Se volete disintossicarvi dalle commedie all’italiana che i soliti noti ci propinano da più di vent’anni e se cercate qualcosa di veramente originale, che riesca a specchiarsi nella realtà di oggi con un candore contagioso ed un’idea di cinema che vuole dire qualcosa di nuovo allora accettate l’invito del film Vieni a vivere a Napoli.
Tre episodi per un melodramma multietnico in crescendo. Si parte dall’episodio di Guido Lombardi, il più legato alla tradizione della comicità napoletana dove un portiere scansafatiche e faccia di bronzo, interpretato da un grande Gianfelice Imparato, si prende cura a suo modo di un bambino cinese, che la madre gli affida quando è impegnata nel suo lavoro. Protagonista assoluta del secondo episodio interpretato dall’esordiente Valentina Lapushova e diretto da Francesco Prisco è una badante ucraina, che dopo essere stata cacciata su due piedi dal suo datore di lavoro deve affrontare in un percorso ad ostacoli che a tratti si colora di epica suspence una notte piena di sorprese, con un colpo di scena finale. Con il terzo episodio diretto da Edoardo de Angelis il film prende il volo nel racconto quasi surreale di un barista cingalese alle prese con una cantante neomelodica ed il suo manager.
Un piccolo gioiello che vorresti non finisse mai, dove nell’improbabilità del tutto scopri un talento visionario capace di reinventare gli archetipi del cinema napoletano. Una felice riscoperta della superiorità del cinema nel rappresentare la realtà ed un ‘manifesto’ convincente della vitalità della scuola partenopea.