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La Rai ha bisogno di gente con la schiena dritta

I valori del servizio pubblico sono troppo spesso messi in cantina, traditi da un falso pluralismo di facciata e da ignobili marchette quotidiane.

La Rai ha bisogno di gente con la schiena dritta
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Nuccio Fava Modifica articolo

2 Giugno 2017 - 12.08


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Ricevo di primo mattino una chiamata da Bruxelles. E’ un collega ungherese dal cognome impossibile, conosciuto al congresso internazionale dei giornalisti europei ospitato in Italia ad Offida, in occasione dei 50 anni dell’Age, sezione italiana del movimento europeista. Il collega mi chiede preoccupato della crisi italiana, della condizione difficile di giornali e tv, soprattutto della grave crisi della Rai. Ignorata sostanzialmente da tutti durante gli incontri tra i partiti, assorbiti interamente dalle complicate questioni del “tedeschellum”e dall’urgenza di giungere al voto anticipato addirittura a settembre. Scelta poco responsabile considerando le ininterrotte “sparate”di Trump e ai tentativi di risposta della Merkel. La Rai è anch’essa in una difficile situazione da tempo, nel travaglio degli scontri di potere pilotati anche dall’esterno accresciuti di conseguenza dagli scontri all’interno dei vertici aziendali e dalla lotta inesauribile per le carriere. Sta qui la causa principale delle dimissioni del direttore generale Campo dell’Orto che pur frequentatore abituale dei raduni fiorentini e di amicizie governative consolidate, ha potuto addolcire in articulo mortis il suo abbandono, in un clima consiliare finalmente più disteso. Anche forse per la decisione esemplare di rinunciare alla buona uscita. Gesto tanto più apprezzabile dinnanzi alla difesa invereconda, sostenuta con ogni cavillo e ogni mezzo nelle scorse settimane da valenti protagonisti pluriennali del giornalismo televisivo. Clima dunque sereno nel consiglio con l’abbandono da parte dell’ex direttore generale, si accresce però l’incertezza pesante sul futuro dell’azienda. Considerando anche il recente dibattito referendario in vista della scadenza fondamentale del 4 dicembre scorso in cui la Rai non ha certo brillato per correttezza, completezza e vero pluralismo dialettico. Il dibattito prevalente nei tg e nelle trasmissioni che osano e presumono di considerarsi”la terza Camera della repubblica”sono state soporifere e preoccupate prevalentemente di non disturbare il grande manovratore, il grande affabulatore. Resta grave che governo, partiti, parlamento e lo stesso Quirinale ignorino nella sostanza una questione così delicata ed importante anche se complessa e difficile. Specie di fronte ad una campagna elettorale permanente, rissosa e contrastata, anche per “il solleone”che potrà surriscaldare demagogie, denigrazioni e sgambetti reciproci. Un gravissimo incidente-provocato dal Pd con l’accostamento fianco a fianco, in una videata unica del riconfermato segretario Pd e del grandissimo Francesco Totti. Fresco fresco del trionfo all’olimpico ed osannato da tutta la stampa, le radio, le tv e i social di tutto il mondo. Una vera caduta di stile se non una clamorosa vergogna e strumentalizzazione che ci aiuta a capire il modo peggio che farsesco con cui potrebbe svolgersi la campagna elettorale settembrina o ottobrina che sia. Le rappresentanze dei giornalisti non solo politico-parlamentari dovrebbero sentirsi ben più impegnate che mai a garantire al massimo il diritto costituzionale di ogni cittadino elettore ad essere informato correttamente sui veri problemi, senza strumentalismi, protagonismi, bellurie tecnologiche e quant’altro di mistificatorio e deviante rispetto alla verità della posta in gioco. Con fermezza andrebbero vietate rissa, urla e sforamenti nella durata degli interventi, anche se si tratti di Renzi e Berlusconi, di Grillo e di Salvini. Naturalmente anche riguardo ad Alfano, Bersani e Pisapia. La posta per l’Italia è davvero troppo alta ed il rischio della disaffezione e dell’astensione sempre in agguato. Non serve versare lacrime da coccodrillo dopo i guasti irresponsabilmente consumati e accusare i cittadini elettori di tentazioni populistiche e di rifiuto globale del sistema, se è la Rai per prima a fare un gioco poco trasparente, ambiguo o addirittura sporco. Non basteranno certo le pur gradevoli cerimonie di consegna dei ventagli con gli auguri di buone vacanze. Né le sagge e belle espressioni sulla importanza di una informazione davvero autonoma, libera e critica indispensabile alla vitale crescita di una sana democrazia. Bisogna praticarla concretamente giorno per giorno, restando i giornalisti –pur tra tanti limiti e tensioni continue- garanzia di libertà per tutti giornalisti insomma guardiani del potere, di ogni potere, solo e sempre nell’interesse generale. Dovrebbe essere dovere imprescindibile per tutto il mondo dell’informazione, obbligo deontologico e di coscienza per ogni comunicatore. Per la Rai soprattutto è necessaria quella speciale divisa- con i giornalisti sempre “con la schiena dritta”come amava dire il presidente Pertini-giornalisti capaci cioè di assicurare in permanenza quei valori fondamentali del “servizio pubblico”retoricamente troppo spesso declamati soltanto e con furbizia e convenienze varie, troppo spesso messi in cantina, traditi da un falso pluralismo di facciata e da ignobili marchette quotidiane. Con danno enorme specie per i più fragili ed indifesi, che dovrebbero invece essere principali protagonisti del dialogo e della reciprocità del processo informativo.

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