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Documentario su Lucherini: per Spagnoli nomination ai David

Il regista e direttore del Giornale dello Spettacolo in concorso a Venezia per: Ne ho fatte di tutti i colori.

Documentario su Lucherini: per Spagnoli nomination ai David
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11 Maggio 2015 - 17.23


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di Claudia Sarritzu

“Girare il documentario Enrico Lucherini Ne ho fatte di tutti i colori è stato un grande privilegio ed un immenso divertimento. Forse perché dare voce a lui ha significato un po’ far parlare tutto il cinema italiano, farselo raccontare in una singola e sorprendente chiacchierata. Perché Lucherini è uno dei più grandi protagonisti della Storia del Cinema di questo Paese: uno stratega della comunicazione, un osservatore divertito e divertente. Non solo, anche, una personalità fuori dagli schemi che da oltre mezzo secolo si diletta a costruire carriere indimenticabili, ad aiutare con generosità e passione i protagonisti, a lanciare dei film di cui comprende in pieno, come il migliore dei cineasti, qualità e difetti, punti di forza e debolezze”.

Marco Spagnoli, che ha curato il soggetto e la regia di questo sorprendente documentario, ha ricevuto una nomination ai David di Donatello nella sezione documentari. Sembra assurdo dover presentare Marco, essendo l’anima e il corpo del portale e della rivista il Giornale dello Spettacolo- Globalist di cui è direttore da giugno del 2014.

Critico e giornalista cinematografico ha realizzato il film di montaggio Hollywood sul Tevere presentato nella sezione Controcampo Italiano alla Mostra del Cinema di Venezia. Il film è stato candidato ai David di Donatello e ai Nastri d’Argento. Fra i suoi lavori più illustri da ricordare ancora, nello stesso anno il documentario Giovanna Cau. Diversamente Giovane – storica agente dei più grandi nomi del cinema italiano – viene presentato al Festival di Roma nella sezione Extra. Il documentario ottenne inoltre il Premio Speciale dal Sindacato Giornalisti Cinematografici Italiani per la ‘migliore interpretazione’ della sua protagonista.

“Ma soprattutto ho girato questa pellicola perché me lo ha chiesto direttamente Enrico, voleva raccontare la sua carriera avventurosa, e da giornalista e documentarista non potevo che accettare, è stato un onore, una grande fortuna”.

Come racconti Enrico Luccherini? O meglio, come lui si racconta?

“Questo è un documentario sul più grande press agent italiano. Ma non solo.

È un Virgilio che ci accompagna dietro le quinte dello spettacolo italiano.

È come entrare nella caverna di Prospero il colto e nobile mago della Tempesta di Shakespeare, il giorno in cui ha deciso di rompere la bacchetta e di lasciare la scena, rivelando così allo spettatore tutti i suoi incantesimi.

Ne ho fatte di tutti i colori è, però, soprattutto un film su un grande talento di cui non basterebbe una vita intera per raccontarne le gesta lecite e perfino quelle inconfessabili.

Come ha scritto Giuseppe Tornatore, il più grande talento di Enrico è stato, in fondo, quello di inventare sé stesso”.

Come concili il lavoro di giornalista con quello di documentarista?

Sono convinto che certe storie si possono raccontare meglio con le immagini e con i suoni. Penso al documentario su Giovanna Cau. Un articolo, ma neppure un libro, avrebbero reso al meglio la sua voce rauca e autoritaria, la sua immagine di donnina energica anche a 90 anni passati. Con Lucherini è stato lo stesso, non sono mai stato molto interessato al pettegolezzo, alla notizia inventata, eccessiva e sopra le righe in grado di catturare l’attenzione dei media per lanciare un personaggio oppure un film. Mi interessava la sua storia vera, mi interessava portare sullo schermo gli occhi, la voce, l’ironia, di Enrico. Farlo conoscere, con meno filtri possibili.

E’ difficile produrre e distribuire documentari in Italia?

Per me non è mai stato difficile, anche perché i temi cinematografici sono molto più graditi al pubblico, spesso accade che temi più sociali o politici abbiano meno spazio nelle sale, questo è vero. Ma è un discorso troppo lungo da affrontare in questa sede, credo che il problema siano le priorità di diffusione della cultura in questo Paese. E a quale modello culturale puntiamo.

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