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L’appello dei teatri agli spettatori: "Io rinuncio al rimborso"

L’hashtag del Massimo di Palermo per gli spettacoli sospesi o cancellati rilanciato da più istituzioni. Anna Maria Meo da Parma: “Un gesto per noi importante”. Alessandro Gassmann: “Sopravvivenza incerta anche in tempi normali”

L’appello dei teatri agli spettatori: "Io rinuncio al rimborso"
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3 Aprile 2020 - 11.16


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di Marco Buttafuoco

“Auspichiamo – che ciascuno voglia farci sentire la propria vicinanza e il proprio sostegno, aderendo alla campagna #iorinuncioalrimborso che ha già convolto altre istituzioni musicali nel mondo, rinunciando al rimborso degli spettacoli sospesi o cancellati. È un gesto importante, che ci consentirà di garantire continuità al nostro lavoro e alla programmazione del Teatro Regio di Parma e che ci aiuterà a superare insieme questo momento difficile”. Queste parole sono di Anna Maria Meo, sovrintendente dello storico teatro, una delle tante voci che hanno chiesto questo piccolo sacrificio agli abbonati e a quelli che già avevano acquistato i biglietti per eventi singoli. Altre istituzioni importanti hanno aderito all’hashtag #iorinuncioalrimborso: il Teatro Massimo di Palermo (il lirico che lo ha lanciato il 20 marzo con il sovrintendente Massimo Giambrone), il Maggio Musicale Fiorentino, il Pavarotti di Modena, i Teatri di Reggio Emilia e tante altre realtà. Un appello simile era stato lanciato già dal 10 marzo dalle Manifatture Teatrali Milanesi e anche il Piccolo aveva lanciato una sua iniziativa analoga.

Si stima d’altronde che le necessarie misure di contenimento da Coronavirus abbiano causato perdite di dieci milioni di euro a settimana al sistema dei teatri. Tutte le stagioni, tutti gli eventi sono stati sospesi o cancellati (e la distinzione comincia ad apparire labile). È opportuno ricordare che le tante persone che mangiano con la cultura sono raramente protette da ammortizzatori sociali. Sono spesso liberi professionisti, partite Iva, che sono pagati a prestazione e si costruiscono autonomamente il loro percorso previdenziale. Come ha detto Alessandro Gassmann “pochi, fuori dal mondo teatrale, sanno quanto sia dura la vita per attori e tecnici, quanto le paghe siano basse, e la sopravvivenza sempre incerta, anche in periodi normali.” 

Non è nemmeno inutile sottolineare come eventi teatrali particolari creino indotti consistenti, soprattutto sul turismo. La stagione teatrale dell’Arena di Verona genera un indotto di 400 milioni, a Parma il Festival Verdi fa impennare il livello di prenotazioni degli alberghi e fa da traino a un’economia turistica sempre più importante per la città emiliana, oramai virtualmente non più capitale della cultura per l’anno in corso.
È necessario, certamente, un intervento dello Stato per garantire qualche forma di tutela a migliaia di eccellenti professionisti e impedire che la filiera teatrale si disarticoli e un patrimonio grande di esperienza e creatività si volatilizzi. È necessario anche, tuttavia,  che gli spettatori, gli appassionati difendano in prima persona, per quanto possibile, i loro teatri, i loro auditorium, i loro artisti. Il rimborso dei biglietti è certamente un atto dovuto da parte delle istituzioni, ma rinunciare a quella somma può dare un po’ di ossigeno, in attesa di una ripresa che si annuncia, purtroppo, lunga e complessa, anche dal punto di vista psicologico.  

Cultura e solidarietà, è stato ripetuto nei tanti appelli che circolano sulla rete, sono due concetti strettamente collegati fra loro. In ogni caso pare che, ad oggi, l’appello sia stato raccolto, da molti cittadini e che il teatro italiano possa contare sul sostegno, concreto, di molti dei suoi appassionati.

 

 

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