Lancinante, martoriante e commovente “Battuage”, spettacolo nato nel 2014 dalla giovane compagnia siciliana Vuccirìa Teatro e ora riproposto nello spazio torinese del bellARTE, gestito dalla compagnia Tedacà, (gli scorsi 14 e 15 aprile), in co-produzione con Diaghilev, con testo e regia di Joele Anastasi, anche compagno di collettiva interpretazione molto sanguigna accanto a Enrico Sortino, Federica Carruba Toscano e Ivan Castiglione. Un’opera che traduce il loro lavoro artistico e creativo di ricerca sul linguaggio e l’espressività del corpo attoriale in presenza di anatomia e pensiero in tensione constante, di sensazioni epidermiche mantenute in uno stato di scomodità resistente, e riversate sul palco come intimità umane dolenti, logorate e violate da un degrado – interno ed esterno – estremo, indicibile, incurabile.
Scorci di bagni pubblici, di luridi vespasiani illuminati da neon e giochi di luce (di Davide Manca), all’occorrenza camerini appartati dove truccarsi (e prepararsi ai propri ruoli) o consumare indecenze occasionali, sono i resti gocciolanti di squallidi bassifondi urbani anonimi quanto le anime notturne (guaste, perdute, sudicie) che lì si ritrovano per dar sfogo a pulsioni fisiche voglie animalesche. Un popolo di trans, gay, etero, magnaccia, puttane, mariti devoti e timidi giovani frustrati, trasgressori attratti da massicci strati di make up, collant strappati e tacchi vertiginosi (scene e costumi sono firmati da Giulio Villaggio): tutti seguaci di sessualità liberatoria, di desideri a pagamento, di compravendita di dignità e valori personali in cambio di riscatto da inquietudini vitali, da angosce quotidiane, da identità smarrite, rinnegate, violentate.
Un popolo che si muove nella mente di Salvatore (Anastasi), che vive nella sua immaginazione e dinnanzi ai nostri occhi, suo drammatico e concreto alter-ego. E lui, sognatore di un futuro nello show business, costretto per suo libero arbitrio a battere i sobborghi, festeggia l’ennesimo anniversario di una giovinezza monetizzata per responsabilità verso la famiglia, anzi verso un famigliare solo, la madre, il cui affetto genitoriale sfuma in “protezione” sfruttatrice e garante di egoistico capitale redditizio.
La drammaturgia e la regia di Anastasi che, va detto, si articolano in un notevole gioco d’incastri e contrasti (anche linguistici, con dialettali attriti ironici) tra i vari personaggi e sottotrame, scavalcano la mera rappresentazione scenica di storie di marginalità individuali per scavare dentro, nel privato sentimento, queste solitudini incapaci di stare al mondo, vittime e carnefici in decomposizione morale, che proprio nella consapevolezza della loro (grandissima) colpa, si offrono allo spettatore con una sincerità irruente, rivelando un’innocenza ritrovata, una inedita vicinanza alla sacralità (eloquente il monologo/confiteor nell’orinatoio reso confessionale), oltre l’ipocrisia borghese e religiosa; oltre le falsità umane.
Non vi stupite se, a spettacolo concluso, avrete la sensazione di portarvi dietro un brivido che tarda a svanire. Perché qui il teatro schiaccia, prepotente e carnale, contro le coscienze le verità nascoste, le sconcezze umane che appartengono a noi, alla nostra società, al nostro tempo. E per chi avesse commesso il peccato di perderselo, può recuperare il 17 maggio al Teatro Matteotti di Moncalieri.
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drammaturgia e regia Joele Anastasi
con Joele Anastasi, Enrico Sortino, Federica Carruba Toscano, Ivan Castiglione
aiuto regia Enrico Sortino
scene e costumi Giulio Villaggio
disegno luci Davide Manca
musica originale “Battuage” Alberto Guarrasi
foto Dalila Romeo
video Giuseppe Cardaci
make-up Stefania D’Alessandro
assistente alla regia Chiara Girardi
ufficio stampa LeStaffette
distribuzione Razmataz
produzione Diaghilev in coproduzione con Vuccirìa Teatro