Marchioni e Puccini, ipocriti e sensuali, ne 'La Gatta sul tetto che scotta' | Giornale dello Spettacolo
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Marchioni e Puccini, ipocriti e sensuali, ne 'La Gatta sul tetto che scotta'

Società, Ipocrisia, Sessualità, Denaro e Famiglia i temi di uno spettacolo teatrale senza tempo. Williams ci parla ancora.

Marchioni e Puccini, ipocriti e sensuali, ne 'La Gatta sul tetto che scotta'
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Claudia Sarritzu Modifica articolo

19 Dicembre 2015 - 10.57


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Lo spettacolo teatrale in tour in tutta Italia La gatta sul tetto che scotta con Vinicio Marchioni e Vittoria Puccini porta in scena: Società, Ipocrisia, Sessualità, Denaro e Famiglia, tematiche che raccontano l’atmosfera che viveva l’autore, Tennessee Williams, nel 1954 e che si respira purtroppo ancora oggi, nonostante le tante battaglie portate avanti dalle donne e dagli omosessuali, in questi 50 anni. Il grande pubblico ha conosciuto l’opera quando nel 1958 Richard Brooks ci ha fatto un film con Paul Newman e Elizabeth Taylor. Oggi il regista Arturo Cirillo ha riportato la storia in auge, aiutato da un testo originario già moderno e geniale, che riesce ancora a parlare alla società odierna con la stessa intensità delle origini, grazie anche a un cast d’eccezione. La gatta, Maggie – interpretata dall’attrice fiorentina Vittoria Puccini – si trova al centro di una fitta rete di bugie, di cui ne è in parte l’artefice. Infatti, la sua più grande paura è quella di perdere la fortuna acquisita nella sua scalata sociale, perché non riesce ad avere un figlio con Brick, il marito di cui è innamorata. Nata povera ha terrore a morire povera “O sei giovane o sei ricco” afferma spiegando che da vecchi la miseria è insopportabile. A questo si aggiunge l’invidia, mascherata da cinica ironia, per i cognati che di figli ne hanno ben 4. Vinicio Marchioni è un bravissimo Brick, con meno copione degli altri attori, riesce a restare il protagonista indiscusso dell’intera rappresentazione, un faro nella scena, amato e odiato dagli altri personaggi. E’ incapace di amare Maggie e per questo si sfoga sull’alcol, velando e non ammettendo una presunta omosessualità. Interamente ambientata nella loro camera da letto, la vicenda racconta soprattutto l’ipocrisia di questa famiglia anni Cinquanta, che potrebbe essere però anche una famiglia di oggi.  “Non c’è cosa peggiore di sentirsi sola con l’uomo che si ama e che non ti ama” dirà lei. Lei che si sente in colpa perché dopo aver sospettato l’amore omossessuale del migliore amico del marito nei confronti proprio di Brick, sarà lei, Maggie, a spingere al suicidio Skipper. Ed è forse proprio questo a tormentare l’animo del protagonista che nell’atto successivo sarà costretto ad affrontare la motivazione del suo alcolismo con il padre: “Bevo per vincere il disgusto! Sai cos’è l’ipocrisia? […] Non si può vivere d’altro che d’ipocrisia”. Brick continuerà a sprofondare nel vortice del suo turbinio interiore affermando che è “la vita che ci porta ad essere bugiardi” e “l’unico modo di sopravvivere è bere o la morte”. Ma sullo sfondo c’è un’altra bugia, l’inconsapevolezza del padre del suo cancro all’intestino e l’illusione della moglie che il marito sia sano. La Puccini svela una grinta felina, testarda, incapace di arrendersi e sensuale. Marchioni interpreta a pennello il baratro interiore di una vita vuota e falsa in cui si è costretti a ricorrere alle coperture. A scandire il tempo è la sinuosità della luce che regala due ore di uno spettacolo d’altri tempi ma che parla anche dei nostri.

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