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Wayne Shorter è malato. Non è grave ma non può pagarsi cure costose

È un sassofonista ai vertici del jazz, eppure negli Usa iperliberisti servono tanti soldi per curarsi. Una campagna tra amici e la rivista “Down Beat” per aiutarlo

Wayne Shorter è malato. Non è grave ma non può pagarsi cure costose
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5 Giugno 2020 - 19.11


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di Marco Buttafuoco

L’entourage di Wayne Shorter ci ha fatto sapere che il grande sassofonista non è, per fortuna, gravemente, malato. È costretto tuttavia a sottoporsi ad alcune , molto costose, cure domiciliari, che gli evitano faticosi trasferimenti in strutture ospedaliere. Per queste cure ha avuto bisogno dell’aiuto di amici e fan. Tuttavia a ottantasei anni è attivo, sta lavorando a una grande progetto, un’opera che andrà in scena nella primavera del 2021, e non vuole sentirsi un malato grave. Il pessimismo con cui è stato scritto questo articolo si è rivelato, per fortuna, esagerato, e ne prendiamo atto con vera soddisfazione , augurando a Wayne Shorter ogni bene. Naturalmente rimangono valide tutte le considerazioni di carattere generale espresse nel pezzo, condivise anche da chi ci ha rassicurato sulla sua salute.

Qui l’articolo nella versione precedente alla correzione
Questa volta non scriviamo un necrologio, ma la notizia non è per questo meno dolorosa, in questo Annus horribilis. Wayne Shorter è gravemente malato e alcuni amici, oltre alla rivista Down Beat, hanno lanciato una sottoscrizione fra gli appassionati per permettergli di potersi pagare le cure. Lo stesso dramma l’aveva vissuto il batterista Jimmy Cobb, scomparso recentemente; non parliamo di un artist maudit, una persona che ha sperperato i frutti di una carriera fra eccessi e sregolatezze. Certo il grande sassofonista (uno di più importanti nella storia del jazz) ha attraversato un periodo di alcolismo, poi superato, ma ha suonato alla grande fino allo scorso anno. Semplicemente il jazz è un’arte che non permette, in un paese iper liberista come gli Usa, di far fronte, nemmeno dopo anni di una carriera ai vertici, nemmeno se sei stato uno dei grandi nomi di questa musica, di pagare cure costose. Nemmeno se hai suonato in quel gruppo di Miles Davis, con Herbie Hancock, Tony Williams, Ron Carter che aveva dato una nuova prospettiva, succedeva spesso con i gruppi di Miles, a quest’arte. Nemmeno se hai lavorato con i Wheater Report, gruppo culto degli anni settanta, un’accensione di nuovi colori musicali che ha segnato tutta la scena successiva. Nemmeno se sei stato un punto di riferimento per il jazz internazionale fino agli 86 anni con un quartetto di giovani di grande talento.

Wayne Shorter è un artista immenso, spesso è stato la mente musicale, una sorta di direttore dei gruppi musicali di cui ha fatto parte. Art Blackey lo considerò tale nei Jazz Messengers il gruppo in cui si formarono decine di grandi giovani solisti, Miles Davis lasciava a lui l’organizzazione delle idee musicali del quintetto. Nei Report lasciò più spazio alle rutilanti idee timbriche del “gitano” Joe Zawinul (nato a Vienna, ma di origini ungheresi, ceche e rom) lasciando però tracce inconfondibili del suo talento su quegli sgargianti tessuti sonori.

Così il jazzista filosofo, quello che avrebbe dovuto in gioventù diventare pittore, il conversatore brillante, l’uomo che aveva dovuto affrontare grandi dolori nella sua vita (la morte di una figlia dopo una lunga malattia, la perdita drammatica della moglie e della nipotina in un disastro aereo, nel 1996, avvenuta in un viaggio fra New York e Roma, dove Wayne le aspettava per una vacanza) ora è costretto ad affidarsi all’amore degli amici e dei fans per sopravvivere. Non tutte le assicurazioni coprono negli USA cure costose.

Fuori da ogni retorica, una vicenda come questa interroga ognuno sul futuro e sull’idea di società nella quale immaginare il futuro. Il Covid e la riscoperta del valore della sanità pubblica, la vicenda di Minneapolis e quella del sassofonista sono forse eventi forse meno distanti di quanto appare. Il mercato eretto a feticcio, il razzismo, il crollo del valore sociale dell’arte sono tratti caratterizzanti della nostra era, anche se, al momento, l’Europa è meno contagiata da questi virus. Forse Wayne Shorter che Herbie Hancock, suo grande amico, descrive come una sorta di filosofo maieutico, stempererebbe con la sua saggezza buddista queste considerazioni amare, ma continuo a vedere la sua vicenda come un ulteriore segnale d’allarme di come stanno evolvendo le cose del mondo.

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