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Rising Star: Maria Rosaria Russo

Rising Star continua ad arricchirsi di artisti emergenti. Questa settimana, la protagonista della gallery dei nuovi volti dello spettacolo è Maria Rosaria Russo.

Rising Star: Maria Rosaria Russo
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17 Marzo 2016 - 10.25


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di Nicole Jallin

Molisana, di Termoli, ma destinata appena maggiorenne a Bologna, causa studi universitari e laurea in Economia e Commercio, Maria Rosaria Russo, istinto attoriale serio, e assorta dedizione, nutre parallelamente la passione per la recitazione. Anzi, la nutre da prima, da molto prima: «Ho sempre voluto fare l’attrice, sin da piccolina. Nonostante il no categorico di mio padre, e nonostante l’impegno curricolare e la fatica di studiare materie così distanti dal mio interesse come sono quelle economiche. Ho anche provato ad allontanarmi dalla mia passione, ma non ci sono riuscita: mi sono iscritta di nascosto alla Scuola Alessandra Galante Garrone di Bologna, mantenendomi da sola gli studi e tenendoli clandestini fino al diploma. Allora lo dissi a mio padre, e lo invitai al mio primo spettacolo: venne a vedermi e si rassegnò».

Passione irrinunciabile, quella per il teatro? «L’emozione del palcoscenico è unica, indescrivibile. A teatro mi sono formata, e al teatro mi sono dedicata totalmente per molti anni; poi ho dovuto sacrificarlo per un po’, ma ora, sinceramente, non vedo l’ora di ritornare da questo primo grande amore». E tra “Gino non si tocca più”, regia di Gianluca Ansanelli; “Non è solo una battuta”, diretto da Gabriele Cirilli; “Tormiento Sexy Circus”, “Roncofritto show”, “Roncofritto Global Show” e “Motonave Cenerentola”, tutti a firma di Daniele Saba, Maria Rosaria ricorda con commozione “Le parole non contano”, scritto da Valentina Capecci e diretto da Giulio Manfredonia: «Uno spettacolo e un testo che porto nel cuore perché mi tocca intimamente: tratta del rapporto padre-figlia ed è stato come vivere sulla scena un riflesso di me stessa: mi ha permesso di affrontare il mio personale rapporto genitoriale. Ricordo che mio padre si emozionò molto quando lo vide».

C’è anche un periodo particolarmente ispirato nel percorso artistico e – per coincidenza -personale di Maria Rosaria, che genera un inedito e inatteso risvolto autoriale, e formalizzato, appena diventata mamma, in una commedia teatrale: «Non ho intenti o ambizioni drammaturgiche, ma sentivo l’esigenza di scrivere questo spettacolo (già depositato alla SIAE, e che vorrei presto mettere in scena) sull’ipocondria, o meglio, sul mal di vivere di un oggi tormentato dal terrore di soffrire. Un testo che potrei riassumere come la fotografia di una parte importante della mia vita, e ritratto di un tema a me vicino che dovevo esorcizzare con la scrittura. Però lo faccio in chiave quasi comica: una scelta strana e sorprendente (anche per me). E sulla stessa tematica ho scritto anche un corto (pronto anche quello, sono in attesa delle concessioni ministeriali), ma questa volta in termini drammatici. Perché ho lavorato a queste due stesure? Avevo in testa immagini, pensieri, parole che dovevo cacciare fuori. Necessariamente».

La carriera di Maria Rosaria incontra presto anche il cinema, con “Prima dammi un bacio” di Ambrogio Lo Giudice; “Chiudi gli occhi”, di Simone Feriani; e ancora “Amore, bugie e calcetto” di Luca Lucini; e prosegue anche l’assai proficua collaborazione con Giulio Manfredonia, che la dirige in “Tutto tutto niente niente”, “La nostra terra”, e “Si può fare”, per lei, prova d’esordio: «Ho avuto la fortuna di debuttare con questa pellicola splendida su una cooperativa di disagi psichiatrici. Una commedia divertente dove si piange e si ride sulla malattia senza scherno né volgarità. Un lavoro che ho amato spasmodicamente e che si è guadagnato la partecipazione al Festival del Cinema di Roma, il David di Donatello, sei mesi di proiezione, uscite a Tokyo, e la vittoria al Festival del Cinema di Shanghai. Insomma, direi che è stata un buona prima volta».

Ma, grande presente nella vita artistica dell’attrice termolese, è la televisione, con tante, tante serie e film TV come “Medicina Generale”, “Distretto di polizia 6”, “La squadra 7”, “Il commissario Rex”, “Rino Gaetano”, e altri. E da stasera, giovedì 17 marzo, vestirà i panni legali della nuova PM Lucrezia Volpi, nella decima stagione di Don Matteo: «Un personaggio dal carattere duro, durissimo, che metterà a dura prova la pazienza dei suoi collaboratori, al limite dell’astio, direi. Ma ci sono in lei punti deboli, fragilità sotto questa rigida corazza femminile che vanno compresi e sciolti. Quando interpreto un personaggio vado sempre a cercare vulnerabilità, comprenderne i limiti: m’interessa scoprire le debolezze che determinano le sue azioni, e che definiscono la loro forza». Una serie seguitissima con costanti record d’ascolti. Che esperienza è per te? «Meravigliosa e fortunata, perché ho lavorato con grandi attori, a cominciare da Terence Hill che ha la capacità di toccarti corde emotive con una delicatezza straordinaria. E sopratutto ho trovato una vera e propria famiglia di lavoro (tutti compresi, artisti e tecnici) che mi ha accolto con affetto, stima, fiducia, e rispetto. Sono orgogliosa testimone di una serenità lavorativa davvero rara che consente a tutti di dare il massimo, sempre. Parlo di questa esperienza con tanto entusiasmo. Lo dico, lo ribadisco, e soprattuto lo rifarei e rifarei con grande gioia».

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