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La dolce Anita

Se ne è andata in punta di piedi e in solitudine a 83 anni. Un'attrice che verrà ricordata per sempre, bella, sensuale, di talento. [Francesco Troncarelli]

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11 Gennaio 2015 - 13.25


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di Francesco Troncarelli

“Marcello come here”. Ci sono delle frasi di film che sono entrate nell’immaginario collettivo e hanno conservato nel tempo il fascino della scena in cui sono state pronunciate. Frasi e soprattutto protagonisti di quei momenti rimasti impressi nella memoria del pubblico. Sicuramente Anita Ekberg che se ne è andata in punta di piedi e in solitudine a 83 anni, è una di questi protagonisti, una di quelle attrici che viene subito ricordata per certe parole e per certe inquadrature.

E non poteva essere altrimenti, perché la Ekberg che da Miss Svezia era approdata a Hollywood come la sua conterranea illustre Greta Garbo, in cerca di gloria e successo, era una donna bella che non passava inosservata, un attrice che puntava tutto sul fascino e sulla fisicità in attesa di maturare anche come interprete e che proprio per le sue appariscenti doti, folgorò Federico Fellini.

Il regista vedendola su un rotocalco, la volle a Roma nel cast del film che sarebbe diventato un capolavoro, praticamente nel ruolo di sé stessa, fornendole così su un piatto d’argento quella notorietà internazionale che avrebbe dato un’ulteriore spinta alla sua carriera iniziata in film brillanti con Gianni e Pinotto e Jerry Lewis e Dean Martin e che poi sarebbe proseguita con film di genere e dal facile successo commerciale.

“La Dolce vita” di Federico Fellini, pellicola che ha segnato un’epoca e che ha accompagnato con la sua storia anticipatrice di mode e modi di vivere, la trasformazione dell’Italia da “paese” legato al piccolo mondo antico postbellico a nazione proiettata verso il futuro e la modernità fu in definitiva la pellicola che fece diventare la Ekberg un nome importante nella storia del cinema e in quegli anni anche il simbolo stesso del boom economico che stava arrivando.

Musa di Fellini e ispiratrice di quella dolce vita cui aspiravano tutti gli italiani, Anitona, come la chiamavano tutti in onore della sua fisicità esplosiva o “Ghiaccio bollente” secondo i gorgheggi che le aveva dedicato Tony Dallara, divenne dopo quella acclamata pellicola, una vera e propria icona della femminilità’, palese oggetto del desiderio del pubblico maschile e personaggio seguitissimo dai lettori dei rotocalchi.

Un pregio ma inevitabilmente un limite. Col passare del tempo e l’inesorabile sfiorire della sua bellezza infatti, il cinema nel quale ha lavorato fino agli anni 90 senza più toccare vette di livello, si è dimenticato di lei, i suoi problemi di salute poi hanno contribuito a quella sua inevitabile “sparizione” dal giro.

La Ekberg, già femme fatale per antonomasia, ha vissuto così gli ultimi anni della sua vita in solitudine e con molti acciacchi, entrando e uscendo dagli ospedali. Dimenticata da tutti, nella scia di quel clichè perverso che vede dive e divi di un passato non tanto remoto, abbandonati a sé stessi e ai loro ricordi in bianco e nero. Un epilogo amaro e crudele, che non le ha reso giustizia e che aggiunge rammarico alla sua triste uscita definitiva dalle scene.

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