Il corpo vecchio di Casanova, il seduttore travolto dal tempo | Giornale dello Spettacolo
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Il corpo vecchio di Casanova, il seduttore travolto dal tempo

Teatro India, Roma. Sandro Lombardi diretto da Federico Tiezzi, riesce magistralmente a trasfigurarsi nel personaggio del vecchio Casanova, oramai rifiutato da tutte. Lo abbiamo incontrato

Il corpo vecchio di Casanova, il seduttore travolto dal tempo
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10 Dicembre 2017 - 21.57


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di Chiara d’Ambros

Teatro India, Roma. In palcoscenico, su piedistalli neri e ordinatamente disposti a occupare tutta la scena, candelabri spenti come fantasmi di un passato rimpianto, spenti come la giovinezza di Casanova. Quasi in proscenio un grande tavolo d’orato sul quale il vecchio Casanova getta ricordi e rimpianti, rabbia per aver inesorabilmente perduto ciò che gli permetteva di essere se stesso, di esercitare l’inebriante potere della seduttività. Il suo io giovane sta seduto dall’altra parte del tavolo, racchiuso in un mantello nero, elegante, muto sotto una maschera veneziana bianca e senza espressione. Attorno al tavolo Casanova gioca la sua ultima partita, sfida l’inaccettabile, e quel suo stesso doppio che si incarna nell’amante di Marcolina sottotenente Lorenzi, interpretato da Alessandrio Mariani. Marcolina è una donna non bella ma giovane che lo rifiuta ma che lui vuole possedere per dimostrare un “ancora” che non può esistere per la legge del tempo della vita. Con il ricatto a Lorenzi e l’inganno Casanova, arriva a Marcolina ma anche ad incontrare la verità negli occhi sprezzanti di lei e in quella parola affilata e definitiva da lei pronunciata: Vecchio!
Sandro Lombardi diretto da Federico Tiezzi, riesce magistralmente a trasfigurarsi nel
personaggio. Un corpo vecchio, un viso provato che, senza cadere nel manierismo, in alcune espressioni diventa maschera a sottolineare il conflitto dilaniante nell’invecchiare, la fragilità che questo comporta, il disgusto per il nuovo che avanza come le idee di Voltaire, l’invocare il trascendente per l’ingiustizia di dover vivere questa stagione della vita: “Dio non esistere altrimenti dovrei maledirti”. Espressione e sguardo dell’attore modellano e trapassano la sua maschera di cerone che, lontana dal realismo, svela il suo reale intento e le profonde reazioni dell’anima di Casanova, il suo essere subdolo e spietato nell’ottenere una notte con Marcolina, l’infrangersi davanti alla definitiva parola di lei, l’identificazione con il sottotenente Lorenzi, bellissimo, giovane e morente.
Una partitura di gesti parole e musica eseguita dal vivo dalla violoncellista Dagmar Bathmann e dai percussionisti Omar Cecchi e Niccolò Chisci fanno vivere questo testo di Arthur Schnitzler tradotto e adattato da Federico Tiezzi nel quale l’interprete stesso dice essersi:“Trovato meravigliosamente” –  prosegue Sandro Lombardi in una breve intervista – “perché Schnitzler è uno dei miei autori del cuore e i temi toccati sono estremamente scottanti, sono il conflitto tra l’idea che ogni uomo ha di sé e la realtà come lo fa apparire. Sono il tormento per la fine di un mondo, la fine di un’epoca, la fine della propria giovinezza. Sono la percezione della propria vecchiaia, la percezione della decadenza, la tentazione dell’inganno, e molto altri.
C’è un tema in particolare tra questi molti che l’ha colpita di più e che l’ha aiutata ad entrare nel personaggio di Casanova?

Sì, la sfida, la sfida che corre Casanova nel momento in cui si rende conto di non esercitare più un fascino nei confronti della giovane ragazza. La giovane ragazza non è particolarmente bella, né lo attrae per le sue doti. Lo attrae semplicemente perché lui si rende conto che lei gli è del tutto indifferente. E poi c’è questo doppio specchiarsi nel presente con Marcolina nel passato con il giovane sottotenente Lorenzi. Casanova si trova davanti questo giovane sprezzante, brillante, bello, spavaldo e riconosce in questo giovane il se stesso di 30 anni prima e questo lo porta da un lato a volerlo sfidare, dall’altro a ucciderlo, però alla fine a pronunciare quella battuta meravigliosa quando lo vede morto sull’erba , nudo bellissimo, che gli dice: “Beato te. Beato te” – sottintende – “che sei morto giovane, nel pieno della bellezza, che non hai potuto vedere e assistere al tuo invecchiamento” e prova prima di ucciderlo, addirittura il desiderio di abbracciarlo, cioè di abbracciare se stesso nel momento in cui era giovane bello, felice”.
C’è infatti una fortissima dualità sia all’inizio con questa presenza silenziosa che poi si incarna in un personaggio e nella sfida stessa perché è anche una sfida interna quella di Casanova, con se stesso, tra questo presente da vecchio e il suo passato.
Certo, lui sin dall’inizio protesta con il suo destino che lo porta ad avere addirittura 53 anni. Per lui è uno scandalo tanto che ad un certo punto del testo dice: “ma dato che io sono Casanova non potrebbe nel caso mio fare un’eccezione a quella legge alla quale tutti gli altri uomini devono sottostare che si chiama vecchiaia? Casanova che ha fatto della sua seduttività una ragione stessa di vita e ha cercato la sessualità non per quello che significa in sé ma per quello che essa simboleggia. Simboleggia il potere, il suo potere di sedurre e nel momento in cui non può più esercitarlo si sente veramente vacillare. Un altro elemento presentissimo nel racconto e che ho tenuto particolarmente presente è lanostalgia, la nostalgia per Venezia, forse la protagonista assoluta di questo sogno del passato.Lui sogna di tornare lì, con tutto quello che ciò comporta. Ricordiamo l’anno in cui Schnitzler ha scritto questo testo. Siamo nel 1918, è appena finita la Prima Guerra Mondiale, ed è da poco crollato il grande sogno dell’impero Austro Ungarico, di cui ha una grande nostalgia. Quindi c’è questo riferirsi al ‘700 e alla grande cultura austriaca che ha vissuto un’epoca di grande fulgore, tra la fine dell’700 e i primi due decenni dell’800.  Basti pensare Strauss alla Vienna Mozartiana. E’ come un sogno di felicità ormai svanito, che sfugge tra le mani come le stagioni della vita.

Alla fine lui riesce a ritornare a Venezia. Ma quale Casanova torna a Venezia?
Torna lo sconfitto, perché era riuscito ad avere Marcolina ma nel modo peggiore, con
l’inganno e perché, per poter tornare a Venezia, deve accettare questo patto infame che gli propone il Consiglio dei Dieci, cioè : “Noi ti facciamo tornare a Venezia solo se tu farai la spia per noi e ci consegnerai gli eretici, i ribelli”, ossia quello che in fondo lui stesso rappresentava. Quindi è come consegnare anche un pezzo della sua anima.
Affrontare il tema della vecchiaia oggi…
La società odierna vorrebbe rimuovere la vecchiaia, vorrebbe farne a meno, come del resto vorrebbe rimuovere la morte. Come l’ho affrontata? Con la fatica e con lo sguardo di una stagione che stiamo attraversando. E che bisogna accettare in qualche modo. Quello che mi ha portato a sentirmi abbastanza identificato con Casanova è tutto il suo aspetto di fragilità, di debolezza, la sua nuova condizione in cui lui si trova a vivere nel momento in cui lui non è più bello, giovane e seduttore. Non mi sarei forse mai identificato con un Casanova brillante, sfrontato, viziato dalla fortuna, osteggiato dai potenti e così via. Mi ha sedotto questo casanova fragile, debole. Mi identificherei meno in un Casanova che cerca a tutti i costi di ingannare se stesso, e sentirsi giovane attraverso l’inganno.
Affrontare un testo è sempre un viaggio all’interno di un personaggio, di una storia, e di sé. C’è qualcosa che ha scoperto e sta scoprendo andando in scena ogni sera.

Tante cose sì, ma credo di aver già risposto… anche cose molto intime, come sempre quando da attori ci troviamo a confrontarci con dei testi che scendono veramente a scorticarci l’anima. E questo testo è uno di quelli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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