Eugenio Bennato lancia un nuovo disco, che è quasi una Babele: i brani del cantante raccontano infatti di terre lontane, storie inaudite, viaggi in paesi molto diversi tra loro. Il 20 ottobre esce Da che sud è sud:”Il disco rispecchia i miei ultimi anni, i viaggi nel mondo per i concerti e chi ho incontrato”, spiega il cantautore napoletano, che ha infuso storie, persone e terre lontane dal Sudamerica all’Estremo Oriente in ognuno dei 12 brani.
Come ‘Mon père et ma mère’: “Alla fine di un concerto a Tangeri incontrai un ragazzo del Camerun che dopo aver attraversato il deserto per arrivare in Europa era stato fermato in Marocco. Mi consegnò un bigliettino con la frase ‘Mio padre e mia madre si sono conosciuti in galera, l’eredità che mi hanno lasciato è la miseria’. Mi è sembrata perfetta da dedicare a chi cerca di attraversare le frontiere, che ancora separano cittadini di serie A e di serie B”.
Perfino più autobiografico lo spunto di ‘Eugenia e Hajar’: “Si tratta di mia figlia, che ha frequentato le elementari a Tangeri, e della sua migliore amica, una ragazza marocchina, due adolescenti che non comprendono perché per gli adulti esistano barriere”. ‘Angelina’ riprende invece quel brigantaggio che Bennato canta dagli anni ’70: “Tutto nasce da un documento dell’esercito del 1862 che testimonia la fucilazione di Angelina Romano, una bambina di 9 anni accusata di brigantaggio, ma si riferisce a tutte le vittime innocenti delle guerre”. A riflettere questo crocevia di volti sono le diverse lingue che si affiancano all’italiano, come francese, arabo classico, inglese, latino e portoghese: “Questo è il presente che viviamo. La musica è il più efficace ponte tra culture, e in particolare quella del Mediterraneo permette di sfatare diffidenze, suonare ad Algeri o Beirut e trovare persone che ascoltano con attenzione”. L’insieme di voci è anche frutto di un lavoro collettivo, dagli interventi potenti di Pietra Montecorvino della title track all’ensemble Le voci del Sud sul finale ‘mozartiano’. Lo stile meticcio evidente in brani come il singolo ‘No logic song’ incorpora rock e gospel, America Latina e Nord Africa, e va oltre la logica del revival folk: “Magari certi accostamenti faranno storcere il naso ad alcuni, ma la sopravvivenza della musica è legata alla sua capacità di spiazzare e raccontare la realtà: oggi la realtà non è quella della taranta classica”. Per Bennato non si tratta di rinnegare le tradizioni popolari, di cui anzi celebra l’impatto e cui allude in brani come ‘Canzone di periferia’ o ‘Questa non è una festa’: “E’ un’alternativa alla sottocultura televisiva dominante, una rivoluzione di gente che partecipa”. Piuttosto, il maestro della Nccp e pioniere del nuovo folk meridionale vuole lanciare un monito contro la staticità: “La Notte della taranta è stata una conquista, ma devono intervenire autori contemporanei capaci di inventare un linguaggio nuovo, altrimenti verrà sommersa dalla ripetizione. Il flamenco sfondò grazie a personaggi osteggiati dai tradizionalisti come Paco De Lucia: io mi trovo in imbarazzo di fronte a giovani che suonano tammurriate come fossero già vecchi”. Il tour di Eugenio Bennato partirà da Milano il 25 novembre (Auditorium Fondazione Cariplo) per toccare poi Napoli (Teatro Diana, 4/12) e ancora tra dicembre e aprile Bari, Firenze, Roma e Sanremo.