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Da Chopin a Morricone: con la musica i detenuti riscoprono la libertà

Una rete unica al mondo di audioteche in carcere; 3 anni di sperimentazione; migliaia di ore di ascolto.

Da Chopin a Morricone: con la musica i detenuti riscoprono la libertà
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8 Giugno 2016 - 15.02


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Una rete unica al mondo di audioteche in carcere realizzate in 12 istituti di pena di altrettanti capoluoghi di regione. Tre anni di sperimentazione in 4 carceri italiane, 150 ore di lezione, con musicisti professionisti, in ogni istituto e 15 mila ascolti nella seconda fase del programma. Sono questi i numeri di “CO2 – Musica per stati d’animo” il progetto sostenuto dalla Siae, rivolto ai detenuti e partito da un’idea dell’ex chitarrista della Pfm (Premiata Forneria Marconi), Franco Mussida che ne è anche coordinatore.

“C’è modo e modo di ascoltare la musica – spiega Mussida -. Dopo tre anni di sperimentazione in 4 carceri italiane con il metodo usato nel progetto CO2, è stato confermato che l’ascolto consapevole e non distratto della musica registrata, appartenente ai generi più diversi, consente ai detenuti di rimettere in moto un ‘sentire’ atrofizzato da anni di detenzione”.
A dirlo sono i risultati che il 13 giugno il dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Pavia esporrà durante il convegno ‘Le chiavi nascoste della Musica’. Tre anni in cui un centinaio di detenuti nelle carceri di Opera, Monza, Rebibbia Femminile e Secondigliano, assistiti settimanalmente da musicisti, hanno svolto un percorso di ascolto personalizzato di migliaia di brani di sola musica strumentale, secondo il proprio temperamento, da assimilare e valutare in modo esplicito, anche emotivamente.

Le composizioni sono inserite in speciali audioteche che, attraverso un software, consentono ai detenuti di arrivare alla musica dopo aver stabilito lo stato d’animo in cui desiderano immergersi, lasciando poi che siano le note stesse ad accompagnarli verso quello spirito.

“Attraverso la genialità di grandi musicisti di tutti i tempi – è stata la felice intuizione di Mussida – la musica offre il suo potere educativo e sensibile a chi ha perso o smarrito la capacità di ‘sentire’. Da Mozart a Ravel, da Bach a Chopin, passando per Chet Baker, Benny Goodman, le grandi Big Band americane, dallo strumentismo raffinato di Jeff Beck, Carlos Santana, Kenny G, Miles Davis, alla musica progressive ed elettronica strumentale, passando attraverso le colonne sonore di Rota, Morricone, Zimmer, Williams, fino alle versioni strumentali per orchestra delle più belle canzoni, dai Beatles alla tradizione Napoletana.

Sono più di 2 mila i brani codificati in 9 grandi famiglie di stati d’animo (stabile, chiuso, malinconico, sereno, dubbioso, calmo, gioioso, nostalgico, innamorato) che rimandano a due sottogruppi per un totale di 27, offerti sotto forma di Emoticon”.

È già attivo sul web il sito che permette a tutti di suggerire brani della storia della musica strumentale di tutti i generi. Ciascun brano porta il nome del primo suggeritore. Tra le decine di musicisti i primi ad aderire sono stati Paolo Fresu, tutti gli insegnanti del Cpm Music Institute (che coordina l’iniziativa) e alcuni del Conservatorio Santa Cecilia di Roma.
Tra gli amici del progetto molti personaggi noti, come Stefano Bollani e Roberto Vecchioni che sarà tra i relatori del Convegno di Pavia. “Il progetto CO2 – spiega Luigi Pagano, il dirigente del Ministero che ha dato avvio al progetto, oggi Provveditore regionale di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta – mira ad offrire momenti di raccoglimento, pause di libertà in carcere, utilizzando il ‘non luogo’ della musica, che ha anche la finalità di ricomporre il rapporto con gli altri, attraverso la creazione di gruppi di ascolto.

Il senso del progetto è la creazione di azioni artistico-musicali orientate alla percezione dei valori interiori dell’individuo che sappiano realizzare un clima di maggiore tolleranza nei confronti della diversità e smorzare le sorgenti dell’odio e del risentimento che nei detenuti si allargano, a cagione dei luoghi di detenzione, quasi per riflesso meccanico.
L’intento è lasciare che la musica si ‘infiltri’ nelle persone, agisca come un balsamo interiore che quieta le sorgenti dell’aggressività, favorendo il riannodarsi di nuovi fili di speranza nel rapporto con l’elemento sociale”.
I risultati del progetto? Sono nelle parole di Patrice, detenuto del carcere di Monza:

“Ho sempre usato e usufruito della musica come sottofondo della mia vita. Immaginare soundtrack per vari pezzi della mia storia personale. Solo nel più profondo dolore ne sono stato incapace e mi rifugiavo nel silenzio. Poi succede, accade. Inaspettata una nota o una melodia che trascina il tuo subconscio, lo slega e fa respirare i tuoi occhi. Ora in questa detenzione non ho la musica che vorrei, ma grazie al progetto e alla disponibilità del docente sono riuscito a scaldarmi in piccoli angoli di libertà sonora. Calore. Soprattutto quello”. (Teresa Valiani)

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