Enrico Lucherini: “All'OffOff Theatre chiudo la mia carriera” | Giornale dello Spettacolo
Top

Enrico Lucherini: “All'OffOff Theatre chiudo la mia carriera”

Un teatro l' OffOff di Roma apre la sua stagione e al termine delle tre serate il commovente addio di del principe dei press agent italiani

Enrico Lucherini: “All'OffOff Theatre chiudo la mia carriera”
Preroll

redazione Modifica articolo

29 Settembre 2021 - 14.57


ATF

di Alessia de Antoniis

 

L’ 1,2 e 3 ottobre, “C’era questo e c’era quello” inaugura una stagione, quella dell’OffOff Theatre di via Giulia a Roma, e chiude quella, durata quasi sett’antanni, di Enrico Lucherini, il press agent per eccellenza, l’inventore dell’ufficio stampa.

“Con le tre serate all’OffOff, insieme a Nunzio Bertolami, chiudo la mia carriera”. Esordisce così Enrico Lucherini.

Domenica finisco. Ho iniziato con Rossella Falk e Patroni Griffi, ma ero un cane a recitare.
Decisi di occuparmi di comunicazione, un lavoro che in Italia non esisteva. C’erano i manifesti e le locandine dei film, ma non un ufficio stampa che entrasse nel set. Mauro Bolognini stava per iniziare a girare La notte brava. Le prostitute erano le donne più belle di quel momento, come Elsa Martinelli e Rosanna Schiaffino. Per lanciare il film le ho buttate tutte dentro una fontana. Erano tutti scettici. Poi videro i giornali pieni delle foto per il lancio del film e da quel momento in poi tutti mi volevano”.

Anita Ekberg si era già gettata nella fontana per Fellini?
No.

Quindi lei ha anticipato Fellini?
Non ci avevo mai pensato…forse hai ragione…

Poi?

Fellini mi offrì un lavoro: “Mi serve una storia per il lancio de La dolce vita”. Poi Luchino Visconti mi offrì di occuparmi della sua versione teatrale de Il giardino dei ciliegi. Visconti creò degli alberi di ciliegio, rosa, completamente fioriti. Mi inventai che venivano dal Giappone ogni due mesi e per questo erano sempre freschi.

 

La prima lucherinata fu un caso. Poi?
Una sera sentiamo un botto. C’era stato un incidente. Mi avvicino e dentro la macchina c’era Sylva Koscina. Si lamentava, mi avvicino e le chiedo: Sylva vuoi che chiami un’ambulanza? E lei mi risponde: Enrico ma sei pazzo? chiama i fotografi! Da lì ho capito che i fotografi sarebbero stati i miei alleati. Quando poi hanno iniziato a vedere che le foto uscivano su tutti i giornali, sono stati gli stessi artisti ad arrivare ancora di più in via Veneto. È inutile che dicano che non vogliono i paparazzi: senza di loro non sarebbero esistiti.

I tavolini di via Veneto erano il mio ufficio. Sono stati dieci anni intensi. Feste private, prime cinematografiche. All’epoca un film usciva in una sala sola e c’era l’attesa per vedere chi arrivava alla prima. Poi dopo, senza dircelo, andavamo tutti a bere qualcosa a via Veneto. È nato tutto per caso.

Per il lancio de Il Gattopardo raccontai molte esagerazioni. Ad esempio, che nella scena del valzer c’erano quattrocento candele che al momento del ciak erano perfette, ma dopo le riprese, a Palermo con quarantacinque gradi, si erano sciolte. La verità è che erano quelle piccole candeline finte con la batteria. Inventai che i fiori venivano da Sanremo, invece erano presi dietro l’angolo. Per la presentazione del film a Cannes, andai in un piccolo circo in periferia e chiesi se avevano un gattopardo vero. Lo feci portare a mezzogiorno davanti all’hotel Carlton. A quell’ora fece uscire Visconti, la Cardinale e Lancaster. Quella foto fece il giro del mondo: loro tre davanti al Carlton mentre passa un gattopardo.
La cardinale lo accarezzava, ma era terrorizzata.

Pochi giorni dopo, Ponti mi offrì di occuparmi di sua moglie per la Ciociara. Lì ho capito che il mio lavoro non sarebbe finito.

Il segreto per essere credibili quando si dice una lucherinata?
Quando un film sta per debuttare, serve qualcosa di eclatante da far uscire sui quotidiani. Ho iniziato a creare situazioni fotografate.
Come quando Agostina Belli fece Sepolta viva. Nell’ultima scena lei era in una cella di quattro metri per due piena d’acqua. Dopo l’ultimo ciak, dissi al regista Aldo Lado: voglio che vada a finire all’ospedale. Mi disse: tu sei pazzo. Gli risposi: sono pazzo, ma vedrai che va bene così.
Ho delle foto dove indossa una sottoveste bianca completamente aderente: è molto più erotica che vederla nuda. Era di una bellezza unica. Chiamo l’ambulanza. Nessuno mi aveva detto che in caso di crisi isterica, che avevo detto ad Agostina di recitare, ti somministrano del valium. Lei mi dice: Enrico, l’iniezione no. Io le rispondo: l’iniezione sì perché al Policlinico ho un giornalista che aspetta il tuo arrivo. Il giorno dopo, i giornali riportavano “Agostina Belli rischia la morte sepolta viva”. Anche il titolo del film era perfetto.

Qual è la differenza tra una lucherinata e una fake news?
La lucherinata la devi costruire. Con i personaggi, le foto. Ho delle foto con Agostina Belli e Ornella muti che litigano a borsettate. Alle riviste davo le foto. La fake news la puoi raccontare, può essere divertente, ma è pericolosa perché quando attacchi il telefono, la persona che l’ha ascoltata si informa e scopre che non era vero. Io voglio la fotografia dell’incidente. A me non interessa lavorare con persone che non sono coordinate dal mio ufficio.

 

Come quando diceva “non so chi sia” di attrici che non erano nella sua squadra…
Lo dicevo anche della Lollobrigida, che era un’attrice famosissima, una donna bellissima e molto brava che non ho avuto due Oscar perché non ha avuto De Sica che le ha fatto fare Filumena Marturano…

Erano sempre concordate con i clienti?

Sì. Tranne Sandra Milo che non sapeva che eravamo stati io e Rossellini a farle passare il candelabro dietro alla schiena…
Sandra Milo recitò in un film che si chiamava Vanina Vanini, di Roberto Rossellini. Aveva una parrucca bionda lunga fino all’osso sacro. Rossellini mi dice: Enrico fai qualcosa, perché è brava ma non è ancora famosa. Vedo un candelabro e gli dico di passare accanto alla Milo e di strappare la parrucca quando il fuoco è arrivato a metà della sua lunghezza. Sandra non sapeva nulla e ha iniziato a urlare. Non urlava solo dalla paura, anche dal dolore perché le parrucche di una volta erano piene di mollettine per legarle ai capelli.

Le lucherinate funzionerebbero ancora?
Dire di me stesso che faccio le lucherinate mi fa orrore (ride). È un termine che avete inventato voi giornalisti… Non lo so.
Le ultime che ho fatto risalgono a Rebecca, il film con la Melato. Alla fine c’è la scena in cui il castello va in fiamme. Quando ci sono le scene con il fuoco, sul set ci sono due vigili del fuoco. Ho delle foto dove la Melato viene presa in braccio dai due vigili e sembra morta. A me servivano quelle foto. Io gridavo: devi essere morta! Morta!
Lei: e poi? E io: e poi dopo ti sei ripresa e ora sei viva! In quei momenti io ero il regista dei fuori scena e volevo che le foto fossero fatte al meglio.
Ma quelle foto, con la Melato e l’incendio alle spalle, hanno fatto effetto. Il giorno dopo l’ha chiamata la madre, che non era stata avvertita, e le ha chiesto: ma davvero stavi morendo?
In questo modo il film che sta uscendo te lo ricordi per forza.

Una che non le è riuscita?

Ci sono quelle che non ho mai fatto. Ad esempio con Sofia Loren o con Visconti non servivano (in realtà con la Loren invento la storia che viaggiava con quaranta cappelli – nda). Ci sono personaggi così importanti, che escono sempre sui giornali. Marcello Mastroianni, invece, era un personaggio che non si prestava. Una lucherinata con Mastroianni sarebbe stata un errore.

Una sua invenzione che ancora gira nonostante sia stata smentita?

Ti racconto perché questa domanda non può essere fatta. L’uscita di “Sotto il vestito niente” di Carlo Vanzina. La prima di un film contro la Milano da bere non potevi che farla a Milano. Riservai un’intera fila scrivendo su ogni posto il nome di un grande stilista di quegli anni. Questa fila rimase vuota. Tutti a chiedersi dove fossero gli stilisti. Il giorno dopo, sui giornali si leggeva: scandalo a Milano, dopo il libro gli stilisti dicono no anche al film.
In realtà non li avevo mai invitati. A quel punto gli stilisti non potevano dire: Lucherini non ci ha invitato. Sarebbe stato ancora peggio. Quindi stettero zitti.

Un dietro le quinte che ormai può essere svelato?

Per lo spettacolo “Dopo la caduta” di Arthur Miller, al posto di Miller e Marylin Monroe, c’erano Albertazzi e Monica Vitti. All’Excelsior di Roma c’era sempre un bollettino dove ti dicevano chi era arrivato. Vidi Ava Gardner. La invitai alla prima in teatro. C’era una platea pazzesca. Entrò accolta da un’ovazione. Prima della fine del primo tempo lei va via. La inseguo lungo la scalinata del Teatro Eliseo. Le chiedo perché andasse via e lei, in inglese: “Non capisco una parola”. E poi aggiunge: questa attrice non mi ricorda per niente Marylin. Quell’attore, ma chi è?”
Finisce il primo tempo e i giornalisti corrono a cercarla. Vedono me che che risalgo le scale. Mi chiedono cos’è accaduto. Ebbi la prontezza di rispondere: era sconvolta. Rivedeva Marylin. “Non posso rimanere, mi si strappa il cuore”. Tutti a scrivere questa cosa non vera. Ecco, forse questa era una fake news, non avevo le foto come prova. Però avevo i fotografi che ci avevano visti insieme.

Press Agent e vita privata. Rifarebbe le stesse scelte? C’è una persona che le fa dire “forse ne valeva la pena”…
Assolutamente no.

Classe 1932. Posso dirle che è un pezzo di storia?
Scrivilo, ma non dirmelo…

Native

Articoli correlati