di Manuela Ballo
“Apro i giornali e leggo che” i giovani sono attratti dalla musica per così dire dei “vecchi”. Non è una novità, già negli ultimi mesi il revival di vecchie canzoni del passato era saltato all’occhio e lo si era notato in diversi settori: dai social alla pubblicità fino ad arrivare, come dimostra questo caso specifico, a penetrare in numerose piattaforme come quella , molto amata dalla generazione dei nati tra il 1997 e il 2012: Tik Tok. Questa volta il cantautore che è diventato virale è stato, per l’appunto, Adriano Celentano. Hanno scelto, non una delle sue ultime produzioni, ma un brano del 1979: “Amore no” che , almeno per il momento, ha raggiunto circa 21mila condivisioni.
Adriano Celentano non rappresenta un caso isolato, prima ancora, molti personaggi famosi erano finiti dentro questo schema: Mina con “Ancora”, Gino Paoli con il brano “Il cielo in una stanza” riutilizzato più e più volte, tanto da averlo reso stantio, anche dalla comunicazione pubblicitaria nelle sue diverse versioni, ora di Mina ora di Franco Simone.
Negli ultimi mesi e nelle ultime settimane i pubblicitari si sono poi scomodati a tirar fuori dalla discoteca un Gianni Morandi delle origini con “Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte” per invitare ad un uso corretto del riciclaggio del vetro e addirittura “La storia siamo noi” di Francesco De Gregori per magnificare le imprese dell’Enel.
Bisogna dunque interrogarsi sui motivi e sulle cause che hanno portato le agenzie di pubblicità a riscoprire e usare la musica cantautoriale. Scegliendo questi brani si rivolgono a pubblici differenziati: sugli adulti gioca l’effetto amarcord e sui giovani e giovanissimi l’effetto di suoni e parole diverse da quelle che ascoltano abitualmente.
A giocare un ruolo preminente, nella stragrande maggioranza dei casi, sono poi i Remix di dj di fama internazionale, che riprendendo “ vecchie melodie”, riescono a riportare in vita generi misconosciuti dai più giovani o comunque a dare nuova vita a musiche che hanno contribuito a fare la storia della canzone italiana. Alcuni esempi? Basti pensare al nome di Gabry Ponte con hit come “Centro di gravità permanente” del maestro Franco Battiato o ancora a “Geordie” di Fabrizio De André oppure a Bob Sinclar che spesso ha scalato le classifiche grazie a remix di brani come “Far l’amore” della Carrà o, più recentemente, “Ti sento” dei Matia Bazar.
A giocare un ruolo decisivo non solo i remix , ma anche la pubblicità che sta puntando sulla valorizzazione di brand, prodotti e aziende ricorrendo a canzoni appartenenti ad un mondo che potrebbe sembrare lontano dal nostro , ma che in realtà è molto più vicino di quello che potremmo pensare.
La musica, e i pubblicitari lo sanno bene, ha la capacità di rievocare ricordi sopiti e di suscitare emozioni. Sin dagli albori la pubblicità si è servita di jingle creati su misura o di musica d’ accompagnamento determinante per la creazione di un legame tra pubblico e marca e per favorire la memorabilità del brand nel consumatore e soprattutto per provocare reazioni emotive e costruire un’immagine forte della marca.
Questi meccanismi vengono usati facendo ricorso a canzoni non di oggigiorno e non solo principalmente degli anni ’70-’80 ma anche a musiche della tradizione novecentesca. Qualche esempio? Tra tutti spicca la scelta fatta dal marchio Dolce e Gabbana con la memorabile canzone “Parlami d’amore Mariù” di Achille Togliani che è entrata nuovamente nelle nostre case attraverso la pubblicità di un loro profumo o con il celebre brano di Massimo Ranieri “O surdato’ Nnamorato” utilizzato in un’altra delle loro numerose pubblicità.
Altri Brand si sono serviti di canzoni che sembravano passate di moda ed è anche grazie a loro che questi brani hanno potuto risalire la scala delle classifiche e tornare a far parte della nostra quotidianità. Penso a Carpisa che, pochi mesi fa, faceva girare per sponsorizzare il suo marchio la canzone della Donatella Rettore “Splendido splendente” . Un caso ancor più emblematico è stato offerto dalla piattaforma Netflix che, sapendo che ci sarebbe stato da li a breve il Festival di Sanremo, pubblicava sui suoi canali uno spot geniale nella quale era riportata una frase:“lo sappiamo, questa settimana guarderete altro. Noi ci rivedremo a partire dalla prossima” pubblicità accompagnata da “Ritornerai” di Bruno Lauzi.
Nomi che potrebbero sembrare sconosciuti ai giovani che non hanno vissuto il clima di quegli anni o ai quali quegli anni non sono stati narrati da genitori e nonni. Tuttavia, grazie a questi meccanismi ritornano e lo fanno in grande stile. Specie con il digital marketing e con il potere dei social che ne permettono la rapida condivisione attraverso i reel.
Tutti casi calzanti emblematici di come anche a distanza di tempo ciò che poteva apparire come qualcosa di superato, stantio o lontano possa in realtà essere apprezzato da chi oggi vive la musica in maniera del tutto diversa. Probabilmente la musica di oggi non presenta lo stesso grado di coinvolgimento o risulta poco adatta a trasmettere messaggi mirati e con un forte potenziale evocativo. Sarà per via dell’omologazione musicale degli ultimi anni, sarà forse perché anche i più giovani non avendo vissuto quegli anni vorrebbero percepirne ugualmente il clima, sarà perché i messaggi che quelle canzoni trasmettono risultano più intimistici cosa che magari non si ha nelle recenti uscite del panorama musicale. Sarà quel che sarà.
Sta di fatto che ai giovani questa musica interessa e il fenomeno è diventato più evidente con l’avvento di alcune piattaforme come Instagram e la già citata Tik Tok. Tutto questo può servire a proporre dei generi del passato così da evitarne l’oblio. Ben venga perciò quest’uso della musica che solo apparentemente si piega al mercato.