A soli 31 anni moriva nel 1926 Rodolfo Valentino | Giornale dello Spettacolo
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A soli 31 anni moriva nel 1926 Rodolfo Valentino

Il primo vero divo del cinema moriva 89 anni fa portando con sè anche il primo cinema muto. Bello e affascinante ha stuzzicato la fantasia delle donne di mezzo mondo.

A soli 31 anni moriva nel 1926 Rodolfo Valentino
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23 Agosto 2015 - 17.15


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Il 23 agosto del 1926 scomparve a New York Rodolfo Valentino, che portò con sè anche la prima era del cinema. Rodolfo Pietro Filiberto Raffaello Guglielmi, poi divenuto in arte Valentino, è stato uno dei più grandi divi cinematografici e il primo grande sex symbol.

Il divo americano era di origini pugliesi: nato a Castellaneta, in provincia di Taranto, da padre italiano e mamma francese. A 18 anni, dichiarato inabile al servizio militare, con diploma alla mano partì per l’America in cerca di fortuna. ‘Non aveva un soldo’ in tasca ma grazie alle sue attitudini fisiche riuscì a farsi largo nel mondo dello spettacolo. Bello, dal fascino irresistibile, gran ballerino, amante passionale e dotato di uno sguardo magnetico, iniziò, dapprima, a lavorare nel mondo della danza per poi approdare nel 1917 agli Studios di Hollywood.

Era il 1921 quando arrivò per Valentino il primo grande successo, con “I quattro cavalieri dell’Apocalisse”.

A seguire: “Lo sceicco” del 1921, “Sangue e Arena” del 1922, “L’Aquila nera” del 1925 e “Il figlio dello sceicco” che uscì dopo la sua prematura morte avvenuta nel 1926.

A soli 31 anni, all’inizio di una carriera impeccabile, e che sarebbe potuta evolversi solo in meglio, Rodolfo Valentino fu stroncato da una peritonite fulminante. I funerali si svolsero in pompa magna in un delirio collettivo mai verificatosi prima. Un doppio corteo fu organizzato per il divo: uno a New York e uno a Los Angeles.

Il suo fascino è stato indiscusso tanto che le donne, giovani e meno giovani s’infilavano nel suo letto quando era ancora Rodolfo Guglielmi, in quel di Castellaneta, e continuarono a Parigi e poi in California.
Valentino riusciva a superare anche il concetto di divismo.
Nella definizione di Orson Welles sull’appeal maschile, venivano individuati due aspetti dell’erotismo: uno era la capacità di stuzzicare la fantasia delle donne, e l’altro, l’identificazione da parte del pubblico maschile.
Il divo pugliese andava oltre ogni definizione e concetto definito, era il supereroe del sesso, e non solo nei suoi film, ma anche nella vita.

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