Gli Zen Circus portano il racconto umano dei migranti a Sanremo: "Emettiamo storie che fanno rumore" | Giornale dello Spettacolo
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Gli Zen Circus portano il racconto umano dei migranti a Sanremo: "Emettiamo storie che fanno rumore"

Il testo della canzone l'amore è una dittatura degli Zen Circus, prima vera canzone politica a Sanremo 2019

Gli Zen Circus portano il racconto umano dei migranti a Sanremo: "Emettiamo storie che fanno rumore"
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5 Febbraio 2019 - 21.33


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Con ‘L’amore è una dittatura’ degli Zen Circus, nonostante le mille precauzioni, la politica entra all’Ariston per il Festival di Sanremo. Un testo umano e al passo con i tempi, che riflette sulla condizione dei migranti visti esclusivamente come esseri umani.
È una canzone viva e piena, accompagnata da due sbandieratori con due cuori-emoticon su sfondo nero. Forse un riferimento ai troppi cuori lanciati sui social ad ogni notizia di naufragi, sbarchi e porti chiusi, per nulla accompagnati da azioni concrete.
Di seguito, il testo di “L’amore è una dittatura”.

Ci hanno visti nuotare in acque alte fino alle ginocchia
Ed inchinarci alle zanzare pregandole di non mescolare
Il nostro sangue a quello dei topi arrivati in massa con le maree
Le porte aperte, i porti chiusi, e sorrisi agli sconosciuti
Che ci guardano attoniti mentre ci baciamo,
Da uomo a uomo, mano nella mano
Una sigaretta non lo racconta ci vuole forse una vita intera
O una canzone non certo questa,
Altri maestri, altri genitori
Che non rinfacciano quello che sei, quello che vuoi
Quello che eri
Esistere è giusto un momento
Chi vive nel tempo muore contento
E sì, ci hanno visti contare le pietre di questo deserto
Pazienza, perdere tempo con il cielo, farlo di lavoro
Pagati per immaginare qualcosa che non puoi fotografare
Mi spiego meglio, senza nascondermi dietro a cazzate
Scritte per caso in questa palestra dell’orrore
Ecco la pietra, ecco il peccato,
Un cane pastore lo fa per amore,
Non per denaro, non per rancore,
Non per la lana esiste il gregge
Né per la legge
Siamo delle antenne, dei televisori
Emettiamo storie che fanno rumore
Cerchiamo la donna della vita o l’uomo della morte
Strade interrotte, eterni sorrisi, figli sangue del nostro lavoro
Non ci somiglieranno, figli ormai del mondo intero
E perdere la monotonia di quando tutto era al suo posto
I topi cacciati, debellati, mostri tutti sotto al letto
E lasciar volare via quell’abbraccio conosciuto
Di chi in nome del tuo bene ha distrutto il tuo passato
Quando arrivi tu se ne vanno gli altri
Sai che non va bene ma ti piace arrangiarti
Come fanno in quei paesi che non sappiamo pronunciare
Ma che ci piace addomesticare a parole
Ero presente al momento dei fatti
Il fatto non sussiste
Mettetelo agli atti
Ma non hai paura di nessuno
Se non della tua statura
Hai la democrazia dentro al cuore
Ma l’amore è una dittatura
Fatta di imperativi categorici
Ma nessuna esecuzione
Mentre invece l’anarchia la trovi dentro ogni emozione
Tu stammi vicino, anzi lontano abbastanza
Per guardarti il viso dalla stanza dei miei occhi
Aperti o chiusi, non importa
Sono occhi quindi comunque una porta aperta
Il tempo passa lo senti da questo orologio
Mentre lavori dentro un bar, ad una pressa o in un ufficio e…
E speri ancora che qualcuno sia lì fuori ad aspettarti,
Non per chiederti dei soldi, neanche per derubarti,
Non per venderti la droga e soffiarti il posto di lavoro
Ma per urlarti in faccia, che sei l’unica, sei il solo
Sei l’unica, sei il solo

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