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La “prima” della Scala tra #metoo, mascherine, Bolle, cinema e Gramsci

Michela Murgia alla “prima” con arie d'opera senza pubblico in sala: “L’ipocrisia borghese nega la libertà alle donne”. Spiazzante vedere il teatro vuoto e cantanti a beneficio di riprese tv

La “prima” della Scala tra #metoo, mascherine, Bolle, cinema e Gramsci
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7 Dicembre 2020 - 18.13


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La “prima” della Scala va senza pubblico con parata di cantanti e scene d’opera come fossero rappresentazioni regolarmente in scena. In una serata titolata “A riveder le stelle” e con lo spettacolo diretto da Riccardo Chailly sul podio e con il regista David Livermore che ha inventato una sequenza di allestimenti-lampo per ogni aria, il teatro lascia spazio a temi sociali. Vuol dire che vuole sintonizzarsi con il clima di questi tempi. Lo spettacolo vede i e le cantanti in brani in costume, scenografia e tutto quanto come fosse una situazione quasi normale senza fingere che lo sia. Il fondale anima la serata e l’intervallarsi dei cantanti con proiezioni e citazioni, da Fellini a Hitchock fino a una Casa Bianca rivisitata e in fiamme. Brani d’autore intervallano i numeri musicali: una poesia di Cesare Pavese (“La morte avrà i tuoi occhi”, Montale (“Ho sceso, dandoti il braccio, un milione di scale”) e Gramsci con il suo passaggio “Odio gli indifferenti”.

La “prima” alla Scala vuota, un gala tv e web che non “misura” la politica.

Un messaggio esplicito è affidato alla scrittrice Michela Murgia che, in un interno del teatro, tenta un’operazione ardita e corretta: riporta l’opera a quello che era nell’800 e primo ‘900, una forma d’arte popolare, non per le élite di cui la Scala stessa è diventata emblema. E il luogo ufficiale non le fa minimamente arretrare sulle sue battaglie e convinzioni. Anzi: utilizza l’ufficialità per ricordare principi di giustizia ed eguaglianza. Statene certi: ci sarà che le scaricherà addosso parole di rabbia e astio, per non dire – speriamo di essere smentiti – di odio. Ma lei non si fa intimidire.

“Tre categorie devono molto all’opera – rammenta la scrittrice – Servitori, poveri e donne. Gli autori ne prendevano le parti esponendo i potenti al giudizio sociale”. Michela Murgia cita Britten, autore sempre attento alle sofferenze degli emarginati, degli outsider e ribadisce: “Alle donne e attraverso le donne l’opera lirca trasmette i suoi messaggi più rivoluzionari”. Prende a esempio “Madama Butterfly” di Puccini, dove la donna soffre di un amore per un uomo che ha approfittato di lei e l’ha mollata, di “Tosca” che “anticipa il #metoo e smaschera il potere”, cita le “Nozze di Figaro” di Mozart. E poi: “La Traviata di Verdi mette alla berlina l’ipocrisia borghese” dove “alle donne è permesso tutto tranne la libertà”. Allora? “Il palcoscenico diventa laboratorio di possibilità – continua la scrittrice – C’è un filo d’oro nei libretti d’opera: è l’eterna grido di giustizia di chi non ha voce, si è trasformato in un acuto potente che ha spezzato certezze cristalline”. E conclude: “L’arte immagina un mondo dove le opportunità di essere felici appartengono finalmente a tutti e tutte”.

Chailly in mascherina e senza applausi o fischi: straniante
Chailly sul podio in mascherina come buona parte dell’orchestra (ovviamente non i fiati) fa un effetto straniante come è straniante non sentire applausi, o fischi, al termine di ogni aria. Le invenzioni registiche di Livermore, con ricorso a proiezioni elettroniche sul fondale e citazioni cinematografiche da Fellini a Hitchock, riescono a dare vivacità a una formula alquanto vetusta come la sequenza d’arie una dietro l’altra dei gala lirici dove i cantanti non duettano, non si cimentano con il coro, gli altri personaggi, la storia. È straniante la situazione, è straniante vedere il direttore in platea che volge le spalle ai cantanti, è il tempo del Covid, c’è poco da fare.

Da Bolle che danza l’elettronica alla Casa Bianca in fiamme
Originale il numero di Roberto Bolle che in un fascio di luce danza all’elettronica di Davide Boosta Di Leo, fondatore dei Subsonica, e prosegue sulla musica di Erik Satie. Mentre l’aria di Jago dall’Otello di Verdi “Credo in un Dio crudel” vede come sfondo una Casa Bianca dalla facciata che va in pezzi e l’interno in fiamme. Ogni possibile riferimento a Trump è puramente casuale?

Alla fine della “prima” resta la domanda: chi non frequenta l’opera verrà attratto verso questa ricchezza musicale e culturale con una formula simile, dove l’opera viene somministrata in tanti bocconcini prelibati ma ognuno a sé stante? Certo la Scala ha sciorinato un parterre di calibro alto e non sono mancati molti momenti toccanti. Tutti confidano e sperano di tornare allo spettacolo dal vivo. Una prima così non è la prima scelta per nessuno. Probabilmente però ricorrere al web e alla tv sarà sempre più necessario.

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