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Lo chiamavano Folkstudio, vi esordirono i Grosso Autunno (e si esibì Bob Dylan)

Il locale di Trastevere per un decennio è stato un punto di riferimento della scena musicale italiana

Lo chiamavano Folkstudio, vi esordirono i Grosso Autunno (e si esibì Bob Dylan)
I Grosso Autunno
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8 Febbraio 2022 - 14.45


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di Giordano Casiraghi

Un locale in Trastevere a Roma, il Folk Studio, ha fatto esordire numerosi cantautori, da Francesco De Gregori a Antonello Venditti, ma ci passò anche un ancora poco celebrato Bob Dylan, ed era il 1962. Per almeno un decennio Giancarlo Cesaroni l’ha gestito portandolo al massimo splendore, finché tanti artisti hanno iniziato a camminare con le proprie gambe e andare ad esibirsi per un pubblico ben più vasto delle decine di unità che affollavano questo ormai mitico locale. 

Tra i frequentatori vi era il gruppo Grosso Autunno nelle cui file militavano Luciano Ceri (voce, chitarra acustica, tastiere), Stefano Iannucci (voce, chitarra acustica), Gabriele Longo (voce, flauto, armonica), Paolo Somigli (voce, chitarra elettrica), Alessandro Varzi (voce, basso, percussioni). Il loro esordio discografico risale al 1976 e adesso la Universal lo ha fatto uscire nella collana Prog Rock Italia. Siamo già avanti rispetto a quello che si è manifestato come Rock Progressivo, fatto di raduni e festival pop, eppoi i Grosso Autunno non cavalcano propriamente il rock, quanto una canzone ben costruita, guardando più al country e west coast americana che agli stilemi del pop inglese. Si parte con Omaggio dedicato ai Beatles con riferimenti al sottomarino, al sergente, a Lucia, e a un tempo adolescenziale da ricordare con affetto. A cantarla Luciano Ceri che nel 1965 era stato al Teatro Adriano di Roma per vederli, i mai dimenticati Beatles. Pregevoli arpeggi alle chitarre acustiche tornano in Il coniglio nel cappello, ballata con ritornello. Ode alla variegata fauna, con elencazione di vari animali, per la successiva Per, con chitarra e flauto in un brano di cinque minuti diviso a metà tra canzone e parte strumentale dove partecipano anche le percussioni. E altri bei momenti nelle altre canzoni, ricche di suggestioni, qua e là testi che richiamano le aspirazioni e i sogni di una generazione. 

Un album che riserverà una piacevole sorpresa per chi non l’ha ascoltato in tempo reale e una bella riscoperta per chi già lo conosceva. Per farci raccontare come andarono le cose e quale evoluzione ha avuto il gruppo abbiamo rintracciato in quel di Roma Luciano Ceri che così spiega gli accadimenti: 

«Abbiamo iniziato a frequentare il Folk studio già nel 1972 e un paio d’anni dopo abbiamo formato il gruppo che ha esordito esordito a inizio gennaio 1974. Presentavamo un repertorio che non è sopravvissuto al momento dell’incisione del nostro primo album. Va però fatta una precisazione, ovvero l’album omonimo «Grosso Autunno» appena ripubblicato da Universal era stato anticipato da un altro lavoro discografico che però non vide mai la luce. Eppure eravamo stati ingaggiati dalla Rca che ci mise a disposizione gli studi di registrazione per settimane. Di quei nastri multitraccia purtroppo non ne sono venuto a capo quando li ho cercati per una edizione postuma magari. Alcune di quelle canzoni confluirono nel nostro primo album ufficiale che arrivò a essere pubblicato da Emi. Bruno Tibaldi, l’allora direttore artistico, ci venne presentato da Enzo Lamioni che era il fonico della trasmissione Hit Parade di Lelio Luttazzi. 

Sì, noi arrivavamo sulla scena quando ormai il pop italiano era in declino, anche se la nostra proposta era più da canzone d’autore, arrangiata in modo da evidenziarne anche la parte musicale. Ai vari festival pop non abbiamo partecipato, ricordo una manifestazione organizzata dai radicali a cui abbiamo aderito in Piazza Navona, abbiamo suonato in qualche scuola e in piccoli club. Suonammo a una Fiera del Suono a Roma insieme ad altri gruppi e poi resta storica per noi una Convention che la Emi ha organizzato a Sanremo, la città del festival, con i suoi artisti e per la cronaca in quell’occasione si esibì anche un esordiente Pino Daniele che già allora se la cavava bene con voce e chitarra. L’anno successivo, il 1977, vede la pubblicazione del nostro secondo e ultimo album Almanacco, quindi il gruppo si scioglie e io mi dedico al giornalismo scrivendo per varie riviste oltre che pubblicare libri, l’ultimo sui Rokes e prossimamente ne vorrei fare uno sull’Equipe 84.»

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