Membro dell’Assemblea del Popolo per 12 anni, durante il periodo Comunista e vicepresidente del Fronte Democratico dell’Albania, Ismail Kadare è anche ricordato per il suo apporto alla sfera culturale e letteraria del suo Paese, dimostrata fin dalla pubblicazione del suo primo romanzo, Il generale dell’armata morta. Fu inoltre vincitore della prima edizione dell’International Booker Prize nel 2005, del Premio Principe delle Asturie nel 2009, membro d’onore dell’Académie française e più volte candidato alla selezione finale per il premio Nobel.
Stavolta ci stupisce con un libro dalle piccole dimensioni – 164 pagine- ma ugualmente significativo nel suo contenuto. Attraverso le testimonianze di giornalisti e personaggi vicini a Pasternak e Mandelstam – come Isaiah Berlin e Anna Achmatova- l’autore ricostruisce una misteriosa telefonata avvenuta tra Stalin e Pasternak, nonché gli esiti della stessa. Sembra, infatti, che nel corso del giugno 1934, il dittatore abbia telefonato al celebre romanziere per discutere dell’arresto di Osip Mandelstam, noto poeta sovietico. Tre minuti e nulla più.
E proprio su questi decisivi attimi, in un miscuglio di momenti onirici ed indagini accurate, Kadare mette in piedi una storia avvincente, incentrata sulle spesso inevitabili relazioni tra arte e potere che lui stesso aveva sperimentato ai tempi del regime di Hoxha. Pur avendo vissuto in condizioni entro le quali un certo livello di dissenso era tollerato, quindi non paragonabili a quelle di altri paesi comunisti, anche lui ricevette una telefonata inaspettata, dai tratti molto simili a quella tracciata dal racconto.
Considerato tra i migliori libri del 2023 secondo le recenti statistiche, compresa quella del Wall Street Journal, la qualità e la perizia del suo lavoro sono state ulteriormente ribadite dalla selezione di Quando un dittatore chiama per l’International Booker Prize 2024.