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Mimma Gaspari racconta in un libro i cambiamenti nella musica italiana, lei che li ha vissuti in prima persona

Nessuno meglio di lei poteva offrire un quadro esauriente di quello che è successo nella canzone italiana dai primi anni Sessanta ad oggi. Mimma Gaspari è stata funzionario di primo piano nella Compagnia Generale del Disco e poi nella Rca.

Mimma Gaspari racconta in un libro i cambiamenti nella musica italiana, lei che li ha vissuti in prima persona
Mimma Gaspari con Renzo Arbore
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3 Marzo 2022 - 14.28


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di Giordano Casiraghi

Un libro sulla canzone italiana, anzi due. «La musica è cambiata?!» (Baldini + Castoldi, pagine 592, 25€) di Mimma Gaspari è un volume che spazia a tutto campo, dai primi del Novecento fino all’ultimo festival di Sanremo. Mimma Gaspari, verso la fine del ’59, inizia la sua carriera come paroliera, chiamata da Teddy Reno. Un colpo di fortuna, ma anche un lavoro fortemente voluto, dentro al mondo della musica, che segnerà profondamente la sua vita portandola a ricoprire ruoli importanti cominciando dalle Messaggerie Musicali a Milano. Mimma ha avuto a che fare prima con Ladislao Sugar e poi con Ennio Melis quando entra nella RCA a Roma e per un trentennio si è occupata dei percorsi promozionali di cantanti e cantautori. Tra gli altri si è occupata di Patty Pravo, Renato Zero, Enzo Jannacci, Gabriella Ferri, Lucio Dalla, Gianni Morandi e Paolo Conte. 

Il libro parte con un elenco di 250 canzoni che inizia da «Come pioveva» del 1918 fino a «L’allegria» di Jovanotti cantata da Morandi. Un elenco impegnativo come lo è quello delle «85 canzoni napoletane da ascoltare» e qui si comincia da «Michelemmà» del 1600 fino a «Cu’ mme» del 1992 di Enzo Gragnaniello. Dopo questa partenza l’autrice si immerge coraggiosamente in quello che viene definito il genere Rap e Trap con una scheda per ciascuno dei protagonisti, da Marracash a Salmo, da Ghali a Sfera Ebbasta. A seguire un capitolo dove Mimma pone domande a numerosi artisti e operatori come Claudio Baglioni, Gianni Morandi, Mogol, Renzo Arbore, Paolo Conte, Mara Maionchi e via dicendo. 

Arrivati a questo punto del libro si torna indietro nel tempo. Mimma che ci facevi a Milano nel 1960?

Sono arrivata a Milano chiamata da Teddy Reno che aveva fondato la Compagnia Generale del Disco. Lì conosco Carrera che seguiva le edizioni e poi anche Sugar. Ho iniziato con lo scrivere canzoni, o adattandole come cover da successi stranieri. Nel frattempo studiavo, ma ero così iperattiva che avevo tempo libero e così ho ricevuto l’incarico di occuparmi dell’ufficio stampa. È così che ho cominciato a conoscere giornalisti e seguire gli artisti che incontravo nei locali come il Santa Tecla e nei night come lo Stork.

Quello che sorprende del libro è tutta la prima parte dedicata al Rap e Trap. Come mai?

Intanto c’è da dire che questo libro è l’unione di «Penso che un mondo così non ritorni mai più», uscito nel 2009 per Baldini+Castoldi e una parte tutta nuova di quasi 200 pagine dove passo in rassegna le voci dei protagonisti del Rap e Trap. I miei nipoti mi avvisavano che quello non era un terreno dove io potessi «camminare» tranquillamente, ma siccome sono un’inguaribile curiosa mi sono dedicata ad approfondire per capire ciascuna delle voci Trap e Rap. Ho interrogato molti ragazzi in proposito, per capire i loro gusti e ai miei due nipoti ho assegnato nel libro una loro playlist. Caterina ha scelto prevalentemente le canzoni di Ultimo che sono intrise di sentimentalismo. Nei miei approfondimenti avevo intuito che Blanco aveva delle capacità, infatti non mi ha sorpreso la vittoria al Festival di Sanremo. 

Ma andiamo al titolo del libro. Perché l’hai fatto seguire da un punto interrogativo e un punto esclamativo?

Perché è evidente che la musica è cambiata! Però, in fondo gli italiani cantano sempre le belle canzoni. I «fiumi di parole» dei rapper e trapper probabilmente non resteranno nella storia della canzone italiana. Guarda caso gli stessi rapper quando vanno al Festival di Sanremo cambiano registro e inventano canzoni di stile tradizionale. Pensa a Dargen D’amico che porta a Sanremo «Dove si balla», più orecchiabile e tradizionale di così… Le canzoni dei rapper non si cantano e così eccoli cambiare pelle a secondo del contesto in cui si muovono. 

A Sanremo c’era anche Gianni Morandi, il tuo è stato un rapporto particolare con lui. Da quando?

Dai tempi della RCA, anzi devo dire che nel 1969, mentre  l’ho molto spronato a tornare in campo, mentre lui pensava di aver fatto il suo tempo. Grazie a Bruno Voglino gli venne offerta la conduzione della trasmissione «10 Hertz» alle 19,30 su Rai Uno. 

Che coraggio hai avuto di fare una classifica delle 250 canzoni italiane da consegnare alla storia? 

Pensa che ne avevo tantissime altre che non ho messo. A una prossima ristampa ne aggiungo altre 250. Certo, le mie sono canzoni che riguardano la tradizione italiana, da «Parlami d’amore Mariù» a «Grazie dei fiori» , quindi molto Modugno, Baglioni, Morandi, ma anche Umberto Bindi e Piero Ciampi. Ovviamente Gaber, Tenco e Jannacci e non mancano Battisti, Endrigo, Conte, Mina, Cocciante, Califano. Sì, è vero, mancano le canzoni dei gruppi rock, a parte qualche eccezione come «29 settembre» nella versione dell’Equipe 84. ma questo è solo l’inizio: alla mia bella età vorrei esordire in radio per raccontare e far ascoltare quello che ho scritto nel libro.

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