Giuseppe Costigliola
Le città italiane sono piene di luoghi straordinari carichi di storia e di memorie, abbandonati all’incuria e all’oblio. Ogni tanto però avviene che qualche virtuoso si mette in testa di recuperare questi spazi per restituirli alla fruibilità dei cittadini, e s’imbarca in una lotta senza quartiere con la burocrazia e l’indifferenza di politici e amministratori: può capitare allora il miracolo. E’ quello che sta avvenendo con uno dei luoghi più affascinanti e meno conosciuti di Roma, il complesso monumentale di Santa Balbina, situato nel rione di San Saba, sul “piccolo Aventino”. In questo splendido scenario è stato presentato ieri il primo disco della poliedrica e talentuosa Valentina Ducros, interprete, autrice e ballerina: “Born Again”. Le musiche sono firmate da Franco Micalizzi, uno dei compositori più originali e raffinati in circolazione, mentre i testi, in inglese, sono della stessa Ducros. Diciamo subito che il disco, dal gustosissimo sapore funky e dalle atmosfere soul, le sonorità ipnotiche e struggenti, si staglia nettamente dalla paccottiglia commerciale che solitamente ci ammorba. Il sound aperto e internazionale, le armonie mai scontate e la ritmica pulsante sono infatti uno dei marchi di fabbrica del maestro Micalizzi, che continua a deliziarci con le sue creazioni, qui impreziosite e valorizzate da musicisti statunitensi di notevole livello come il sassofonista Eric Marienthal, il tastierista Jeff Lorber e il bassista Jimmy Haslip.
Valentina Ducros ha arrangiato con grande sensibilità le parti vocali, mettendo a frutto la notevole esperienza maturata in anni di collaborazioni con artisti dalle estrazioni più diverse, tra cui Lionel Richie, Giorgia, Ron, Patti Pravo, Laura Pausini, Alex Britti, Umberto Bindi, Peppino di Capri, Franco Califano, Massimo Ranieri, Iva Zanicchi, e numerosi altri. La sua voce morbida e avvolgente, che richiama le calde sonorità di Anita Baker, conferisce una dolce sensualità ai pezzi più R&B, e sa gestire con ammirevole padronanza i brani più ritmici e solari. Il disco denota una grande sintonia tra gli autori: si percepisce chiaramente che hanno lavorato seguendo l’istinto creativo senza scimmiottare mode, e il risultato è un prodotto piacevolmente originale. La Ducros ne ha cantato dal vivo alcuni brani, tra cui il trascinante “Get on up”, il sensuale R&B “I want it all”, e lo splendido “Goodbye”, una composizione scritta anni fa da Micalizzi per una trasmissione Rai su Pasolini a Venezia. Il pezzo è stato spogliato di ogni strumentazione, riarrangiato a cappella dalla Ducros ed interpretato insieme al collega Bruno Corazza, e in questa nuova versione è divenuto un brano di una suggestione lirica molto intensa. Insomma, abbiamo scoperto un lavoro raffinato, una preziosa chicca per veri intenditori e per chi apprezza una musica che va oltre le mode e l’effimera banalità delle produzioni commerciali.
Abbiamo incontrato Valentina Ducros, che ci ha rilasciato questa breve intervista.
Come nasce questo disco?
L’idea di partenza è del maestro Franco Micalizzi. Con lui collaboravo nei live con la sua Big Band, e nelle partecipazioni vocali ai suoi dischi. Lui scrive a getto continuo, è sempre stato molto prolifico, credo che sia la cosa che lo mantiene giovane, e con la sua tenacia mi ha convinto a fare questo disco, chiedendomi di interpretare i suoi pezzi e riarrangiarne le parti vocali.
Qual è l’ispirazione dei testi che scrivi?
La prima ispirazione la traggo dalla musica, dalle suggestioni del pezzo, che mi suggeriscono di cosa parlare. Come quasi sempre avviene, modello il testo sulla musica. Poi dipende. Per esempio in questo disco c’è un pezzo, “The Dancers”, nato dall’emozione che mi ha dato il vedere due anziani che ballavano teneramente, come due innamorati. Un altro brano, “It’s not ok”, parla di chi ha meno di noi, e di una coscienza ecologica, delle risorse della Terra che abbiamo l’obbligo di salvaguardare.
Che tipo di interprete ti consideri, come definiresti il tuo percorso artistico?
Ci sono molti momenti che hanno segnato la mia crescita. Poi la natura di una persona inevitabilmente influenza uno strumento così unico e personale come la voce. Credo di avere una voce molto morbida, non a caso ho amato molto Anita Baker o Sade, queste voci molto sensuali, rotonde, dai colori morbidi. Poi ho messo a frutto i tanti anni di televisione, in spettacoli come “Ballando sotto le stelle” ho cantato da Whitney Huston a Arisa, qualunque cosa, anche l’operetta mi è capitata, lì chiaramente devi fare tutto e ti presti anche a scimmiottare. Può sembrare una cosa alienante ma in realtà apprendi molte cose, è una vera palestra, puoi scoprire dei colori che pian piano diventano tuoi.
A proposito delle tante esperienze televisive, qual è il ricordo più bello che ti è rimasto?
Be’, tantissimi. A me piace fare televisione, mi piace lavorare nel coro, collaborare con gli altri. C’è sempre da imparare e le emozioni non mancano.
Quali sono state le figure di riferimento nel canto?
Quando ero piccola amavo ballare e cantare, dai sedici ai diciannove anni ho fatto anche la ballerina e adoravo personaggi come Janet Jackson, ovviamente anche Michael Jackson, ma ero molto affezionata a Janet, e poi Madonna, mi divertiva il fatto di poter ballare e cantare. Adesso sono cresciuta, con l’età si cambiano le prospettive, e come ti dicevo ho ammirato tantissimo Anita Baker.
Progetti futuri, oltre al lancio di questo disco presentato?
Be’, vorrei sicuramente continuare a scrivere, anche melodie. Mi piacerebbe anche scrivere per altri. Sì, non mi dispiacerebbe farlo. Poi non so, sono anche un po’ fatalista, a volte ti capita qualcosa di nuovo che non ti aspetti. Per esempio, negli anni Novanta ho lavorato con il rapper Ice MC, e dopo vent’anni mi richiama e mi riporta in giro per il mondo. Cose così, imprevedibili. Domani per esempio ho un concerto a Riga, in Lettonia: chi ci avrebbe mai pensato ad andare laggiù?