E’ uno degli attori più poliedrici e amati dello spettacolo italiano. E la sua grande popolarità è più che meritata, perché nella sua lunga carriera ha fatto di tutto: varietà, cinema, cabaret, teatro, televisione, radio e ha scritto anche libri. Lino Banfi che compie la bella età di 80 anni insomma, è uno di quei personaggi che viene considerato di famiglia, sia per la simpatia che ha profuso da sempre, che per la presenza discreta e mai ingombrante che ha contraddistinto il suo modo di essere. E’ come un parente a cui si vuole bene e si rivede sempre con piacere.
Il suo del resto è un successo che viene da lontano, fatto di tanta umile gavetta, di camere ammobiliate in affitto o anche vagoni in deposito per dormire e cappuccini e brioche per pranzo, quando in attesa di raggiungere la fama era la fame a farla da padrone. Banfi infatti ha iniziato a metà degli anni Cinquanta, trasferendosi “armi e bagagli” da Canosa a Milano come tanti meridionali in cerca di lavoro. Un cambio di passo alla sua esistenza per fare quello che gli riusciva meglio, il comico, l’attor giovine brillante, la spalla di chi dominava la scena, piccole caratterizzazioni nell’Avanspettacolo ruggente e caciarone, che sera dopo sera affinavano quello che sarebbe diventato il suo mestiere.
E pensare che sarebbe dovuto diventare prete (ce lo vedete?), avendo studiato al seminario su consiglio dei genitori, cattolici praticanti, che per lui auspicavano una tonaca e un lavoro di pastore fra le pecorelle smarrite. Ma l’esibirsi, fare le battute e raccontare le barzellette, per lui era più forte di una predica. Nacque così Lino Zaga, dalle abbreviazioni del vero nome ( Pasqualino) e cognome (Zagaria) così come era stato registrato al comune di Andria.
Ma con quel nome d’arte durò poco, perché fu spinto a modificarlo su consiglio di Totò, che riteneva che nel mondo dello spettacolo portasse sfortuna accorciare i cognomi. Zaga si trasformò così in Banfi, su suggerimento del suo impresario che la mattina faceva il maestro elementare (della serie, l’arte di arrangiarsi): il cognome fu preso dal primo nominativo del registro di classe dove la mattina insegnava.
Ecco Lino Banfi dunque, artista pugliese alla conquista dell’Italia, che porta in scena il suo repertorio di detti, modi di dire e giochi di parole tipici del suo paese (come continuerà a fare nel seguito della sua carriera), affidando le risorse della sua comicità irruenta e immediata al suo dialetto canosino, oltre che alla sua parlata buffa e originale. Un piccoletto a tutto gas e a tutte gags che diverte e si fa notare e che inevitabilmente approda a Cinecittà sotto l’ala protettiva di Franco e Ciccio suoi estimatori, in quel Cinema sempre alla ricerca di personaggi e caratteristi da inserire nelle produzioni senza pretese ma di sicura di cassetta che spesso uscivano direttamente nelle sale della “Seconda visione”.
Gira così un film dopo l’altro, ruoli da caratterista e a fianco di nomi più rodati, fino al debutto da protagonista assoluto in “Il brigadiere Pasquale Zagaria ama la mamma e la polizia”, B movie che incassa tantissimo e che lo lancia definitivamente. Banfi da quel momento è un nome da box office e così diventa uno dei protagonisti della Commedia sexy (accanto alle bellissime Edwige Fenech, Nadia Cassini e Barbara Bouchet), genere a metà tra l’avanspettacolo e la farsa con battute a doppio senso a gogò, che andrà a gonfie vele sino agli anni 80 e che gli darà una grande popolarità elevandolo da comprimario ad attore.
Arrivano così i film con registi come Luciano Salce, Fernando Di Leo, Nanny Loy, Steno e Dino Risi e pellicole considerate cult e che ancora oggi sono vendute nelle varie ristampe, come “L’allenatore nel pallone” (era il mitico Oronzo Canà, l’inventore della B-zona col modulo 5-5-5, a cui sono dedicati siti e pagine Facebook), “Cornetti alla crema”, “Fracchia la belva umana”, “Vieni avanti cretino”, “Grandi magazzini”, “Il commissario Lo Gatto”, “I pompieri” e “Scuola di ladri”.
Ma anche prove più mature in ruoli più intensi e a tratti drammatici, come quelli in “Vola Sciusciù”, “Il padre delle spose” e “Un difetto di famiglia”, a dimostrazione della sua crescita professionale e capacità interpretativa da artista di razza qual è, vera e propria garanzia per il pubblico e per chi decide di puntare su di lui per un progetto televisivo e cinematografico.
Ma Banfi che nella televisione ha trovato un nuova popolarità grazie alla conduzione di show come “Risatissima”, “Aspettando Sanremo” con Arbore e la partecipazione a serie molto seguite come “Il vigile”, è soprattutto Nonno Libero, il patriarca della famiglia Martini della fortunata fiction “Un medico in famiglia” giunta all’edizione numero dieci e che rivedremo in autunno su Rai Uno. Un personaggio cucito addosso su di lui, al quale Banfi ha regalato umanità e simpatia, conquistando anche la grande platea generalista del piccolo schermo.
Ed eccolo qui Lino Banfi al traguardo degli 80 anni che festeggerà in famiglia con la moglie Lina (sposata dopo la fuitina di nascosto in sagrestia alle sei di mattina, perche in chiesa non si poteva, sarebbe stato uno scandalo), i figli Walter e Rosanna e i nipoti. Nonno Libero e felice di nome e di fatto che ha rimandato la pensione a data da destinarsi.
Dopo la partecipazione al trionfale “Quo Vado” di Zalone, ha prodotto un film di un giovane regista, Ciro De Caro “Acqua di marzo”, che potrebbe andare alla Mostra di Venezia, ha ultimato il libro “Hottanta voglia di raccontarvi” e sta per lanciare il marchio “Bontà Banfi” con cui saranno indicati i prodotti tipici della sua terra con attenzione alla tracciabilità degli stessi. E soprattutto ha scritto una lettera aperta a Papa Francesco. Vorrebbe essere ricevuto ed essere così per un giorno il giullare del Pontefice. Sarebbe, ha detto, come vincere un premio alla carriera. Irresistibile Lino, non cambi mai, auguri.