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A tu per tu con Sabrina Impacciatore: 'parlo da femmina, non da femminista'

Chiacchierata con la protagonista della Venere in Pelliccia fra teatro, valori e vita, Sabrina Impacciatore si racconta.
[Margherita Sanna]

A tu per tu con Sabrina Impacciatore: 'parlo da femmina, non da femminista'
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24 Aprile 2016 - 09.35


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di Margherita Sanna

Il tuo personaggio di Wanda vive e fa vivere un caleidoscopio di emozioni, quant’è faticoso mettere in scena un personaggio del genere?

Guarda è faticosissimo perché ogni sera devo mettere al servizio di questo personaggio veramente tutta me stessa senza risparmiare niente. In realtà è anche un mio approccio al lavoro. Io mi do senza freni, senza protezione, senza paracadute. Però Wanda è un personaggio che è talmente vitale e talmente appunto carico di tutta una serie di sfaccettature, di colori, di stati d’animo, di corde della femminilità, che ti dico la verità: quando finisco lo spettacolo sono stanca ma allo stesso tempo sono esaltata. È come se mi facessi una dose di qualche droga potente! Devo dire che interpretare questo personaggio sviluppa delle endorfine, mentre ci sono stati altri personaggi che nel passato mi hanno molto depressa e mi hanno intristita. Questo è un personaggio esaltante!

Che cosa tu hai aggiunto e sottratto alla Wanda di Masoch, perché è un po’ diversa dal libro quella che porti in scena?

Allora guarda io non ho voluto fare riferimento quasi per niente alla Wanda di Masoch. All’inizio questa Wanda di David Ives me la immaginavo più ingenua, il mio approccio è stato: “vabbè questa c’ha un animo ottocentesco, avrà delle innocenze, sarà candida”. Invece poi quando ho letto il personaggio di Wanda nel libro di Masoch, ho visto che era piuttosto smaliziata fin da subito. Quindi diciamo che mi sono riferita a quello di Masoch per quanto riguarda appunto la sua malizia e anche la sua determinazione, la sua modernità. Ci sono dei tratti che sono fra i miei preferiti : quando in scena devo affermare una femminilità libera che afferma sé stessa, finalmente senza nessuna morale. Perché noi in Italia più che mai siamo molto influenzati dalla morale cattolica, cristiana, per cui abbiamo un grandissimo senso del peccato. Questa è una donna libera.

Eh sì, non ti nego che qualche vecchietta nel pubblico..

(ride) Immagino. Certo. Ma è questa la cosa bella di questo personaggio che io mi sto divertendo tantissimo a portare in giro proprio perché vedi le reazioni culturali di questo Paese. C’è chi viene esaltato, chi si sente crescere dentro una forza rinnovata, un’affermazione della femminilità, o chi viene spaventato, chi rimane spiazzato, perché non è abituato all’affermazione di un femminile così libero, così lontano da una morale comune che ci ha sempre avvicinato al senso del peccato, soprattutto per quello che riguarda le donne.

Tu non sei cattolica?

Io sì. Pensa io sono cattolica e tra l’altro soffro di sensi di colpa, e tra l’altro sono una ragazza serissima, pure un po’ troppo seria. È assurdo perché io infatti quando interpreto Wanda devo proprio entrare in un’altra mentalità, però in quel momento – siccome divento lei – mi sento felice, dico “ah, viva la pace! Finalmente questa donna afferma che vuole solo godere, che vuole solo amare chi la rende felice!”. E tra l’altro io lo so che sembro matta, io te lo giuro che mentre le recito le rivolgo a quelle donne che soffrono nei rapporti di coppia e che per esempio subiscono violenze in famiglia. Te lo giuro che io in quel momento penso: ci sarà qualcuna in sala che magari sta vivendo una situazione di subordinazione psichica e fisica con il proprio compagno, che non ha il coraggio di lasciarlo, che non ha il coraggio di farsi rispettare o non ha il coraggio di denunciarlo. Secondo me se vede Wanda in azione, un germe di ribellione le nascerà dentro. Te lo giuro, questo lo penso.

Che poi la cosa bellissima è il ribaltamento dei ruoli che fate costantemente, fino alla fine. Dominazione e sottomissione che porta quasi ad un annullamento reciproco.

Infatti devo dire noi ci divertiamo tanto. Io poi ho cercato di avvicinare Wanda a me – come spiegavo ieri anche nell’incontro con il pubblico – e quindi per esempio tutta quella Wanda Jordan, l’attricetta che si presenta all’audizione io l’ho voluta personalizzare molto nel linguaggio. Ovviamente il testo americano non prevedeva che una “romanaccia” andasse a fare un provino da un regista importante. Però, appunto, ho voluto italianizzare al massimo questo personaggio proprio per poter permettere agli italiani di potersi identificare di più. Quindi lì, in tutta quella parte anche ingenua ed ignorante ci ho messo tanto di mio.

Che poi proprio ingenua..

Eh no, infatti! (ride) Apparentemente ingenua! La cosa bella è che alla fine non sappiamo mai se lei ha finto dal primo istante, se dal primo istante lei sapeva già tutto, aveva già messo tutto in scena, aveva già deciso tutto, scelto tutto. Vabbè non lo voglio svelare: forse lo sappiamo! La cosa che mi affascina da morire di questo personaggio è che può giocare tutte le corde: proprio dalla massima ingenuità alla massima crudeltà. Per un’attrice è veramente il Paese dei Balocchi.

Nell’incontro con il pubblico ieri allo Spazio Odissea di Cagliari hai affermato: “Parlo da femmina e non da femminista”, perché?

Per me è molto importante la distinzione, perché le femministe alle quali dobbiamo tanto – e io sono veramente grata al movimento femminista perché ha fatto tante battaglie, ha ottenuto grandi risultati e ha messo in atto una rivoluzione culturale – però quello che mi dispiace delle femministe è che hanno rinunciato alla loro femminilità per queste battaglie. Invece io parlo da femmina che ci tiene tanto alla propria femminilità, che la agisce e la coltiva continuamente, anche nell’accudimento delle persone che amo, nella dolcezza, anche in una forma di abnegazione amorevole. Però sempre con uno sguardo molto vigile sui diritti che devono essere assolutamente paritetici e sulla posizione della femmina nella società italiana. Perché purtroppo la femmina vive una condizione assolutamente penalizzata, ma neanche se ne accorge. Non si accorge del bombardamento quotidiano talmente capillare e talmente subliminale anche dei media, che è costretta a seguire dei dictat secondo cui non potrebbe essere femmina se non li seguisse. Quindi noi dobbiamo essere per forza sexy, appetibili sessualmente, non possiamo invecchiare, dobbiamo essere delle brave mamme, dobbiamo ancora riprodurci perché se non facciamo figli siamo guardate con sospetto, dobbiamo essere brillanti sul lavoro. Dobbiamo essere tutto senza supporto da parte della società. Tra l’altro le donne guadagnano il 30% in meno degli uomini, tante volte non vengono assunte perché poi vanno in maternità, o comunque non vengono sostenute nell’accudimento dei bambini con degli asili adeguati e che possano sostenere le donne che lavorano. Abbiamo tutta una serie di difficoltà da donne.

Sei molto preparata sul tema.

Sono preparata sul tema semplicemente perché sono una grande osservatrice della società, perché penso che essere un’attrice voglia dire avere uno sguardo molto attento sulla società, perché un’attrice è una comunicatrice. Chi comunica ha una grande responsabilità, enorme. Quindi io cerco di tenermi informata su tutto. Osservo tanto la vita, la politica, i movimenti di costume. Tutto. Perché ci tengo tanto a veicolare dei messaggi che abbiano un valore etico perché sono fortemente convinta che i comunicatori debbano avere una grande etica di fondo per poter essere all’altezza di quello che fanno. Non posso non essere consapevole della condizione femminile, tra l’altro anche del fatto che la figura che viene veicolata dai media è una figura bidimensionale. Infatti le ragazzine di 15 anni hanno come modello aspirazionale le solite fighe, le Belen della situazione, e non hanno come modello aspirazionale una sindacalista, piuttosto che una poetessa come Alda Merini, una scienziata come Rita Levi Montalcini. Purtroppo le donne in questo Paese si dimenticano – come direbbe Wanda- di essere degli individui.

Mi è piaciuto molto leggere in una tua intervista nella quale parlando del tuo naso particolare affermasti di aver evitato la chirurgia estetica e amato le tue imperfezioni, perché è molto difficile riuscirci.

È molto difficile ed è stato un cammino sofferto. Io ci ho sofferto tanto sulle mie imperfezioni. Ho passato un’adolescenza terribile. Mi ricordo le lunghe ore sul letto a piangere perché mi vergognavo dei miei difetti. Però poi, osservandomi, e avendo anche il dono dell’ironia – perché l’ironia aiuta tantissimo ad autocurarsi – mi sono accorta che questi difetti, poi nel tempo mi hanno resa unica, perché se io mi fossi rifatta il naso sarei diventata simile a tante altre belle more con gli occhi grandi e il nasino carino. In realtà infatti quello che vorrei dire a tutte le ragazze, che tra l’altro nell’adolescenza vivono un momento di grande fragilità: ragazze non vi fidate di quella vulnerabilità dell’adolescenza, perché è un momento critico che tutti quanti dobbiamo attraversare per diventare adulti e per imparare ad amare noi stessi. Ma i difetti se noi li sappiamo accettare li facciamo amare anche agli altri, diventano dei punti di forza. Dipende tutto da noi. A me quando ero piccola mi urlavano “nasona”, me l’hanno urlato in mille modi, e guarda un po’ io con questo naso adesso come ci lavoro bene!

Sono d’accordo. La bellezza femminile troppo ritoccata è fastidiosa.

Poi la bellezza veramente si esprime in tante forme, si può incontrare anche nelle forme più disperate. La bellezza è armonia: se una persona è in armonia con sé stessa trasmette bellezza anche se non è bella. È soltanto quello che riesci a comunicare agli altri, e così diventi bella.

Ho letto che tu hai fatto un corso per stare sul trapezio, e spesso hai ripetuto questa metafora del trapezio. Ti senti ancora sul trapezio e ci vai ancora fisicamente?

(ride) Allora io ci vivo sul trapezio metaforicamente, perché mi sento un’equilibrista, sempre in bilico sia nella mia professione che nella mia vita privata. Non c’è mai niente di certo. Non c’è mai un appiglio. Sono un equilibrista che cammina su questa corda sperando di non precipitare e aspirando continuamente all’equilibrio. Purtroppo però l’ho interrotto lo studio del trapezio. Io soffro tra l’altro anche di vertigini, quindi non c’era proprio da fare. Però è stata un’esperienza incredibile. Sono andata in questo circo meraviglioso a Parigi – siccome vi ho vissuto per un periodo – dove si allenava il figlio di Chaplin, e lì ho seguito questi corsi che veramente mi hanno dato tanta felicità, era come stare su un altro mondo, sembrava piuttosto di essere in un film di David Lynch. Era veramente stupendo. C’era questo insegnante di trapezio che era un ex trapezista grandissimo, zoppo per gli incidenti sul lavoro, con questa massa di capelli e una voce roca: era stupendo. Mi diceva: “si vede proprio che sei un’attrice perché anche se non sai fare il trapezio assumi proprio le posizioni e anche le espressioni del viso come se fossi una campionessa di trapezio”. Più che altro era tutta fuffa la mia, però la metafora è molto calzante perché mi sento sempre in bilico.

Anche se devo dirti che sprigioni molta vitalità e felicità sia sul palco che nell’incontro con il pubblico.

(ride) Ti ringrazio. Quella è la gioia di vivere. Penso che derivi dalla mia famiglia, perché ho una mamma che ha attraversato tutte le tragedie e tutte le difficoltà sempre sorridendo, e sempre avendo la forza di rialzarsi, e soprattutto con una natura solare che ha saputo diffondere intorno a sé. Io penso che la figura materna sia molto importante: se abbiamo una madre depressa difficilmente saremo felici. Poi dopo certo, c’è anche una predisposizione dell’anima, quella non è che la scelgano i genitori. Io sì, amo tantissimo la vita e potrei anche morire domani e sarei felice per tutto quello che faccio.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

La prossima settimana inizio a girare una serie televisiva con la direzione artistica di Paolo Genovese, che ha appena vinto il David di Donatello con Perfetti Sconosciuti. Del film Immaturi adesso verrà realizzata la serie, 8 puntate, per Canale 5, e hanno scritto un personaggio nuovo tutto per me. Sono molto divertita all’idea di farlo perché è un personaggio molto divertente da interpretare.

Sono molto contenta, anche se preferisco vederti a teatro, perché lì rendi in una maniera diversa.

Il cinema in realtà ci deve dare anche la possibilità di esprimerci così. Non mi era mai capitato un personaggio del genere di Wanda. Anche un’attrice si esprime secondo le possibilità che il personaggio ti dà. Il cinema fino adesso questa possibilità non me l’ha data. Io mi sono divertita tantissimo nel cinema, mi diverto tanto, e ogni volta con i personaggi cerco di trovare delle chiavi il meno convenzionali possibili. Però lo sto ancora aspettando il ruolo, quello che mi faccia perdere la testa come me l’ha fatta perdere Wanda.

Avrai crisi di astinenza da Wanda.

Io non ci posso pensare che fra tre giorni me ne separo. Però a novembre la riprendo. È una separazione momentanea. Dentro di me rimane lì a dormicchiare un po’, come se andasse in letargo nei mesi estivi, ma poi a novembre si deve risvegliare, deve uscire dalla cripta.

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