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'Andare per i luoghi del cinema': un libro come una guida di viaggio

Una traversata della penisola in trentacinque millimetri quella scritta da Oscar Iarussi. Che partendo dai set più famosi, ci conduce per mano in un'Italia che è quinta di storie e sentimenti

'Andare per i luoghi del cinema': un libro come una guida di viaggio
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2 Dicembre 2017 - 14.17


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di Enzo Verrengia

«Esterno, giorno», oppure «esterno, notte», e su una sceneggiatura viene sintetizzata un’ambientazione che soltanto gli spettatori apprezzeranno sul grande schermo. Perché il cinema è anche lo spazio geografico delle riprese, segnato dal racconto per immagini che vi si svolge. Oscar Iarussi lo trasforma in un itinerario e insieme una guida della memoria con “Andare per i luoghi del cinema”.
L’autore non è nuovo a simili esperienze “on the road”. Di lui si devono ricordare “Ciak si Puglia” e “Visioni americane”. Nel primo la location regionale si dilata nell’immaginario visivo. Dal Gargano al Salento, dalla Daunia all’entroterra barese, più il coacervo variegatissimo di territori, la Puglia offre i vantaggi climatici e latitudinari di una Hollywood del Mediterraneo. Ne scaturisce la fotografia di una regione di prossimità, non di confine, come si vorrebbe in senso sottilmente denigratorio. Torna in mente una bella immagine cui ricorre il professor Franco Cassano. Chi si trova al centro di un foglio, non vede cosa c’è oltre. Chi ha la fortuna di collocarsi vicino al margine, ha lo sguardo sul resto. Dunque, se frontiera si deve intendere, è frontiera meridiana.
In “Visioni americane” Iarussi non si limita ad indagare, anche qui, sull’evidenza del viaggio. Cerca di continuo nelle pieghe di una cultura mai risolta, dove il “melting-pot” spesso diviene “boiler” ed esplode.
Oggi, con questa traversata della penisola in trentacinque millimetri, Iarussi restituisce l’Italia acquisita dalle cineprese a quanti non si sono perduti nell’altrove fatuo della rete e dell’immondizia digitale. Nel libro, la corrispondenza fra le località reali e quelle raffigurate dai registi diventa proustiana. La Venezia di tante escursioni in celluloide, dal neorealismo in poi, è come la Combray della “Ricerca del tempo perduto”, che nella realtà biografica e geografica del grande Marcel si chiama Iliers. La reinvenzione in pellicola cattura quella che James Hillman ha ben definito “l’anima dei luoghi”.
Ma il libro di Iarussi non si limita a enucleare suggestioni, forma invece una mappa precisa, che comprende, oltre a Venezia, Milano, Torino, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Palermo e Matera. Una sorta di decalogo che dal cinema si allarga al costume, ai retaggi, alla Storia. Narrazioni aneddotiche si alternano a ricognizioni strutturali. Nel capoluogo sabaudo c’è un impareggiabile Museo del Cinema che fa della Mole Antonelliana un santuario laico di pellegrinaggio, dove i minuti di coda sono indicati su un apposito cartello e non scendono mai al di sotto di un’ora. A Bologna si trova la Cineteca, altro irrinunciabile sito cultuale più ancora che culturale.
Di tutte le città che Iarussi ripercorre sub specie cinematografica emergono poi le connessioni cui tutti guardano in un’epoca di flusso continuo di dati. Finché ci si imbatte nel presente, ovvero quel tratto di concretezza che sfugge ai contemporanei. Allora ecco Bari delinearsi all’orizzonte della nave albanese carica dei disperati come l’America, o meglio “Lamerica” di Gianni Amelio. O ancora la Napoli caleidoscopica di Totò trascolorare nel cupo di Gomorra. Peggio ancora per la Palermo del Principe Salina e di Tomasi di Lampedusa, che è il nucleo pulsante della mafia nell’Italia dove tutto è cambiato perché tutto restasse com’era.
Niente nostalgie, dunque, ancora meno oleografie nel libro di Iarussi. Lo dimostra la Firenze che torna a ospitare la grande produzione hollywoodiana e funge da sfondo per gli effetti speciali di “Inferno”, di Ron Howard, dal best-seller di Dan Brown. Non si tratta solamente di repertorio aggiornato, bensì di testimonianza del fatto che l’Italia non è affatto il Paese della fuga dei cervelli e del crollo demografico. Per fornire tanto al cinema, vi persiste dalle Alpi al Mediterraneo, passando per gli Appennini, il fluido cinetico e contenutistico che alimenta il cinema, il quale, a sua volta è energia visuale. Non la morte in diretta, secondo l’espressione di André Bazin, al contrario, la vita nel suo coacervo di intelligenza, imprevisto e fisicità.

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