dei e Re di Rdley Scott, lo spaesamento nello sguardo di Michael Keaton in Birdman di Inarritu.