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È morto Johnny Clegg, lo 'zulu bianco': la sua musica simbolo di resistenza all'Apartheid

Negli ani '80 Clegg è stato un simbolo del multiculturalismo e la sua musica univa la tradizione africana alle influenze celtiche della Gran Bretagna

È morto Johnny Clegg, lo 'zulu bianco': la sua musica simbolo di resistenza all'Apartheid
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17 Luglio 2019 - 12.39


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Era soprannonimato lo ‘zulu bianco’ Johnny Clegg, musicista sudafricano di origini britanniche e sempre in prima linea negli anni ’80 contro il regime di Apartheid del paese. È morto oggi, a 66 anni, nella sua casa di Johannesburg: lottava da tempo contro un cancro al pancreas. 
Quello che Johnny Clegg ha rappresentato culturalmente nell’universo musicale contemporaneo è perfettamente espresso dalle parole del suo managar Roddy Quin che hanno accompagnato la notizia della scomparsa: “Johnny lascia impronte profonde nel cuore di ogni persona che si considera un africano. Ci ha mostrato cosa significa assimilare e abbracciare altre culture senza perdere la tua identità. Un antropologo che ha usato la sua musica per parlare ad ogni persona. Con il suo stile musicale unico ha attraversato barriere culturali come poche altre. In molti di noi ha risvegliato la consapevolezza”.
Clegg è nato in Gran Bretagna nel 1953 e si è trasferito in Sudafrica da bambino, prima nello Zimbabwe, poi nello Zambia fino a stabilirsi a Johannesburg. Qui ha studiato canto e danza Zulu, che descrisse come una specie di “teatro guerriero” con i suoi movimenti marziali, e sfidò il Group Areas Act, una legge che rinforzava la segregazione residenziali e commerciali dividendo le città per razza, andando negli ostelli dei lavoratori migranti. Anche se era bianco fu accolto nella comunità nera e fu arrestato più volte per aver violato le leggi. Accanto al chitarrista Sipho Mchunu, ha fondato il gruppo Juluka che ha combinato l’eredità celtica con lo stile africano mbaqanga (nato negli anni 60 come miscela di musiche tradizionali, jazz, r’n’b, soul, gospel), la cui attività è stata sottoposta a severa censura durante il dominio della minoranza bianca del tempo.
Dopo lo scioglimento nel 1985, ha fondato i Savuka, la cui hit del 1987 “Asimbonanga” è diventata un inno anti-apartheid. Il suo titolo si traduce in “Non l’abbiamo mai visto” in lingua zulu e si riferisce al periodo in cui il regime vietava le immagini di Nelson Mandela mentre era in prigionia: una canzone in cui le voci sembravano raccogliere tutta la rabbia di un popolo costretto a vivere dentro confini artificiali imposti da un regime che si sentiva abilitato a governare per il colore della pelle e la presunta superiorità che da essa derivava.
“Abbiamo una missione”, aveva dichiarato Clegg nel 1990, “che è quella di portare una collezione di canzoni che riguardano l’esperienza del Sudafrica nel mondo”.
Il musicista amava raccontare un episodio che ha segnato profondamente la sua vita, di artista e di uomo. Nel corso di un concerto in Germania, nel 1999, appena cominciato ad intonare “Asimbonanga”, rimase shockato vedendo apparire sul palcoscenico Nelson Mandela che danzava seguendo la musica. “La musica e la danza” – disse Madiba davanti alla platea sbalordita – “mi fanno sentire in pace con il mondo e con me stesso”. E poi invitò tutti gli spettatori a salire e ballare sul palcoscenico.

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