”Io esisto solo se si alza il sipario. Fare uno sciopero è come se mi suicidassi. Se arrivo a questo è solo per lavorare con dignità”. Con queste parole Vincenzo Bolognese, primo violino nell’orchestra del Teatro dell’Opera di Roma, tra i professori aderenti allo sciopero proclamato dai sindacati Slc-Cgil e Fials-Cisal, ha spiegato le ragioni dello sciopero che ha coinvolto le rappresentazioni della Bohème alle Terme di Caracalla. ”Non chiedo più soldi e non sono un ribelle: la mia motivazione è esclusivamente di natura artistica. Non sono un lavativo, ma non posso pensare di andare in buca e proporre un prodotto di qualità scarsa”.
La scelta di scioperare dunque è stata sofferta, ma consapevole: “Con la crisi e tanti che non hanno lavoro il pubblico forse non comprenderà le nostre ragioni – ha ribadito -, ma lo sciopero è l’unica forma di lotta legale”.
Sulle motivazioni che hanno spinto gran parte dei componenti dell’orchestra ad aderire a questa forma di protesta ha dichiarato: “Chiediamo concorsi regolari per ampliare gradualmente l’organico dell’orchestra in modo che si arrivi alle 117 unità concordate anni fa da Teatro, Comune, Ministero e parti sindacali. Ci chiamano irresponsabili ma noi vogliamo solo poter lavorare in condizioni normali, degne di un Grande Teatro.
“Ma cambiare ogni volta organico – ha fatto notare Bolognese – significa impedire che si crei affiatamento nell’orchestra, senza contare che la chiamata diretta non sempre è sinonimo di eccellenza”.
Inoltre ha sottolineato Bolognese esiste un rapporto difficile tra tra la Fondazione del teatro e i lavoratori: “Fuortes si è sempre rifiutato di incontrarci, mandando altri al suo posto; nelle pagine che ha presentato come piano industriale non c’è alcuna rassicurazione numerica sulla pianta organica, così come risulta che non ci sia nell’accordo firmato da Cisl e Uil con la Fondazione”.
“Noi stiamo lottando per tutti i posti di lavoro – ha concluso il primo violino dell’Opera di Roma – ma questo nessuno lo dice, i giornali hanno scritto bugie, solo Il Tempo ha pubblicato una giusta analisi dei fatti. L’obiettivo di tutti dovrebbe essere uno solo: garantire che il teatro tra 50 anni esista ancora”.
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