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Partitura P, il concerto pirandelliano di Fabrizio Falco

Intervista all'attore, in scena dal 31 marzo al 12 aprile 2015 al Teatro dell'Orologio di Roma: tre novelle di Pirandello, tre tempi, un unico concerto.

Partitura P, il concerto pirandelliano di Fabrizio Falco
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31 Marzo 2015 - 18.40


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di Davide Monastra

“Partitura P. è un percorso all’interno della scrittura di Pirandello. Chi viene a vedere lo spettacolo si può rendere conto di entrare a teatro in un modo, con certe convinzioni e di subire una trasformazione a fine spettacolo”. Presenta così la sua performance teatrale il giovane e talentuoso attore Fabrizio Falco, dal 31 marzo e fino al 12 aprile 2015 in scena a Roma al Teatro dell’Orologio. Siciliano, classe 1988, Falco propone tre novelle dello scrittore siciliano, unendole insieme in un’unica rappresentazione: un inizio ossessivo, scandito dal tic tac di una pendola metafisica, un adagio centrale e un allegro e vorticoso del finale. “Ho affrontato tre tappe di scritture molto diverse e le ho unite – ha spiegato l’attore -. Partitura P. è un unico concerto sinfonico, così come mi piace definirlo, con tre movimenti, tre passaggi diversi che hanno un inizio, uno svolgimento e una fine. Se il pubblico segue questo andamento dello spettacolo fa un’esperienza unica all’interno della scrittura di Pirandello”.

Qual è stata la genesi di Partitura P.?

Io mi sono appassionato a Pirandello tramite il lavoro che ho fatto a Santa Cristina con il maestro Luca Ronconi su “I sei personaggi in cerca d’autore”. La lettura che ne ha dato Ronconi, il modo in cui ha affrontato il testo mi hanno colpito moltissimo e mi hanno fatto scoprire un Pirandello nuovo. Da questa esperienza mi è venuta voglia di lavorare e di studiare ancora di più questo autore. Ho cercato quindi delle occasioni per farlo. Ad esempio ho prestato la mia voce per un audiolibro, selezionando dodici novelle di Pirandello, edito da Emons AudioLibri. Dopo quest’altra esperienza mi è venuta in mente l’idea per “Partitura P.”. Ho quindi selezionate tre novelle: “La morte addosso”, “Una giornata” e “Il treno ha fischiato”. L’approccio che ho avuto con questi tre testi è abbastanza semplice: sulla scena ci sono solo io. Ho pensato ad una drammaturgia musicale, rispettando quello che è il testo. La musica è stata ricavata proprio dai momenti del testo e da un suo attento studio. Sul palco con me c’è un compositore, Angelo Vitaliano: io e la musica dialoghiamo costantemente.

Che importanza ha la musica in questo spettacolo?

La musica in Partitura P. non è riempitiva, è diegetica. Posso dire che è un vero e proprio personaggio della rappresentazione. Inoltre, come ho detto, è in strettissima relazione con l’analisi del testo. Io infatti mi auguro sempre che chi vede lo spettacolo colga il grande rispetto per Pirandello, ma allo stesso tempo intraveda anche la lettura critica della performance che sta all’interno delle maglie della semplicità e di un rapporto diretto con gli spettatori.

Come ti sei approcciato a Pirandello, in che modo lo hai attualizzato?

Ci sono diversi discorsi che si possono fare, partendo da questa domanda. Intanto Pirandello rientra ormai nei classici della letteratura. Sicuramente però è moderno dal punto di vista delle tematiche. Affronta argomenti universali, che travalicano il contesto storico in cui l’autore ha composto le sue opere. La seconda cosa interessante e affascinante è la struttura formale della sua scrittura, estremamente moderna e quindi stimolante da affrontare e riproporre sul palco. Noi Pirandello lo conosciamo per una certa tradizione che ce lo ha fatto vedere sempre in un certo modo. Secondo me invece bisognerebbe mettere da parte questa concezione e andare più in profondità e rileggere quello che ci ha lasciato: ci si rende subito conto che è un autore che non sta solo nella polvere della biblioteca. È un autore concreto, attuale che salta dalla pagina scritta per cercare di trovare anche una forma teatrale.

Che rapporto hai con lo spettatore?

È un rapporto molto diretto. Cerco di renderlo partecipe di quello che sta succedendo sul palcoscenico. Questo perché credo che, oggi più che mai, sia necessario ricucire un rapporto stretto e onesto con il pubblico, che ha bisogno di essere condotto ed essere interessato a quello che succede per far capire che il teatro, quando è fatto bene, non si rivolge solo agli addetti ai lavori ma può interessare e parla a tutti perché è universale.

Hai lavorato con Luca Ronconi, che cosa hai imparato dal grande maestro?

Per me è stato un grandissimo onore poter lavorare con lui e poter apprendere qualcosa. Mi ha trasmesso la grande passione per quello che faceva, la totale dedizione al lavoro. Questa è una qualità oggi molto rara. Dire in poche parole quello che mi ha lasciato è difficile. È stato lui che mi ha dato la possibilità, subito dopo l’Accademia, di interpretare personaggi importanti, dandomi grandissima fiducia. Sono cresciuto molto insieme a lui e ho sempre cercato di aderire a quello che lui mi chiedeva di fare. È rimasto un grande vuoto.

Al cinema sei stato recentemente protagonista di “Meraviglioso Boccaccio”, che esperienza è stata per te?

È stata molto interessante. I fratelli Taviani sono riconosciuti come dei maestri del cinema italiano. Per me comunque è stata un’esperienza non facilissima, ma stimolante. Anche in questo film c’è l’intento nobile, un po’ come nel mio spettacolo, di riproporre un autore del passato per scoprire quali risonanze può avere nel contemporaneo.

Tra teatro e cinema, che cosa preferisci?

Io assolutamente il teatro. Il cinema, quando ti capita di fare esperienze felici dal punto di vista creativo, ti può lasciare tanto, però è sempre un servizio che fai a qualcuno, in ogni caso. Al teatro se invece ti chiama un regista, la responsabilità di quello che fai sul palcoscenico è sempre la tua. Questa dimensione e questo rapporto così stretto con gli spettatori, te lo può dare solo il teatro. Poi mi sento incline, da un punto di vista proprio etico (ride, ndr.), più alla dimensione del lavoro dell’attore all’interno del teatro… senza vizi, divismi e la frenesia del cinema. Preferisco il lavoro concreto giorno dopo giorno del teatro, perché se sei capace lo devi dimostrare ad ogni rappresentazione.

Che cosa c’è nel tuo futuro?

A Maggio sarò nuovamente in scena con “Lehman Trilogy” al Teatro Piccolo di Milano e questa estate sarò sul set di un film a Torino. Si tratta dell’opera prima di Irene Dionisio, dal titolo “Le ultime cose”. Sono molto contento di parteciparci. Per il resto continuerò a dedicarmi al teatro, con spettacoli fino al prossimo anno.

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