Il cinema è arte, cultura, libera espressione, critica, tutte cose che non possono essere apprezzate da un governo composto da autorità religiose. Orgoglio e gioia per le due Palme d’oro ottenute al Festival di Cannes dal cinema iraniano (migliore sceneggiatura e migliore attore protagonista) contagiano i social network, le prime pagine dei giornali in lingua Farsi, la comunità degli artisti della Repubblica islamica e il leader riformista Mohammad Reza Aref.
Ma, al momento nessuna congratulazione è arrivata dalle massime autorità iraniane ai vincitori, il regista del film “The Salesman” (il venditore), Asghar Farhadi, e l’attore Shahab Hosseini. “L’onore che avete procurato al vostro popolo e al vostro paese e’ da apprezzare”, ha detto il leader riformista Aref, candidato, dopo i successi elettorali, a divenire il prossimo presidente del nuovo Parlamento, che si insedierà domani.
Meno ingessato, il commento di uno dei più popolari attori in Iran, Bahram Radan: “Spero che Dio dia la pazienza a coloro che vorrebbero che il cinema iraniano fosse morto e che, anzi, lo hanno dato per defunto da molto tempo”. Il suo è un riferimento indiretto all’ostilità con cui le autorità religiose iraniane guardano al cinema e ai suoi possibili messaggi “eversivi”.