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Addio Aldo Ralli, spalla della tv e del varietà

Era uno dei grandi caratteristi dello spettacolo. Da Macario a Lino Banfi, una lunga carriera. I film col Monnezza e la serie cult tv Classe di ferro. [Francesco Troncarelli]

Addio Aldo Ralli, spalla della tv e del varietà
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7 Marzo 2016 - 15.48


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di Francesco Troncarelli

Lo riconoscevi subito, il viso sempre sorridente e i modi eleganti, qualunque fosse il suo ruolo, lo notavi immediatamente per quel modo di recitare elegante e sornione nel porgere la battuta, magari molti non sapevano neanche il suo nome, ma Aldo Ralli che se ne è andato a 80 anni l’altro giorno, non se ne preoccupava più di tanto, perché, come spesso aveva spiegato, per lui era già un privilegio fare un lavoro che gli piaceva.

E di lavoro ne aveva “macinato” tanto il buon Aldo, uno degli ultimi protagonisti della rivista italiana e tra i grandi caratteristi del nostro cinema. Era la spalla per antonomasia che ritrovavi in tanti film commerciali o varietà televisivi insieme ai grandi comici. La sua presenza in uno spettacolo, era una garanzia, perché l’attore toscano (era nato a Pisa nell’ottobre del 35) aveva tanta ma propria tanta gavetta alle spalle che gli dava una marcia in più e lo distingueva dagli altri.

Aveva cominciato negli anni Cinquanta come ballerino in operetta, genere che tornerà a frequentare nel 1994 interpretando Max nella “Principessa della Czardas” per la regia di Gino Landi al teatro Bellini di Catania e successivamente a Trieste. Pochi anni dopo il suo esordio come ballerino, era passato a recitare in compagnie di Avanspettacolo e Rivista. Faceva il presentatore, porgeva le battute, iniziava a studiare da “spalla” a fianco di mostri sacri come Beniamino Maggio, Erminio Macario, Carlo Dapporto.

Alla loro scuola aveva imparato i segreti dei tempi e delle pause che trascinano il pubblico alla risata e soprattutto la capacità di improvvisare unita alla padronanza dello spazio scenico, caratteristiche che lo accompagneranno poi nel corso della sua carriera in tanti caratteri brillanti interpretati sul palcoscenico o sul piccolo e grande schermo.

Molte le commedie in cui ha lavorato, tra queste si ricordano quelle con Maurizio Micheli (“Disposto a tutto”, “Cantando cantando”) con cui ha formato un fortunato sodalizio scenico per anni, “Comico, Spalla e Soubrette” con Barbara Bouchet e Franco Barbero, il bel “Profumo di rivista” con testi di Dino Verde dove era il protagonista assoluto e poi musical come “My Fair Lady”, “Promesse, promesse” di Neil Simon e “Facciamo l’amore” con Gianluca Guidi”, “I ragazzi irresistibili” con Mario Carotenuto fino a superarsi confermando così le sue doti interpretative al fianco dei grandi nomi del teatro, in testi più impegnati come “l’Opera da Tre Soldi” dove era un credibile Tiger Brown, “Assassinio nella cattedrale” di T. S. Eliot, “Il re muore” di Eugene Jonesco, e “Marionette che passione” di Rosso di San Secondo.

Il grande pubblico lo aveva conosciuto come caratterista di tanti film degli anni ’70 e ’80 (da Ric e Gian alla conquista del West a Fantozzi 2000, da Lisa dagli occhi blu a Vacanze sulla neve) e in particolare di numerosi “Monnezza” con Tomas Milian per la regia di Bruno Corbucci. B movies senza tante pretese diventati cult per generazioni di spettatori come lo era diventata la serie televisiva “Classe di ferro” dei primi anni ’90 in cui era il mitico Capitano Cavicchi, idolo di giovanissimi oggi cresciuti che dopo più di 20 anni gli avevano dedicato una fanpage su Facebook.

Eppoi la televisione, tanta, negli show di Lino Banfi, Villaggio, Sandra e Raimondo, dove Ralli col suo volto gioviale e la sua simpatia, era sempre presente e soprattutto pronto con le battute fulminanti nelle tante scenette che si succedevano durante lo spettacolo. C’è infine una particolarità curiosa della sua attività da ricordare ora che gli si porge l’ultimo meritato applauso. E’ stato l’unico attore italiano che abbia partecipato, almeno con un’apparizione, a ben tre film di Sorrentino: ‘il Divo’ (era Giuseppe Ciarrapico), ‘La grande Bellezza” (un Cardinale) e ‘Youth’ (un cameriere). A testimonianza di un impegno professionale al di là dal ruolo, per quello che riteneva un mestiere bello a prescindere.

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