A L’Aquila Piazza Duomo è un cantiere per rifare la pavimentazione, il Duomo è in restauro, si lavora in tratti del Corso che attraversa il centro storico, più zone sono in ricostruzione la quale comunque procede. A 15 anni dal terribile terremoto del 2009 si possono porre due domande: la vita di comunità e culturale ha ripreso in una città culturalmente vivace prima della notte terribile del 6 aprile? Cosa ci si aspetta dalla nomina capitale della cultura nel 2026? Per averne un’idea abbiamo interpellato cinque persone aquilane impegnate nella cultura e nel turismo: Giuliano Cervelli, Stefano D’Eramo, Roberta Ianni, Barbara Olivieri, Luca Pezzuto. Di seguito, una sintesi delle loro valutazioni tra chi esprime giudizi molto negativi e chi invece dà pareri piuttosto positivi.
Giuliano Cervelli della libreria e vendita di dischi Polarville: “Dopo 15 anni non abbiamo ancora un cinema né ha riaperto il teatro: è questo il termometro. La nomina a capitale potrebbe essere uno stimolo per aprirli, ben venga, ne sono contento”, commenta Giuliano Cervelli tra i libri e i dischi della libreria indipendente Polarville in una via affacciata sul parco del Castello spagnolo. Sulla vita culturale e di comunità osserva: “Per me è un fallimento. La nostra libreria ha 20 anni, conosco il prima e il dopo e ci troviamo in due città completamente diverse. Il paragone è perdente 10 a 0. L’Aquila è morta nell’accezione di città. Si accendono le luci con gli eventi, è diventata un eventificio, ha perso i ritmi di una città normale se pensiamo a una programmazione e una progettazione. Prima funzionava benissimo. L’università e gli studenti erano un tesoro, c’erano più cultura, l’ospedale e il teatro più importanti della regione. Non ha riaperto il municipio, non ha spazi di aggregazione, parlo di cose autonome, nate dal basso. Il ricco cartellone estivo è un intrattenimento dall’alto, è una forma di imperialismo, viene vissuto come evento. Tanti organizzano, però si percepisce uno scollamento con la città, si riempie di addetti ai lavori”.
Può fare un esempio? “Sì – risponde Cervelli – : ‘Panorama’ (mostra diffusa e itinerante annuale in Italia tenuta qui nel 2023 dal 7 al 10 settembre, ndr): è stata la più grande iniziativa fatta all’Aquila, bellissima, hanno esposto anche da noi in libreria, però non parte da qui, non incide nelle dinamiche cittadine se non per bar e ristoranti. Ora a fine febbraio non c’è nessuno. Manca la socialità, c’è solo da mangiare e da bere e pochi negozi”.
Stefano D’Eramo del negozio di dischi Sound Garden: dà valutazioni positive con il suo piccolo negozio in attività da 30 anni Sound Garden nel Corso da cui vende anche per corrispondenza dischi prevalentemente rock: “La vita nel centro storico è ripresa”, anche se gli abitanti “progressivamente stanno abbandonando il centro. Quanto alla movida, rispetto ad altri posti abruzzesi è in erba, non è come a Pescara dove può anche essere pericolosa”. Il titolare della vendita di dischi in prevalenza rock saluta con gioia la nomina a capitale della cultura: “Ci sono movimenti palesi, già vogliono realizzare un bando per completare il teatro, in stand by da tempo: la nomina è uno sprone immediato, in corso d’opera valuteremo l’efficacia”.
D’Eramo cosa si aspetta? “L’Aquila ha tantissime attività culturali, solo che non sono non coordinate, c’è un fermento affidato sempre all’iniziativa personale. Può essere l’occasione giusta per il Comune per coordinarle. Spero che le sinistre locali smettano di remare contro, non credo sia una scelta politica plausibile”. Con l’arrivo di finanziamenti cospicui D’Eramo confida “prima di tutto nella riapertura del cinema”.
Reputa minimo il rischio che il 2026 si riduca a un eventificio: “Non sarà circoscritto a eventi. Per esempio avere il museo Maxxi Aquila (sede distaccata del museo nazionale Maxxi di Roma, ndr) è bello. Mi auguro sia un momento di coesione di tutti quanti , di chi fa cultura, delle associazioni, ne beneficeranno tutti, bisognerà procacciare la propria quota di visibilità”. Ha un suggerimento: “Andrebbero agevolati i punti turistici”.
Roberta Ianni, operatrice turistica nel Parco del Gran Sasso: “L’Aquila si dà tanto da fare ma rimane sempre impegnata nella ricostruzione – commenta la guida turistica nel Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, storica dell’arte che crea appuntamenti culturali – Se prima i cantieri erano sparsi e tutto sommato la viabilità era normale, adesso stanno rifacendo la pavimentazione di piazza Duomo e di una porzione del Corso per cui sembra ancora più che ci sia un’invasione di cantieri. Non è così in realtà, dobbiamo attendere qualche mese”. Come vede la movida? “Va normata come in tutti i centri storici. Le lamentele ci sono sempre, ben venga un movimento di giovani”.
Quanto alla vita culturale, Roberta Ianni in sostanza la promuove: “Il Museo nazionale d’Abruzzo – Munda dall’ex mattatoio verrà riportato nella sede originaria in fortezza, abbiamo il museo nazionale del Maxxi a Palazzo Ardinghelli, abbiamo il ridotto del teatro, l’auditorium di Renzo Piano ospita concerti, in centro stanno tornando altri negozi, uffici e servizi. Dobbiamo vedere l’aspetto positivo della rinascita, non criticare sempre nonostante ci siano cose che non mi piacciono”. Quali? “Come la mancanza di parcheggi. O la Perdonanza che sta diventando una piccola Sanremo, la parte ludica sta prendendo il sopravvento su quella religiosa: da Ferragosto a settembre c’è un palcoscenico davanti alla facciata particolarissima della chiesa di Collemaggio e non va bene”.
“Il governo della città e regionale sono lontanissime dalle mie idee – puntualizza Roberta Ianni – però possiamo fare cultura proponendo progetti. Il titolo di capitale in generale è discutibile ma crea movimento, spero svegli le coscienze di cittadini e amministratori. La città dovrà essere all’altezza, deve riaprire il teatro e con una stagione come ai tempi di Proietti direttore. Ma L’Aquila non è solo il centro, ha tanto da offrire come paesaggio, come storia, il titolo di capitale vale anche per il contado, le aree limitrofe potranno proporre attività culturali ai turisti”.
Barbara Olivieri della Fondazione de Marchis: “Abitando qui prima e dopo il sisma posso dire che la lentezza nella ricostruzione è fisiologica”, dice a globalist.it Barbara Olivieri della Fondazione Giorgio de Marchis, istituto con l’archivio di arte contemporanea del critico d’arte e intellettuale in un bell’edificio nel Corso: “Non ci si riprende con rapidità, è inverosimile pensare che tutto torni come e dove era prima e uguale a prima. Nel centro storico è tornato un certo movimento ma mancano gli uffici, le scuole dell’infanzia ed elementari sono in periferia nei moduli provvisori, è un problema a cui guardare più attentamente”.
Sui siti web e sui giornali locali rimbalzano spesso polemiche sulla movida. “La vita in centro storico è cambiata tantissimo perché una parte non la vive più, tanti vivono nell’immediata periferia, spero ci tornino – risponde la storica dell’arte e archivista della Fondazione con sede in un bel palazzo nel Corso centrale – La movida c’è, però credo sia giusto per riprendere contatto con i giovani e gli universitari”. La vita culturale? “L’Aquila è una cittadina di provincia con molte realtà, offre un calendario abbastanza buono e variegato che attira pubblico e turisti”. Il troppo turismo oggi snatura i luoghi. “Un anno fa a San Gimignano ho percepito tutto come finto. Mi auguro che L’Aquila lo eviti e mantenga la sua identità. Leggo del proliferare di bed & breakfast e case vacanza. La città ha problemi di ricostruzione non solo di edifici ma anche del tessuto sociale”.
Della nomina a capitale cosa dice? “Siamo felicissimi, ma bisogna giocarla bene e sfruttarla al meglio”. Teme che si traduca in un ‘eventificio’, in una serie di eventi anche spettacolari di cui poi non resta traccia? “Esatto, come ha detto anche il sindaco Pierluigi Biondi con un discorso giusto sulla valorizzazione delle aree interne e della dorsale dell’Appenino. È un’ottima possibilità per una città che ha bisogno di tornare a credere in sé stessa”.
Luca Pezzuto dell’università Univaq: La vita di comunità e culturale è tornata? “Sicuramente. Si sono fatti passi avanti rispetto all’immediato post-sisma, si sono viste molte iniziative, principalmente sul fronte musicale, eventi e mostre, soprattutto grazie a quanto fanno in ambito storico-artistico il Maxxi Aquila e il Museo nazionale d’Abruzzo; l’università si dà molto da fare e le associazioni locali sono vive”. Così risponde Luca Pezzuto, storico dell’arte, professore nell’università aquilana, sempre molto attivo nel curare libri e mostre sull’arte del territorio.
Il problema del centro storico “permane perché la città rimane ancora da popolarsi di uffici, di abitanti: il rischio della gentrificazione è elevatissimo e alcune aree sono davvero terra di movida e di nessuno. In più – osserva – basta uscire dalle direttrici principali e ampie porzioni, anche del centro storico, non sono state ricostruite, sono zona rossa: c’è tanto da fare. E qui la vita è stata sempre connessa ai territori limitrofi. Nelle frazioni questo discorso sta a livello zero, o quasi, nonostante l’impegno di molti”.
Sulla nomina a capitale della cultura per il 2026? “In questa fase non si può che valutarla positivamente ed essere contenti. Il riconoscimento dà visibilità e la possibilità di fare molto – commenta Pezzuto – . Non ho avuto modo di leggere il progetto, titolo e parole-chiave non entusiasmano me che, nonostante i miei quarant’anni, sono un uomo del Cinquecento (ride n.d.r.). Scherzi a parte, bisogna che sia un punto di partenza; che ci sia attenzione e condivisione sotto tutti i punti di vista, che non sia una semplice coccarda, ma davvero un fiorire di reali ricadute nel lungo periodo nel territorio”. Non deve diventare un “eventificio”? “Esatto, il rischio è molto elevato. Bisogna che dietro ci siano contenuti e che vengano veicolati”.