C’è un impulso artistico, stilistico, estetico, emotivo, intimamente sentito, nella giovane compagnia siciliana Vuccirìa Teatro, alias Enrico Sortino e Joele Anastasi, anche autore e regista, da sempre insieme all’attrice Federica Carruba Toscano. E ci sono serie vibrazioni creative che intrecciano la ricerca drammaturgica a un’indagine viva sull’attore, espressa in una teatralità estremamente fisica, epidermica, passionale.
Vi è nel loro lavoro un’attenzione alla visceralità e alla veemenza naturale dell’essere umano, calato ai margini di uno spazio-tempo degradato e contemporaneo: rappresentante (in via di estinzione/perdizione) di sentimenti e azioni tanto socialmente disapprovati, quanto sinceri e istintivamente onesti. Si vedano i precedenti “Battuage” e “Io, mai niente con nessuno avevo fatto”, intorno al deterioramento di anime e identità corporali in frizione attrattivo-repulsivo verso se stesse. E si veda, ora, il loro nuovo percorso di ricerca e interrogativi sanguigni che prevede una nuova messinscena con commistioni linguistiche tra teatro e performance, un nuovo scorticamento delle dipendenze, delle miopie, delle convinzioni sociali odierne che hanno ridotto (implicitamente) l’uomo a sopravvissuto. Si tratta di “Yesus Christo Vogue. Tragedia impossibile in atto unico”, in prima nazionale da mercoledì 16 marzo all’Orologio di Roma (e con repliche fino a sabato 26), per una co-produzione col Progetto Goldstein.
Sortino, Carruba Toscano e Anastasi, che firma anche testo e regia, saranno gli ultimi rimasti del genere umano in un presente post apocalittico, immersi in un habitat selvaggio da cui, su suggestione del titolo, traspaiono già curiosi echi religiosi: «Abbiamo volutamente “storpiato” il nome di quello che per noi è un essere divino del contemporaneo, una divinità 2.0 – dice Joele Anastasi -, che rivela l’apice del delirio di onnipotenza dell’uomo attuale, ma che è anche sintomo di una nuova sacralità che vogliamo indagare attraverso una tragedia impossibile. Impossibile perché contemporanea». In che senso? «Possiamo oggi – precisa Anastasi – creare nuovi miti? È il quesito che poniamo a noi e allo spettatore. E in questa domanda caliamo due personaggi, un Adamo e una Eva primordiali del nuovo millennio post apocalittico, che possono diventare eroi, possono raggiungere la felicità reale, ma solo accettando il dolore: questo consente la tragedia antica». E perché “Vogue”? «È la tendenza – aggiunge Enrico Sortino – della società attuale ad autoproclamarsi divinità, è l’auto-celebrazione dell’uomo a onnipotente, e la passione di Cristo a diventare la passione dell’uomo contemporaneo: oggi, grazie alla tecnologie e ai mezzi di comunicazione (e assuefazione, come i social network), “a portata di tutti”, ogni cosa è virtualmente possibile, raggiungibile».
Si evince uno sguardo lucido e insieme carnale sui meccanismi silenti, impliciti di controllo e consumo morboso, nascosti sotto miraggi liberatori e dominii illusori, esercitati dalla società sull’individuo, cioè dall’uomo sull’uomo. Un’egemonia virtuale, appunto, “fittizia”, mentale, dunque subdolamente più pericolosa? «Viviamo un’epoca di ipertrofia e atrofia delle relazioni umane – prosegue Anastasi -, in overdose di significati, precetti, canoni che definiscono e impongono le regole da rispettare per ottenere benessere, gioia, libertà. Ma benessere, gioia, libertà, nella realtà, esistono solo nel loro inganno, nella loro ipocrita promessa immaginaria. È la trappola più grande che potessimo creare e dentro la quale cadere, perdendoci nell’isolamento dell’individualità».
Sul palco troveremo un uomo e una donna soli e in bilico tra infelicità e suicidio, sospesi nel dilemma se proseguire la vita o cessarla: «Il loro incontro e la loro unione – spiega Sortino – sono relativi all’accettazione della condizione umana. L’atto d’amore è il tentativo di sconfiggere la solitudine del singolo, e il loro dramma sta nel riflettere sul senso di creare una nuova vita, un figlio, una nuova solitudine, e quello, invece, di toglierla». Dunque, una coincidenza tra vita e sua negazione? «Credo – aggiunge Federica Carruba Toscano – ci possa essere corrispondenza: si parla di un suicidio non fisico ma dell’ego, dell’individualità. La donna, a differenza dell’uomo, per nove mesi ha la possibilità di mettere da parte il proprio ego, perché si è in due nello stesso corpo; ed è un monito che ci dà la natura per ricordarci che non siamo identità singole». E come si traduce a livello recitativo questa ricerca? «In una messa a nudo – prosegue Carruba Toscano – e al tempo stesso nell’uscita dalla propria femminilità e mascolinità. Ogni sera, insieme agli spettatori, ci chiederemo qualcosa di nuovo scopriremo emozioni e sensazioni inedite: perché penso che il teatro debba permettere ad attori e pubblico di porsi sempre delle domande, fino all’ultimo. Dobbiamo metterci scomodi, sul punto di crisi, uscire dalla zona di comfort, abbandonare ogni filtro, e sentire la paura di non trovare una risposta: questa è un’inquietudine costruttiva. E oggi, che si pensa di essere sempre a portata delle verità, ce n’è molto bisogno».
Un teatro dell’azione sensoriale e cerebrale, quello di Vuccirìa; che fa della ricerca scenica uno strumento comune per scuotere, da dentro, lo stomaco e il cuore di chi assiste, piantando il germe interrogativo in teste e coscienze: «Noi stiamo e resistiamo in questa zona di rischio, di tensione verso qualcosa, che vogliamo condividere con la scrittura, gli spettacoli, i nostri corpi presenti. Questa è la nostra sfida, il nostro teatro».
Teatro dell’Orologio, via dei Filippini 17/A, info 06 6875550 [url”biglietteria@teatroorologio.com”]biglietteria@teatroorologio.com[/url]VUCCIRÌA TEATRO[/size=4]
in
YESUS CHRISTO VOGUE[/size=4]
drammaturgia e regia Joele Anastasi
con Joele Anastasi, Enrico Sortino, Federica Carruba Toscano
contributo drammaturgico Enrico Sortino, Federica Carruba Toscano
scene Giulio Villaggio
costumi Alessandra Muschella
disegno luci Davide Manca
video e graphic design Giuseppe Cardaci
foto Dalila Romeo
realizzazione scene Alessandra Muschella, Giulio Villaggio
effetti speciali Chiara Mariani
aiuto regia Nathalie Cariolle
organizzazione Chiara Girardi
responsabile tecnico Omar Scala
mediapartner Saltinaria.it
produzione Progetto Goldstein – Teatro Orologio
co-produzione Vuccirìa Teatro